Cultura
Restauro della cripta di Eusebio

Il santo calabrese fu l’esempio di una Chiesa coraggiosa e tenace in tempi difficili
Il Giubileo della Speranza è un’occasione speciale per recuperare e valorizzare le radici del cristianesimo. Lo prova il recente restauro della cripta di un papa quasi dimenticato dalla storia: Eusebio. Nato a Casegghiano vicino a San Giorgio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria, fu il trentunesimo vicario di Cristo di origini magnogreche, alla guida della Chiesa cattolica dal 18 aprile 309 al 17 agosto dello stesso anno. Eusebio dovette affrontare, tra le altre questioni, il problema dei “lapsi”, ossia dei cristiani che, durante le persecuzioni di Diocleziano, avevano rinnegato la loro fede e avevano protestato contro le severe penitenze, a cui dovevano sottoporsi prima di essere riammessi nella comunità cristiana. L’antipapa Eraclio guidava i moderati, che si opponevano strenuamente all’eccessivo rigorismo assunto dai fautori di Eusebio e del suo predecessore Marcello. Un epitaffio fatto incidere da papa Damaso (366-384) sulla tomba del pontefice calabrese recita così: “Eraclio vietava che i caduti accusassero i loro peccati, Eusebio insegnava ai miseri a deplorare i propri peccati”. L’allora imperatore Massenzio intervenne per sedare la disputa e inviò i due antagonisti in esilio in Sicilia, dove Eusebio morì di lì a poco. Il suo corpo, riportato nella città eterna, fu sepolto nel cimitero di San Callisto. Papa Damaso tentò di conferirgli il titolo di martire per la sua ammirevole difesa della disciplina ecclesiastica, senza però riuscirci. Oggi è venerato come santo dalla Chiesa cattolica. A distanza di tanti secoli e, nel pieno svolgimento del Giubileo del 2025, questo pio calabrese è stato riportato alla memoria dei cattolici. Lo scorso 4 giugno, presso il comprensorio di San Callisto in Via Appia Antica a Roma, in occasione della solenne ricorrenza del Centenario del Motu proprio di Pio XI “I primitivi cemeteri” (1925), con cui fu istituita la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra (PCAS) dedicata allo studio dei reperti cattolici, è stato inaugurato il cubicolo di papa Eusebio, da poco restaurato. Si tratta di uno dei luoghi più antichi e datati di tutta la cristianità. Presente all’evento il cardinale Parolin, Segretario di Stato, che ha voluto ricordare, dinnanzi alle altre autorità civili e religiose convenute, l’importanza di luoghi oscuri e silenziosi come le catacombe, dalle quali fuoriescono una luce di pace e un messaggio di speranza contro le atrocità dei tempi moderni. Sono “giardini nascosti di fede”, “luoghi in cui le parole sono incise nella pietra, le immagini parlano e i colori raccontano”. Il lavoro svolto dalla PCAS ha ridato la giusta notorietà ad una cripta e ad un testimone della fede coraggioso e dalla condotta ferrea e misericordiosa quale fu Eusebio, sulla cui tomba Damaso fece scrivere dal calligrafo Furio Dionisio Filocalo: “un uomo che gioiosamente soffrì l’esilio per il Signore”. In questo luogo possiamo dialogare, confrontarci con il passato e con i nostri antenati, che hanno tracciato una strada ben precisa gettando le basi per la solidificazione della nostra religione. La loro testimonianza vince sulle tenebre e ci insegna a metterci in cammino verso il fine ultimo che è Dio. “Il cubicolo di Eusebio, come quelle di tutte le altre sepolture, “con i loro simboli, le loro iscrizioni, le immagini che decorano i cubicoli parlano solo di speranza, non parlano mai di morte, non parlano mai di un clima tragico e cupo, ci illustrano il paradiso, quel paradiso che i defunti hanno sperato in vita e dove i vivi credono che possano risiedere accanto a Cristo Risorto” ha riferito Pasquale Iacobone, presidente della PCAS. In più Eusebio è stato un pontefice con lo sguardo proiettato verso il futuro, per la sua capacità di includere tutti. La sua cripta meritava di essere restaurata, perché è tra i punti più visitati all’interno del percorso dedicato alle catacombe di San Callisto. I restauratori, prima dell’intervento, hanno studiato le tecniche esecutive: affresco, opus sectile, mosaico, iscrizioni monumentali, materiali diversi. Il lavoro ha riportato alla luce l’ambiente raffinato con i suoi marmi, i dipinti e le iscrizioni. L’aspetto architettonico originale non è stato modificato ma è stato ridisegnato dalle ricostruzioni virtuali, ottenute con le moderne tecnologie, per comunicare la bellezza e la magnificenza delle cripte. La ristrutturazione è stata condotta dall’archeologa Barbara Mazzei, che ha spiegato che le catacombe sono nate come “cimiteri comunitari”. La comunità cristiana delle origini intendeva dare degna sepoltura a tutti, a prescindere dall’estrazione sociale o dalla disponibilità economica. All’inizio le Catacombe di San Callisto contenevano semplici loculi. Le cose sono cambiate nel momento in cui si è diffuso il cristianesimo e, in particolare, con papa Damaso che ha valorizzato la cripta di Eusebio riabilitandola quale luogo di pellegrinaggio per i fedeli. Da qual momento tutte le tombe dei papi, che Damaso ricercò, furono rinominate con iscrizioni e riportate all’attenzione generale. “Siamo venuti a bere alle sorgenti, a sentire scorrere nella nostra presente esperienza il flusso di una tradizione sempre identica, sempre forte, sempre feconda” le parole di Parolin che, a conclusione dell’evento, ha ricordato il messaggio di Paolo VI il quale, a conclusione del Concilio Vaticano II, volle visitare le catacombe. L’ipogeo di Eusebio lancia un messaggio chiaro ad ogni cristiano: “Vivas in Deo” (Vivi in Dio).