Cultura
Paolo VI, Maritain e l’arte sacra

Il rinnovamento delle tecniche artistiche nel Novecento attirò l’attenzione di tanti intellettuali e artisti
Nelle Salette della Torre Borgia dei Musei Vaticani è stata inaugurata, il 13 giugno, la mostra dal titolo “Paolo VI e Jacques Maritain: il rinnovamento dell’arte sacra tra Francia e Italia (1945-1973)”, aperta fino al 20 settembre. L’iniziativa è organizzata dai Musei papali, dall’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, dal Centro Culturale San Luigi dei Francesi, fondato 80 anni fa, e dalla Bibliothèque Nationale et Universitarie de Strasbourg. L’obiettivo è quello di far memoria del profondo rapporto di amicizia esistente tra papa Montini e Maritain, sorto nel 1924 quando Paolo VI conobbe il filosofo francese a Parigi, e consolidatosi nel 1945, anno della nomina di Maritain ad ambasciatore di Francia presso la Santa Sede per volontà di Charles De Gaulle. La retrospettiva, in occasione dell’Anno Santo, vuole omaggiare entrambe le figure all’interno del dibattito sul rinnovamento dell’arte sacra contemporanea tra Francia, Svizzera e Italia, durante il primo e il secondo Novecento. Deluso dallo scientismo che, a suo dire, era incapace di rispondere alle questioni esistenziali, Maritain si convertì al cattolicesimo nel 1906 insieme alla moglie Raïssa, grazie all’influenza esercitata su di loro dallo spiritualismo di Bergson e, in particolare, dalla filosofia del cattolico Léon Bloy, un instancabile ricercatore dell’Assoluto prossimo agli ideali di povertà e dolore. Da Tommaso d’Aquino il pensatore transalpino imparò che ragione e fede possono convivere fra di loro, nella misura in cui la prima è in grado di cogliere alcuni attribuiti del divino, ma ha bisogno della seconda e della dottrina rivelata per giungere alla vera conoscenza di Dio. Forte dell’insegnamento aristotelico-tomista, Maritain propose il concetto di “Umanesimo integrale” teocentrico, che ispirò i lavori per la chiusura del Concilio Vaticano II, a cui il filosofo stesso partecipò su invito di Montini, prefigurando una società liberale e democratica ispirata alla tradizione cristiana. L’intellettuale contribuì alla stesura della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, delineando un ordine pacifista sovranazionale per l’umanità uscita dai conflitti mondiali. Paolo VI e Maritain erano accomunati anche dall’esaltazione delle bellezze della storia dell’arte. A partire dal 1922, infatti, lo studioso francese e la consorte iniziarono ad organizzare una serie di cenacoli (Cercles Maritain) nella loro casa di Meudon alla periferia di Parigi, a cui parteciparono filosofi, teologi, poeti, romanzieri, pittori, musicisti e intellettuali tra cui Paul Claudel, Jean Cocteau, Maurice Denis, Georges Roualt, Emile Bernard, Gino Severini, Marc Chagall, Henri Matisse e tanti altri. Gli argomenti di discussione riguardavano il rapporto tra spiritualità e arte e le meditazioni sul cristianesimo. Queste personalità, a partire dalla fine dell’Ottocento, decisero di porre un freno all’arte devozionale basata sugli esempi del passato, puntando ad un nuovo modello di arte sacra e spingendo in direzione di una riflessione sulla ricerca di nuove forme espressive. Nel corso del tempo i coniugi Maritain raccolsero un numero considerevole di opere d’arte, molte delle quali gli vennero donate da amici. Alcune di esse confluirono nella Collezione d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani, inaugurata da Paolo VI nel 1973, anno della morte di Maritain, al fine di ripristinare il dialogo tra la Chiesa e la cultura contemporanea. Alcuni dei capolavori esposti in questa mostra, datati tra la fine dell’Ottocento e il Novecento, provengono proprio da questa Collezione papale, e raccontano dei fermenti culturali e artistici presenti all’interno del circolo aperto da Maritain e da sua moglie. Il filosofo pensava che la vera arte, al pari della religione, era in grado di condurre l’osservatore verso l’invisibile, a partire dalla contemplazione del visibile. “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione” scrisse Montini l’8 dicembre 1965, convinto che arte e fede dovessero costituire un connubio inscindibile. Secondo il Pontefice, l’arte sacra necessitava di rinnovamento, attraverso il coinvolgimento di quei “profeti del bello” capaci di ridare all’arte stessa la giusta linfa vitale. Il percorso espositivo si articola in sette sezioni tematiche, che ripercorrono le tappe principali della riflessione estetica del filosofo. Concentriamo la nostra attenzione su due di questi capolavori: “La Vierge à L’Enfant” di Henri Matisse e “la scala di Giacobbe” di Chagall.

Matisse è il più importante rappresentante del movimento dei “Fauves”, che puntava all’esaltazione della soggettività dell’arte e all’uso del colore come elemento compositivo fondante delle opere. “La Vierge à L’Enfant” è un bozzetto che Matisse dipinse sulle bianche ceramiche smaltate, su cui si riflettono i colori delle vetrate, del presbiterio della Cappella del Rosario delle Domenicane a Vence, commissionatogli nel 1948. L’artista realizzò questo cartoncino, alto 3 metri e largo 6, con matita, china e carboncino. L’immagine mostra la ieratica e accogliente figura semplificata e appiattita della Vergine, che tiene Gesù con le braccia aperte. Il maestro considerava questo bozzetto il suo capolavoro, a cui aveva dedicato quattro anni della sua vita, concludendolo nel 1951.

In mostra anche “La scala di Giacobbe” (1977) di Chagall, pittore bielorusso attento alle avanguardie tra cui il fauvismo, il surrealismo e il cubismo, aperto alle visioni oniriche e malinconiche, propenso all’uso di un linguaggio ricco di cromatismi accesi, interessato agli accostamenti contrastanti e appassionato della Bibbia, che considerava “la più importante fonte di poesia e di arte”. L’opera richiama l’episodio della Genesi (28:11-19) nel quale si racconta della vendetta di Esaù nei confronti del fratello Giacobbe che, essendo il primogenito, riceve per diritto la benedizione dal padre Isacco al suo posto. Giacobbe scappa dal fratello giungendo ad Haran, su suggerimento della madre, quindi arriva a Louz e sogna una scala che unisce cielo e terra. Il dipinto di Chagall mostra il personaggio che dorme su una pietra e vede gli angeli salire e scendere la scala. Il patriarca riceve la visione di Dio che rinnova l’alleanza con i suoi padri. Al risveglio Giacobbe completa l’alleanza e dedica il luogo, da allora in avanti noto come “Betel” (letteralmente “casa di Dio” o “porta del cielo”, un’allusione al Tempio di Gerusalemme). L’opera ci presenta Giacobbe come il messia perseguitato, come l’uomo dei sogni attraverso cui Dio si comunica, come scopritore di pozzi. Quando si sveglia dice “questa è la porta di Dio” perché intravede la porta dell’eternità. È un’immagine che indica la crocifissione, cioè l’innalzamento di Cristo sulla croce. Su questo cartoncino a sanguigna Chagall raffigura gli angeli che portano la speranza cristiana e fanno intravedere la luce nel buio della sofferenza. “La riflessione sull’arte sacra ha interessato tutto il mondo intellettuale”, conferma Micol Forti, curatrice della mostra e responsabile della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani. “È un tema che ha riguardato la società civile in modo profondo e radicato tramite l’amicizia di questi due personaggi e giganti del Novecento”. Con quest’iniziativa i Musei Vaticani si confermano un’istituzione, desiderosa di valorizzare l’arte contemporanea intesa come momento di ricerca, di memoria e contemplazione, continuando a preservare un patrimonio di immagini che parlano ancora al presente. “La nostra Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea è testimonianza dell’eredità di Montini, insieme alla sua attenzione al dialogo con gli artisti sulla rappresentazione dell’invisibile anche in forme totalmente dirompenti, aniconiche, poco tradizionali per la Chiesa del tempo” ha riferito la direttrice dei Musei papali, Barbara Jatta. Siamo nel Giubileo della Speranza e una mostra del genere farà certamente rivalutare la figura di un importante filosofo quale fu Jacques Maritain, il cui pensiero in Francia è ancora poco apprezzato.