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Un pane spezzato...per includere

Migranti di diversi Paesi coinvolti in un progetto a Donnici. Imparano i mestieri del panettiere e del pizzaiolo grazie all'arte di Maurizio Olivito.

Un pane spezzato...per includere
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Quando arriviamo nel piccolo forno a Donnici, Maurizio Olivito ci attende all’interno con un bel sorriso. Il progetto “Pane spezzato”, sposato dall’associazione Rosanna Spina “Vestire gli ignudi”, che Olivito guida, coinvolge venti migranti e li vede impegnati nei mestieri di panettiere e pizzaiolo. Davide Franceschiello, project manager, che ha fatto da collante tra l’imprenditore locale e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ha finanziato l’impresa, ci porta nel cuore della periferia cosentina, tra le campagne dove due giorni a settimana giovani provenienti da diversi Paesi sono impegnati nel percorso formativo. Un piccolo grande segno, una possibilità di integrare. “Un coacervo di razze, culture, tradizioni, religioni, unite dal sacro vincolo del lavoro, della collaborazione, dello sviluppo comune, del miglioramento delle proprie capacità, senza alcuna distinzione perché laddove c'è unità di intenti, laddove ci sono mani che lavorano, siano esse bianche o nere o brune, c'è l'uomo: unico, totale, indistinto, figlio di Dio” – dice Franceschiello, che al forno è di casa. Perché, in realtà, da Olivito è impossibile non sentirsi a casa. Senti l’odore dell’impasto, il profumo del dolce. Vedi il forno, uno dei cari attrezzi del mestiere, accendersi grazie alla legna bruciante. Vedi, anzitutto, una famiglia, un po’ più larga del solito, certamente ricca. Sorridente, senza dubbio. Ad accoglierci, insieme al padrone di casa e a un “buongiorno” collettivo, è Antonio Marra, che, in servizio civile, strofinaccio in dosso, aiuta nel realizzare pani, dolci e pizza.  “Era un mio sogno trasmettere questo bel mestiere” – dice con orgoglio Olivito. “Ora si sta realizzando, questa è un’arte vera e propria, che nel tempo ho praticato cercando sempre di rinnovarmi, creando dei prodotti nuovi”. Quali? “La ‘scaldatella’ è una mia creatura” – dice con orgoglio – soprattutto ricordando i tanti decenni di lavoro. Ora è in pensione, ma “Pane spezzato” sembra essere proprio un bel regalo per lui. Mentre chiacchieriamo con il “mastro”, i giovani sono al lavoro. È in fase di lavorazione il cosiddetto “Dolce Maurizio”. Cos’è? “Un impasto particolare. C’è farina, olio, un poco di sale per rendere consistente la pasta, lo zucchero, una lievitazione di 20 minuti; poi i resi vengono pesati, si fanno le formelle secondo le esigenze, si fanno i panini rotondi. Poi si mettono a lievitare, e si mette l’ingrediente di dentro. Il tutto senza mollica”. I migliori ingredienti? “Nutella o peperoncino”. Li proviamo, allora, quelli del giorno prima. Sono buoni, il pepe non è troppo piccante. Difficile resistere alla nutella che i giovani lavoratori stanno spalmando in quel momento. “Sono tutti bravissimi e hanno una sete e una volontà di imparare encomiabile – prosegue Olivito - partecipano con molta attenzione e partecipazione. Si adoperano per avere un mestiere per le mani, io gliene offro due, da panettiere e da pizzaiolo”. Loro, i giovani, sono contenti. Zeliah, dal Kurdistan, ha veramente “le mani in pasta”: “sto facendo il dolce Maurizio, il dolce è buono e mi piace stare qui, dove vengo due volte a settimana” – spizzicando uno stentato italiano. Anche Mahmoud, che proviene dal Mali, è contento: “il lavoro va bene, all’inizio è stato un po’ difficile, poi, con l’aiuto di Maurizio, ho imparato a farlo. Mi ha fatto vedere tutto come si fa, e ora mi piace molto fare questo lavoro. Mi piacerebbe farlo un domani”.  Qualcun altro ha già esperienza da pizzaiolo altrove e vorrebbe continuare su questa strada. “Qualcuno ha già cominciato a richiederli, vedremo quali occasioni si proporranno alla fine del progetto” – ci confida Franceschiello. “Mentre una volta i maestri avevano gelosia morbosa di quando un ragazzo anche solo si avvicinava alla scaldatrice, ora non deve essere più così”, riflette Olivito. “C’è una richiesta di 26mila panettieri e pizzaioli in Italia e i ragazzi non si danno da fare. Forse sono già tranquilli per il loro futuro”. L’ultimo passaggio è con Mariella Belfiore. “sono il tutor dei ragazzi, li seguo mentre lavorano, e la cosa bella è vederli entusiasti fin dal primo giorno. Si sono mostrati attenti e vogliosi di imparare. Ma la cosa che mi piace di più è la possibilità di integrazione, loro si raccontano, parlano della loro vita, delle loro esperienze. Iniziano ad esprimersi in italiano, cercano di inserirsi nella nostra cultura e qui c’è un clima familiare”. Basta…un pane spezzato.

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