Svelata l’età dei Rotoli del Mar Morto con l’IA

Il periodo in cui furono redatti alcuni frammenti coincide con l’epoca in cui vissero gli anonimi autori

Un recente studio condotto dall’Università di Groninga e dall’Ateneo di Pisa ha svelato che i Rotoli del Mar Morto sarebbero più antichi di quanto finora ipotizzato e che, in alcuni casi, la loro stesura sarebbe contemporanea all’epoca in cui vissero gli anonimi autori. La cronologia di questi frammenti è sempre stata incerta, perché si è basata sull’analisi paleografica della scrittura che ha generato non pochi dubbi. Una conoscenza più approfondita della datazione aiuterebbe a svelare maggiori dettagli sulla loro storia. È risaputo che questi reperti rimasero occultati, per quasi duemila anni, nelle Grotte di Qumran, nel deserto della Giudea vicino al Mar Morto in Cisgiordania. Avvolti in dei panni di lino inseriti in delle giare, furono scoperti nel 1947 da un pastore beduino, Muhammad Ahmad al-Hamid, e venduti come antichità nei mercati locali, fino a quando il professore dell’Università Ebraica di Gerusalemme, Eleazer Sukenink, si rese conto della loro importanza. Sono decisivi, infatti, per la comprensione del Giudaismo del Secondo Tempio, il periodo compreso tra la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme (516 a.C. circa) e la sua distruzione ad opera dei Romani nel 70 d.C., per lo studio del pensiero ebraico del periodo inter-testamentario e per la conoscenza delle vicende, che hanno portato allo sviluppo del cristianesimo. La nuova rivoluzionaria indagine ha combinato, per la prima volta, gli strumenti di intelligenza artificiale con la datazione al radiocarbonio e con vari dati paleografici, ottenendo un modello di previsione altamente affidabile chiamato “Enoch” (dal nome del personaggio biblico antidiluviano) sviluppato dall’Università di Groninga. Si tratta di un potente strumento basato sul machine learning, capace di stimare l’età dei manoscritti provenienti da diverse aree del Medio Oriente, a partire dall’analisi degli stili di scrittura. Enoch utilizza BiNet, una rete neurale profonda progettata per analizzare le tracce di inchiostro e la morfologia dei caratteri manoscritti. BiNet ha rilevato elementi geometrici sia a livello micro (curvatura delle tracce detta “testurale”) sia a livello macro (forma delle lettere detta “allografica”), restituendo un’analisi stilistica quantitativa. I dati sono stati incrociati con le datazioni radiocarboniche, mediante un algoritmo di regressione bayesiana, dando la possibilità ad Enoch di correlare stili di scrittura e date certe. Le potenzialità di questo mezzo IA sono state valutate su 135 rotoli, che sarebbero molto più antichi rispetto alla datazione tradizionalmente accettata (III secolo a.C – II secolo d.C.). È stato quindi possibile determinare un intervallo temporale più affidabile, con un margine di errore ristretto a 30-50 anni. Le pergamene in scrittura di tipo “asmoneo”, datate finora tra il 150 e il 50 a.C., sarebbero anteriori alla metà del II secolo a.C., quindi 175-150 a.C., o fine III secolo a.C. La scrittura “erodiana” è anch’essa molto più antica di quanto si credeva, risalente alla metà del I secolo a.C., il che dimostra che i due stili coesistevano già dalla fine del II secolo a.C, e non dalla metà del I secolo a.C. come si è sempre ritenuto. “Con Enoch – hanno sostenuto i ricercatori – abbiamo aperto una nuova porta sul mondo antico, come una macchina del tempo che ci permette di studiare le mani che hanno scritto la Bibbia, soprattutto ora che abbiamo stabilito, per la prima volta, che due frammenti di rotoli biblici risalgono all’epoca dei loro presunti autori. È davvero entusiasmante compiere un passo significativo verso la risoluzione del problema della datazione dei Rotoli del Mar Morto e creare un nuovo strumento che potrebbe essere usato per studiare altre raccolte di manoscritti parzialmente datati“. Sono stati identificati due frammenti del “Libro di Daniele” (4QDanielc) e “dell’Ecclesiaste” (4QQoheleta). Il primo sarebbe stato redatto intorno al 160 a.C. (II secolo a.C.) durante la persecuzione seleucide e la rivolta dei Maccabei, mentre il secondo risalirebbe al III secolo a.C. (età ellenistica). In entrambi i casi la stesura risalirebbe alla stessa epoca nella quale vissero gli autori anonimi, il che rappresenta un caso unico nella storia dei frammenti biblici. Il team dell’Università di Pisa, guidato dalla professoressa Ilaria Degano, dalla professoressa Maria Perla Colombini e dal dottor Jacopo La Nasa del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, ha messo a punto protocolli innovativi per la rimozione di contaminanti presenti sui reperti, in particolare sostanze residue di vecchi restauri che avrebbero potuto alterare l’accuratezza della datazione al radiocarbonio. Il nostro compito è stato assicurare che i materiali inviati per la datazione fossero il più possibile puliti e privi di residui che potessero alterare i risultati — ha spiegato Degano — Per farlo, abbiamo sviluppato e validato un protocollo specifico che consente di rimuovere i contaminanti senza compromettere l’integrità del campione e di verificarlo analiticamente. È stata una sfida che ha richiesto grande precisione, perché abbiamo lavorato su reperti unici e fragili. Questo approccio, altamente innovativo, potrà essere impiegato in futuro anche su altri manoscritti antichi, offrendo uno standard avanzato per la preparazione di campioni destinati alla datazione radiometrica”. I dati chimico-fisici ottenuti sono stati fondamentali per allenare “Enoch”. Questa scoperta ha importanti ripercussioni sulla storia del cristianesimo delle origini e del giudaismo. Il nuovo modello predittivo ha permesso anche di indagare aspetti della cultura scritta legati alla diffusione dell’alfabetizzazione nel Mediterraneo orientale, tra età ellenistica e periodo romano. Datare più precisamente i Rotoli permette di relazionarli ad eventi storici, come l’ascesa della dinastia asmonea, i processi di urbanizzazione in Giudea o la formazione di gruppi religiosi come gli Esseni e le prime comunità cristiane. La trasmissione della Bibbia ebraica è stata studiata con mezzi tecnologici, partendo dalle tracce rilasciate dai copisti. La ricerca, pubblicata sulla rivista “Plos One”, è parte del progetto europeo ERC “Le mani che scrissero la Bibbia”.