All’Unical al via la corsa per il nuovo rettore

A candidarsi il docente di Economia Franco Rubino

“La mia candidatura nasce dal fatto che rispetto all’attuale governance ho un po’ una visione diversa della gestione. Per quanto l’attuale governance abbia ottenuto dei buoni risultati, Il modello gestionale in cui credo è diverso. L’attuale governance ha adottato un modello gestionale che dall’alto va verso il basso,  le decisioni, cioè, vengono prese nel consiglio di amministrazione e le strutture intermedie prendono visione di queste una volta che sono state già prese, senza avere la possibilità di intervenire, di discutere; questo è il più delle volte, soprattutto sulle decisioni che magari riguardano questioni come la ripartizione delle risorse, i bandi per l’assunzione di personale, progetti, ecc. Vorrei un modello che sia meno verticistico e venisse dal basso, riportando alla centralità quelli che sono i corpi intermedi dell’università, cioè i Dipartimenti, e nell’ambito dei Dipartimenti riportare alla centralità la persona, nel senso che ogni docente possa dare il suo contributo alla discussione, intervenendo e quindi avendo l’opportunità di migliorare quella decisione, comunque parteciparvi”. Il mandato del rettore dell’Università della Calabria, il professore Nicola Leone, è agli sgoccioli. Il 30 settembre sono previste le votazioni per eleggere il suo successore per il sessennio 2025/2031. Il professore Franco Rubino, docente di Economia aziendale e direttore del Discag, nei giorni scorsi ha ufficializzato la sua candidatura. Lo abbiamo intervistato.

 Ha già in mente un programma?

La centralità dei Dipartimenti affinchè possano esprimersi sulle questioni più importanti della vita dell’Ateneo. In secondo luogo i processi di internazionalizzazione che bisogna continuare in maniera da avere una buona valutazione a livello internazionale, cercando però non solo di far rientrare i cervelli come è stato fatto finora, ma anche di trattenere i cervelli che si formano qui. Ci sono poi altri punti come  la didattica su cui bisogna intervenire perché ci sono alcuni corsi di studi che vanno aggiornati in relazione a quella che è l’evoluzione del mercato. Non è assolutamente mia intenzione chiudere corsi di laurea o Dipartimenti, i Dipartimenti vanno rivisti con l’accordo degli interessati, i corsi di laurea che hanno meno studenti vanno potenziati e rilanciati, ma sempre in una totale condivisione con le strutture a cui questi corsi di laurea afferiscono. In Ateneo è sorta una qualche preoccupazione per il corso di laurea in Medicina e chirurgia, istituito di recente, perché ha assorbito molte risorse e alcuni Dipartimenti sono rimasti un po’ indietro. In una fase come l’istituzione di un nuovo corso di laurea penso che sia naturale che abbia assorbito un po’ più di risorse rispetto agli altri che magari sono più consolidati. È un po’ come quando si cresce un bambino, al bambino più piccolo si dà un po’ più di attenzione rispetto ad un altro che è cresciuto, ma la fase di start-up, cioè la fase in cui è stata avviato il corso di laurea, si può dire conclusa. Adesso in qualche modo bisogna recuperare quegli squilibri che si sono creati fra i dipartimenti, rimettere tutto in linea e ripartire per seguire lo sviluppo dell’Ateneo. Questo certamente non vuol dire penalizzare Medicina o qualche dipartimento che ha avuto di più in passato, ma bisogna riequilibrare perché con me tutti devono avere la possibilità di crescere, tutti devono avere la possibilità di andare avanti, di potersi esprimere in piena libertà e democrazia.

Sono stati istituiti nuovi corsi di laurea, tra cui quello di Medicina, che ha riacceso il dibattito sull’ubicazione del nuovo ospedale. Lei cosa ne pensa?

 Sarebbe opportuno, data la presenza del corso di laurea Medicina e Chirurgia, che il Policlinico fosse vicino all’Unical anche per una questione logistica, di vicinanza, però dato che c’è molta domanda di servizi sanitari e c’è molta pressione da parte della popolazione, tutto ciò che può essere fatto per la sanità deve essere fatto. Lo volete fare all’Unical? Fatelo dove volete, purché lo facciate, anche se ritengo che per fare il Policlinico ci vorrà un po’ di tempo. Nello stesso tempo, in attesa del Policlinico si mettere a regime l’ospedale esistente ristrutturandolo e riqualificandolo

Didattica, ricerca, terzo settore. Che percentuale di priorità attribuisce alle tre mission e perché?

Assegnerei un 33% a tutti, perché sono delle cose interdipendenti. Io faccio ricerche, creo brevetti, creo innovazione, se poi non c’è la didattica a cui posso trasferire questa conoscenza, posso assicurare una discendenza di queste mie conoscenze cosa faccio a fare la ricerca? Se faccio dei brevetti che possano essere di utilità per il territorio, a quel punto non è che me li posso tenere io, edvo metterli a disposizione anche perché la ricerca, non lo dimentichiamo, è finanziata con fondi pubblici. Noi siamo pagati per fare ricerca, quindi è naturale mettere a disposizione il frutto di quella ricerca per la popolazione, per i territori che possono usufruire di quelle scoperte.

Che Università della Calabria immagina?

L’Unical rispetto a quella che era l’idea originaria si è un po’ trasformata. Beniamino Andreatta immaginava un campus universitario all’americana in cui uno trova di tutto, per cui non si deve spostare. L’ateneo è stato progettato proprio come campus all’americana, però questo campus all’americana implica che in qualche modo devi controllare anche gli accessi perché poi si corre il rischio di non avere le aule per poter ospitare tutti. I numeri sono cresciuti, probabilmente alla crescita dei numeri non c’è stata una crescita adeguata degli spazi, delle aule, del corpo docente, per cui dobbiamo intervenire su questo potenziando ancora di più i servizi, il corpo docente, anche se come servizi agli studenti siamo risultati primi nella graduatoria del Censis. L’Unical del futuro? Ritengo che l’Università della Calabria debba proiettarsi in quella che è l’internazionalizzazione, perché oggi con la globalizzazione siamo tutti studenti e cittadini del mondo, quindi non ci possiamo chiudere ad Arcavacata; allo stesso tempo, però, non bisogna mai perdere quel senso di comunità, quello spirito di solidarietà, quella voglia di crescere per cui l’università è stata anche ascensore sociale, chi non poteva andare a studiare fuori ha studiato qua. Questa funzione di ascensore sociale non può essere dimenticata, tanto più che ancora oggi molti dei nostri laureati sono i primi laureati della famiglia di provenienza, come io stesso sono stato il primo laureato in Economia della famiglia da cui provengo.

Secondo lei ci sono interventi più urgenti rispetto ad altri?

Credo che sia necessario sederci tutti a tavolino per riformulare l’offerta didattica. Le esigenze sono nuove, il mercato chiede nuove professionalità. C’è l’Intelligenza Artificiale, la medicina, dobbiamo soprattutto cercare quei corsi di laurea che hanno pochi studenti e cercare di essere inclusivi in altri corsi di laurea. Per esempio, nel corso di laurea in Medicina possono trovare spazio dei settori scientifico-disciplinari delle materie anche di altri corsi di laurea, quindi questo timore della medicina  che assorbe tutte le risorse credo che possa essere superato nel momento in cui altri corsi di laurea trovano degli spazi in questo corso di laurea, perché gli spazi ci sono, i settori nella classe ministeriale ci sono, a quel punto inserendo quei settori l’offerta formativa diventa più completa e nello stesso tempo anche quei corsi di laurea possono avere la possibilità di richiedere anche dei posti poi su quei settori che vengono inseriti nel corso di laurea in medicina. Io interverrei sulla offerta didattica perché sulla ricerca siamo avanti; dobbiamo continuare nel settore della ricerca perché è anche fonte di risorse. Il Ministero ci trasferisce sempre meno denaro, quindi devi trovare anche altre fonti di finanziamento, per cui la ricerca diventa anche un modo per partecipare a progetti nazionali, internazionali, europei, in maniera da poter ricavare delle risorse con cui continuare ad andare avanti, ad avere un prodotto di ricerca di qualità, anche perché il Ministero ci giudica anche sulla qualità della ricerca, oltre che sulla qualità della didattica e della terza missione.

Ancora non è ufficiale, però pare che gli altri due candidati siano la professoressa Patrizia Piro e il professore Gianluigi Greco. Cosa vuole dire ai due competitor?

Sono amico di entrambi i docenti. Per quella che è la mia natura spero che ci sia una compagna elettorale leale, civile, democratica, in cui noi ci confrontiamo sui programmi, su quello che vogliamo fare, senza mai scendere sul personale. Io personalmente non risponderò mai ad attacchi che vengono fatti su cose personali. Con i colleghi siamo amici, voglio dire in bocca al lupo anche a loro, vinca poi il migliore, quello che gli elettori riterranno sia il programma migliore che la persona può portare avanti, perché non è solo un problema di programma, ma è anche un problema di programma credibile. Mi sono imposto che non prometterò mai in campagna elettorale delle cose che poi so già di non poter mantenere, non ha senso. Cerchiamo non solo fare un bel programma, ma anche un programma che abbia la possibilità di essere portato avanti con i vincoli, anche finanziari, che abbiamo. Secondo me un’altra cosa da migliorare è anche la programmazione cha presenta delle falle in alcune cose.