Vent’anni fa moriva don Giussani

Il libro di Prosperi raccoglie stralci delle lezioni tenute da don Luigi ai giovani nel 1985

In occasione del Giubileo della Chiesa del 2025 la Libreria Editrice Vaticana ha dato alle stampe il volume L’incontro che accende la speranza, a cura di Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, con prefazione del cardinale Parolin. Il libro raccoglie le trascrizioni inedite e accurate delle lezioni tenute da don Luigi Giussani, nel corso degli esercizi spirituali del 1985 a cui parteciparono gli studenti universitari di Comunione e Liberazione. Il religioso originario di Desio, nel comune della Brianza a nord di Milano, di cui quest’anno ricorrono i vent’anni dalla morte, fu in grado di aprire dialoghi e confronti proficui con i giovani, lasciando l’immagine di testimone del Mistero di Dio fatto carne nella quotidianità di tutti i giorni. Nato nel 1922, entrò in seminario all’età di undici anni nel 1945 portando con sé, oltre all’amore per la Parola di Dio, anche l’interesse per la letteratura e, in particolare, per Leopardi. Ebbe sempre una certa attenzione per la bellezza dei gesti quotidiani, che divenne un tratto distintivo della sua personalità al punto da arrivare a dire che “la bellezza è lo splendore del vero, allora il gusto, l’estetica, il gusto estetico, è la modalità con cui l’uomo percepisce il vero”. La passione con cui visse ogni istante della sua vita derivava – come ricordò anni fa Papa Benedetto XVI – dal suo legame con Cristo, un legame vero non basato su falsi romanticismi. Dopo l’ordinazione sacerdotale e completati gli studi teologici, don Giussani si rese conto che il cattolicesimo stava andando incontro a delle fratture interne. Intorno agli anni cinquanta del novecento, quando la Democrazia Cristiana era al massimo della sua influenza politica, iniziarono ad avvertirsi i segnali di una crisi tra fede e vita, fra tradizione e modernità. Don Giussani era profondamente preoccupato dell’ignoranza che i giovani avevano in materia religiosa, nonostante la diffusione delle dottrine e dei dogmi della Chiesa, per cui si dedicò all’insegnamento liceale nella speranza di poter evangelizzare le nuove generazioni e di portarle a Cristo mediante la Chiesa. La presenza di questo sacerdote tra i banchi di scuola, come docente di Religione, conferì un certo impeto a “Gioventù Studentesca”, che divenne un vero e proprio Movimento sorto come branca dell’Azione Cattolica già nel 1954. Nel 1968 una parte dei giovani si allontanò dall’esperienza cristiana, facendosi travolgere dalle proteste scoppiate in quell’anno, mentre un’altra parte aderì al nuovo Movimento di “Comunione e Liberazione” che si consolidò l’anno successivo, su iniziativa dello stesso don Giussani. Questa nuova associazione si fece conoscere in tanti contesti (scolastico, universitario, sociale, lavorativo), presentandosi come un’esperienza concreta compiuta alla luce dei valori impartiti dalla Chiesa, come un cammino di crescita nella fede. Il suo scopo, sin dagli albori, era quello di testimoniare come l’avvenimento cristiano fosse la risposta più vera alle esigenze umane, aiutando le persone a verificare nella propria vita la propria fede. Nel 1977 don Luigi pubblicò “Il rischio educativo”, nel quale sintetizzò la sua esperienza ventennale come educatore, e dal 1978 approfondì il suo legame con il nuovo pontefice Giovanni Paolo II, che aveva già conosciuto in Polonia alcuni anni prima. Il Movimento “Comunione e Liberazione”, intanto, si diffuse in tutta Europa, ma anche in America Latina e negli Stati Uniti grazie all’esortazione di Wojtyła di “andare in tutto il mondo” per evangelizzare i popoli. Giussani sviluppò un forte interesse per le tematiche dell’ecumenismo e per la missione, stringendo rapporti importanti come quello con padre Romano Scalfi e con l’opera di Russia Cristiana, ma anche con il reverendo Shodo Habukawa, esponente del buddhismo “Shungon” in Giappone, e con la comunità cattolica spagnola. È in un intenso scambio epistolare, tra il 2002 e il 2004, con San Giovanni Paolo II che don Giussani espresse tutto il suo pensiero. “Non solo non ho mai inteso “fondare” niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta” scrisse il sacerdote ambrosiano. Negli anni novanta l’attività intellettuale di don Giussani continuò in maniera inarrestabile, con la pubblicazione di testi importanti tra cui “Si può vivere così?” (1994), e “Generare tracce nella storia del mondo” (1998). In quest’ultimo contributo, scritto insieme a don Stefano Alberto e a don Javier Prades, Giussani parla dell’avvenimento cristiano come di un incontro, in cui il vero cristiano deve riconoscere che cosa sia Cristo nella sua vita. “Ogni esperienza terrena, vissuta nello Spirito di Gesù, Risorto da morte, fiorisce nell’Eterno. Questa fioritura non sboccerà solo alla fine del tempo; essa è già iniziata nel crepuscolo della Pasqua. La Pasqua è l’inizio di questo cammino alla Verità eterna di tutto, cammino, quindi, che è già dentro la storia dell’uomo” scrive nell’introduzione. Nel nuovo libro L’incontro che accende la speranza, Davide Prosperi intende sottolineare gli insegnamenti e i valori trasmessi da don Giussani ai suoi discenti. Diceva che “la preghiera è tutta la nostra umanità: non c’è una situazione d’animo, per quanto arida, che la impedisca; come dice Ungaretti, non c’è nessuno tra noi che sia così senza voce da essere impedito di pregare”. Ribadiva che la vita appartiene a Dio ma deve essere fatta nostra, e qui sta il senso di libertà della persona. “Ci sarebbe umanità senza la passione per la verità – ditemelo –, senza l’ideale, senza il desiderio, la passione, il fascino della verità? Ci sarebbe l’uomo – l’uomo! –? No! E senza il fascino, il desiderio, la tensione alla pienezza, alla perfezione, al compimento o – nel suo riverbero psicologico – alla felicità, ci sarebbe l’uomo? No! Riempitele, se potete, queste parole! Non si può! Eppure, costituiscono la stoffa della nostra vita” diceva il Servo di Dio. Tornato alla casa del Padre il 22 febbraio 2005, oggi è in corso il processo di beatificazione e di canonizzazione. Ha gridato per tutta la vita il suo desiderio di amare il Signore, che è desiderio di amare l’altro, di riconoscerlo, di tendergli la mano. Solo così il cristiano sarà liberato dall’inquietudine dei tempi moderni, darà senso alle cose che lo circondano, e amerà ciò che dura in eterno.