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Il Vangelo è una passione coinvolgente
Don Antonio Abruzzini, prete diocesano di Cosenza, per alcuni anni missionario in Africa
Nella vita di ciascuno contano i sogni, su di essi si costruisce la propria vita, ma, soprattutto, conta quello che Dio sogna per noi. Così come nella vita dei 35 mila sacerdoti italiani che ogni giorno si spendono nelle parrocchie, nelle scuole, nelle opere e nella carità, anche nella vita di don Antonio Abruzzini, sacerdote e parroco della diocesi di Cosenza, il racconto di un ministero vissuto nella ferialità, un ministero di prossimità e di periferia. Lo cerchiamo “disperatamente”, lui è schivo come tanti sacerdoti che lavorano tanto e in silenzio, poi, finalmente (e con l’aiuto del direttore), lo raggiungiamo. Riusciamo a raccontare il suo cammino sacerdotale nel mese nel quale la Chiesa propone un’attenzione particolare al “sostentamento dei sacerdoti”. Nella sua vita c’è tanto da raccontare. È stato in Kenya, è stato parroco a Bianchi e Colosimi, poi sul Tirreno e in Città. Ora è nella Presila.
Ci racconti un po’ di Lei.
Sono nato ad Aprigliano e sono stato ordinato sacerdote nel 1982. Nel corso dei decenni, ho servito molte parrocchie sulle montagne del Savuto, come Colosimi e Bianchi, ma anche sul mare, come Campora e Belmonte e poi in città. Al momento, sono parroco a Pietrafitta. Inoltre, sono da sempre impegnato in missioni umanitarie in Africa.
Quali sono state le principali tappe della sua formazione religiosa?
Ho studiato prima al Seminario Minore a Cosenza, poi al Seminario Teologico a Catanzaro. Dopo dieci anni di pausa, dovuti agli impegni dell’attività sacerdotale, ho conseguito il dottorato in teologia all’Università Pontificia Lateranense.
Quindi, la vocazione religiosa è sempre stata parte di Lei?
Sì, ho sempre sentito la chiamata del Signore, fin dalle scuole medie. Successivamente, ho inseguito questo desiderio e questo sogno che ho scoperto essere una vera e propria vocazione. Anche in famiglia, la mia scelta è sempre stata ben accetta. Sono stato lasciato libero di seguire la mia strada.
Come si svolge la sua giornata ?
Durante la mattinata, il mio servizio si svolge sia in parrocchia che fuori. Visito gli ammalati e i bisognosi, collaboro con l’associazione Stella Cometa Onlus e sono impegnato in attività di volontariato a largo raggio. Ultimamente, mi sto anche occupando del restauro e della ripresa dell’antico convento di Pietrafitta che ho preso in custodia. Nel pomeriggio, invece, sono impegnato con i lavori in parrocchia: la messa e altre celebrazioni, la preghiera, la catechesi, le adorazioni e incontri e confessioni con i fedeli. Mi occupo di tutto ciò di cui un sacerdote si occupa.
Lei è stato impegnato anche in Africa. Ci racconta qualcosa in più della sua missione umanitaria in Kenya?
La missione in Kenya è nata da una mia passione personale. Nel 1985, sono stato il primo sacerdote dell’hinterland cosentino ad andare in Africa, nella diocesi di Machakos. Da quel viaggio, non solo è nato un movimento missionario che ha coinvolto un’intera comunità, ma la mia stessa vita sacerdotale ha avuto una svolta. Anche don Battista Cimino si è innamorato di questo mondo, tanto da impiantarvi anch’egli, dal 2004, una missione diocesana. Nel corso degli ultimi decenni, è cresciuto un interesse nei confronti dell’Africa e dell’esperienza missionaria. Dall’esperienza in Kenya, sono nati gruppi missionari, laboratori e l’associazione Stella Cometa Onlus, intorno alla quale si sono sviluppate varie attività di formazione e divulgazione della conoscenza del mondo dei poveri e delle opere missionarie, sia locali che nazionali. Molti giovani sono stati contagiati dalla passione missionaria.
Quel viaggio del 1985 è stato un vero e proprio seme che ha dato vita a una rinnovata attività religiosa.
Che attività potrebbero facilitare l’assistenza a poveri e bisognosi?
Ho personalmente scoperto che dalla preghiera e dall’etica della misericordia nascono le opere. A volte è difficile, però, trasmettere ai giovani questo messaggio di amore, perché l’etica della spiritualità si scontra con quella dell’egoismo, dell’apparenza e del piacere. La difficoltà maggiore non è il “fare”, ma è aiutare le persone a capire che donare è importante.
Cosa è l’Otto per Mille per le attività missionarie?
Con i fondi dell’Otto per Mille si possono realizzare opere bellissime. Mi adopero affinché i fedeli firmino sulle loro dichiarazioni la loro donazione. So che dall’Otto per Mille provengono i fondi per le Chiese e per le attività della Caritas, tanti progetti missionari vengono finanziati. Noi sacerdoti riusciamo a operare grazie a esso.
Cosa può testimoniare relativamente a questi fondi destinati a carità e missione?
La Chiesa è l’unica realtà presente nei posti più difficili, estremi e lontani. Le sue opere alleviano le sofferenze dei poveri, degli ultimi e di chi è stato abbandonato. Sono stato nei deserti, nella savana e in paesi sperduti: in ognuno di questi posti ho trovato la Chiesa che opera quotidianamente per i bisognosi, per i bambini e i malati. Queste attività si sostengono con i fondi dell’Otto per Mille, destinato alla Chiesa Cattolica, ma non va dimenticato anche il sistema delle offerte deducibili che permettono a tutti di vivere e lavorare per il Regno. L’invito ai giovani, ai credenti, ai futuri sacerdoti, ma anche ai confratelli è quello di viaggiare per conoscere direttamente queste realtà. Viaggiare oggi è diventato così facile! I giovani devono immergersi in questo mondo che apre la mente e il cuore. Nei miei viaggi in Africa e in Europa dell’Est, ho sempre invitato giovani ad accompagnarmi e ho visto che sono rimasti affascinati da queste realtà. Le attività di volontariato sono il termine di un’etica di amore. La vita diventa più bella dopo un’esperienza del genere. Io stimolo sempre le associazioni sul territorio a collaborare per gli stessi obiettivi e a lavorare per la pace e per un mondo più bello, per gli ultimi e per i poveri. Tutto parte dalla spiritualità dell’amore che è in tutti gli uomini. Noi cristiani, poi, possiamo contare sul Vangelo e su Gesù che è il volto dell’amore e della misericordia. Io, però, invito tutti a prescindere dal credo e dalla cultura, a coltivare in sé la cultura dell’amore. Da questa scelta, si prendono impegni in politica, nella società, nel lavoro e nella famiglia. Solo dalla cultura dell’amore può nascere un mondo nuovo che si contrapporrà alla cultura dell’avere, della presunzione e dell’accaparrarsi beni smodatamente.
Don Antonio è un fiume in piena, quando parla della Missione della Chiesa, sia per quella all’estero, sia per quella fra i poveri del nostro territorio. Non pochi gli episodi belli, ma anche qualche piccola sofferenza e qualche pericolo scampato. Due le belle conclusioni che raccogliamo dalla sua viva voce: “ripercorrerei tutta la strada da cristiano e da sacerdote” e poi “l’invito ad andare a vedere di persona il tanto bene che la Chiesa opera grazie a sacerdoti che in silenzio lavorano per l’uomo e a nome di Cristo e di tutti noi. Questa volta, ci dice don Antonio, lo slogan della giornata è bello e azzeccato “grazie ai sacerdoti. Ognuno è una storia bella e importante”.
Per sostenerli bastano una preghiera e un’offerta, per incoraggiare il loro impegno con il sistema delle offerte deducibili.