Editoriali
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Genitori deresponsabilizzati

Dopo l'omicidio di Roma.

Genitori deresponsabilizzati

Ho cercato fino all’ultimo di resistere alla tentazione di commentare l’ultimo assurdo omicidio di un giovane a Roma da parte di due coetanei quasi trentenni. Purtroppo, l’eco mediatica che i genitori degli assassini stanno continuando a produrre mi induce ad esternare alcune valutazioni. Riepilogando: il delitto si è consumato dopo una nottata trascorsa tra eccessi, droga e alcool; gli autori dell’efferato crimine hanno deciso di “divertirsi” uccidendo qualcuno a caso ed è toccato ad un loro amico, vittima del loro “diritto” a svagarsi. Dopo le torture, durate diverse ore e l’omicidio, i due sono usciti a bere, come se nulla fosse accaduto. I due si trovano ora in carcere e pagheranno, si spera, il loro debito con la giustizia. In queste settimane, però, la scena è stata rubata dai loro padri. Uno dei due, poche ore dopo dall’accaduto, è andato a farsi intervistare nel salotto di Porta a Porta, dove ha dichiarato che il figlio “è un ragazzo modello” e che lui non è in grado di spiegarsi i motivi di un simile gesto. Meglio sarebbe stato chiedere umilmente perdono e tacere. L’altro genitore, invece, ha pubblicato, dopo qualche giorno, una lettera aperta nella quale divagava tra citazioni bibliche e vaghe osservazioni moralizzanti sulla propria condotta di genitore, sempre attento all’educazione del figlio. Questo padre si è domandato, infine, se “le colpe dei figli ricadano sempre sui genitori”. La risposta alla domanda del padre dell’assassino, così come formulata, è abbastanza scontata. Certamente no, le colpe dei figli non possono ricadere automaticamente sempre sui genitori. Va però anche detto che le colpe dei figli possono ricadere sull’educazione che un padre ha impartito al proprio figlio. E qui entra in campo il fattore educativo che tanto conta. I ragazzi di oggi, anche se non proprio adolescenti, sono sottoposti soprattutto dai propri genitori ad un eccesso di stimoli e così diventano iper-reattivi, ultra-percettivi. Il loro sentimento, al contrario, appare atrofizzato. È come se l’eccesso di stimoli che non riescono ad elaborare, ma solo a smistare, genera apatia che a sua volta può degenerare sempre più facilmente in psicopatia. Privando i bambini e poi i giovani della possibilità di annoiarsi, certi genitori, e per fortuna non tutti, li stanno già condannando a trasformarsi in esseri privi del soggetto dell’inconscio e dunque privi di un’anima, oltre che di una psiche. Da un mondo governato da padri padroni, divieti e sensi di colpa, siamo passati in pochi decenni a una società priva di legge, senza padri, ove l’unica legge è il consumo sfrenato del proprio godimento. Da qui “il diritto alla felicita” e quindi ad avere tutto. Nessuno può ergersi a giudice e nessun genitore è un modello perfetto. Ciò non esime, però, ciascun genitore dalla propria pesante responsabilità. L’esempio della responsabilità è la premessa per un comportamento etico, come insegna Max Weber, ma ciò impone anche una riflessione dolorosa sulle mancanze. Un appello alla de-responsabilizzazione, come quello che si può leggere nella lettera aperta del padre di uno dei due assassini, è un modello che può condurre solo a figli de-responsabilizzati delle cui azioni poi si è, malgrado tutto, complici.

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