Cultura
San Marco Argentano. Scoperta una tomba con due inumati e oggetti unici
La Soprintendenza di Cosenza sta approfondendo le indagini per accertare la natura antropologica dei reperti
La Soprintendenza ABAP per la provincia di Cosenza ha confermato la notizia circolante già da un po’ di tempo, in merito ad una scoperta archeologica straordinaria presso la località Cappasanta, frazione di San Marco Argentano, in provincia di Cosenza. È stata rinvenuta su una collina, a lato del fiume Fullone ai piedi del centro cittadino, una sepoltura terragna e senza copertura del IV secolo a.C. con i resti di una donna adulta e, verosimilmente, di un bambino, insieme ad alcune ceramiche decorate a figure rosse e a monili bronzei. Gli archeologi e i restauratori, impegnati nello scavo, stanno analizzando attentamente i reperti, per confermarne la natura antropologica e per assicurane un’attenta conservazione. È certamente una scoperta fondamentale per approfondire la nostra conoscenza storica del territorio. “Il ceto sociale degli inumeti è elevato: sono presenti numerosi vasi a figure rosse e monili di pregio, una fibula e la classica monetina che avrebbe dovuto accompagnare i sepolti nell’aldilà”, le parole di Damiano Pisarra, funzionario archeologo responsabile della gestione dello scavo a San Marco Argentano. Un corredo funerario abbastanza ricco è indice di un rango sociale elevato. Le ceramiche a figure rosse, per esempio, sorte intorno al 530 a.C. ad Atene, erano molto apprezzate dalle classi agiate, in quanto erano una tecnica complessa, raffinata e di alta qualità. Soppiantarono la vecchia tecnica a figure nere privilegiando il nero sullo sfondo, e presentando le figure in rosso. Le immagini particolareggiate e ricche di dettagli, specie anatomici, venivano incise con il pennello e non più con una punta metallica, il che conferma la loro alta precisione e la loro destinazione a mercati di lusso. Il sito archeologico è stato attentamente sottoposto a sorveglianza continua, per scongiurare l’intromissione illecita di malintenzionati interessati al trafugamento degli oggetti preziosi. La scoperta è il risultato di un “procedimento di archeologia preventiva per la realizzazione di un impianto di produzione di energia derivante da fonti rinnovabili”, si legge nella nota della Soprintendenza bruzia.
