Giovedì Santo: card. Pizzaballa, “l’ingiustizia che ci opprime è pesante. Non dobbiamo avere paura di riconoscerlo e denunciarlo”

“Il male che sperimentiamo è reale, il dolore del nostro popolo è profondo, l’ingiustizia che ci opprime è pesante. E non dobbiamo avere paura di riconoscerlo e denunciarlo”. Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, nell’omelia della messa del Giovedì Santo, celebrata questa mattina al Santo Sepolcro, nella Città Santa. Il patriarca ha esortato i fedeli a “mettersi alla scuola del Cenacolo” nella quale impariamo “la consapevolezza” che il Signore “vive la sua ora con grande speranza, che non è ingenuo ottimismo, ma profonda fiducia che le tenebre non possono sconfiggere la luce. Vorrei che potessimo vivere così il nostro presente, così oscuro e complicato”. Nel Cenacolo si impara anche ad “alzarci in piedi, decidere: Quella notte Gesù decise di lavare i piedi ai suoi discepoli, di istituire l’Eucaristia, di scegliere di nuovo gli Apostoli come suoi amici, di aprire una strada verso il futuro e di farlo grazie a un atto di donazione più profondo”. “Questo nostro tempo – ha ricordato Pizzaballa – ha fame. La nostra Terra Santa ha fame. In alcune parti del nostro Paese, ha fame persino nel vero senso della parola. Non è solo privata della sua dignità, ma anche del suo pane quotidiano, del suo pane terreno. Ma più di questo, abbiamo fame del pane che Gesù ci dà oggi, che è Lui stesso, che si offre per la nostra redenzione. Vogliamo costruire la nostra vita sulla roccia di Cristo. Abbiamo fame di giustizia, è vero. Ma non della giustizia degli uomini, che sempre manca, che sempre delude e che sempre ci renderà affamati. Desideriamo ardentemente la giustizia che sgorga dal cuore di Gesù”. La giustizia divina, ha proseguito il patriarca, “ha bisogno oggi di persone che, come Gesù, siano disposte a pagarla di tasca propria. Ha bisogno del nostro cuore, della nostra dedizione, della nostra capacità di perdere tutto, persino la vita, affinché il mondo possa conoscere la vera vita, incontrare la vera giustizia e l’amore, la libertà dalla logica dell’uomo e del potere, che ha origine solo in Dio”. Infine, nel Cenacolo si impara a consolare: “La consolazione che il Signore offre ai discepoli non è certo una pacca sulla spalla. Egli promette loro lo Spirito. Cioè, assicura loro che sarà sempre lì. Consolare significa decidere di restare insieme nonostante tutto. La risurrezione non è altro che questa decisione finale e vittoriosa. Non permettiamo dunque alla paura e alla rassegnazione di rallentare o fermare il corso del Vangelo nel nostro Paese. Insistiamo nel costruire relazioni fraterne e legami di comunione tra noi e con tutti! Non c’è notte che l’amore non possa illuminare, non c’è fallimento che la croce non possa trasformare, non c’è ferita che la Pasqua non possa trasfigurare”.