Un italiano su 10 rinuncia alle cure

Il Rapporto Gimbe 2025 denuncia il lento smantellamento del Ssn: 13,1 miliardi persi negli ultimi tre anni, un italiano su 10 rinuncia alle cure, il peso della spesa sanitaria grava sempre più sulle famiglie. Mentre il numero di medici cresce, mancano infermieri e strutture. Cartabellotta: “Serve un patto politico per salvare la sanità pubblica”

Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) è in affanno, anzi in lenta agonia, con la conseguenza che 41,3 miliardi di spese sanitarie restano a carico delle famiglie e un italiano su 10 rinuncia alle cure. A lanciare l’allarme è l’ottavo Rapporto sul Ssn della Fondazione Gimbe, presentato l’8 ottobre a Roma, alla Camera dei deputati. “Dopo i tagli del decennio 2010-2019 e le imponenti risorse assegnate nel 2020-2022 assorbite interamente dalla pandemia – si legge nel report-, il Fondo sanitario nazionale (Fsn) nel triennio 2023-2025 è cresciuto di ben 11,1 miliardi di euro: dai 125,4 miliardi del 2022 ai 136,5 miliardi del 2025. Risorse in buona parte erose dall’inflazione, che nel 2023 ha toccato il 5,7%, e dall’aumento dei costi energetici”.

Costante definanziamento. Dietro questo aumento di miliardi, precisa il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta, “si cela un imponente e costante definanziamento”. Infatti, secondo il report la percentuale del Fsn sul Pil al 31 dicembre 2024 è scesa dal 6,3% del 2022 al 6% del 2023, per attestarsi al 6,1% nel 2024-2025, pari ad una riduzione in termini assoluti di 4,7 miliardi nel 2023, 3,4 miliardi nel 2024 e 5 miliardi nel 2025. “In altre parole – spiega Cartabellotta – se è certo che nel triennio 2023-2025 il Fsn è aumentato di 11,1 miliardi, è altrettanto vero che con il taglio alla percentuale di Pil la sanità ha lasciato per strada 13,1 miliardi di euro”.

Manovra 2025. Dal punto di vista previsionale, evidenza ancora il report, il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) del 2 ottobre 2025 stima un rapporto spesa sanitaria/Pil stabile al 6,4% per gli anni 2025, 2027 e 2028, con un leggero aumento al 6,5% nel 2026”. Tuttavia, osserva la Fondazione, la legge di Bilancio 2025 racconta un’altra storia: “La quota di Pil destinata al Fsn scenderà dal 6,1% del 2025-2026 al 5,9% nel 2027 e al 5,8% nel 2028”. Un divario tra previsione di spesa e finanziamento pubblico che rischia di scaricarsi sui bilanci delle Regioni costrette, afferma il presidente,

“a scelte dolorose per i propri residenti: ridurre i servizi o aumentare la pressione fiscale”.

Spesa sanitaria e rinuncia alle cure. Nel frattempo, la spesa sanitaria certificata dall’Istat per il 2024 ammonta a 185,12 miliardi di euro: 137,46 miliardi di spesa pubblica (74,3%) e 47,66 miliardi di spesa privata, di cui 41,3 miliardi (22,3%) pagati direttamente dalle famiglie (out of pocket) e 6,36 miliardi (3,4%) da fondi sanitari e assicurazioni. Complessivamente l’86,7% della spesa privata grava direttamente sui cittadini, mentre solo il 13,3% è intermediata, con la conseguenza che

nel 2024 un italiano su 10 – oltre 5,8 milioni di persone – ha rinunciato alle cure.

Insomma, questo lento, ma inesorabile smantellamento del Ssn “spiana inevitabilmente la strada a interessi privati di ogni forma – il commento di Cartabellotta  -. Continuare a distogliere lo sguardo significa condannare milioni di persone a rinunciare non solo alle cure, ma a un diritto fondamentale: quello alla salute”.

Molti medici, pochissimi infermieri. Ulteriore criticità evidenziata dal report gli squilibri nel personale sanitario. Secondo i dati Ocse, che includono tutti i medici in attività compresi gli specializzandi, il nostro Paese conta 315.720 medici, ovvero 5,4 ogni mille abitanti. Siamo secondi dopo l’Austria, con un valore nettamente superiore alla media Ocse (3,9) e a quella dei paesi europei (4,1). “Questi numeri – osserva Cartabellotta – dimostrano che in Italia non c’è affatto carenza di medici, ma attestano una loro fuga continua dal Ssn e carenze selettive in specialità ritenute poco attrattive e nella medicina generale”. Al podio per numero di medici fa da contraltare la posizione di coda del nostro Paese per il numero di infermieri: 6,5 ogni mille abitanti rispetto alla media Ocse di 9,5.

Pnrr tra luci e ombre. Per quanto riguarda la Missione salute prevista dal Pnrr, mancano 14 obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno 2026: tra questi il pieno funzionamento di almeno 1.038 Case della comunità e almeno 307 Ospedali di comunità, dotati di servizi e personale sanitari. Al 30 giugno 2025, per 218 Case della comunità (21%) sono stati dichiarati attivi tutti i servizi, ma di queste solo 46 (4,4%) dispongono di personale medico e infermieristico; gli Ospedali di comunità dichiarati attivi dalle Regioni erano invece solo 153 (49,8%).

Un patto per il Ssn. “Il futuro del Ssn – conclude Cartabellotta – si gioca su una scelta politica netta: considerare la salute un investimento strategico del Paese o continuare a trattarla come un costo da comprimere”. Di qui la proposta di un piano di rilancio per “rafforzare e innovare quel modello di Ssn istituito nel 1978, finanziato dalla fiscalità generale e basato su princìpi di universalità, uguaglianza ed equità, al fine di garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute a tutte le persone”. Ma per attuarlo, avverte il presidente Gimbe, serve

“un nuovo patto  politico che superi ideologie partitiche e avvicendamenti di Governo, riconoscendo nel Ssn un pilastro della democrazia, uno strumento di coesione sociale e un motore di sviluppo economico;

un patto sociale che renda i cittadini consapevoli del valore della sanità pubblica e li educhi a un uso responsabile dei servizi; un patto professionale in cui tutti gli attori della sanità devono rinunciare ai privilegi di categoria per salvaguardare il bene comune”.