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Francesco: "i poveri il nostro passaporto per il Paradiso"

Il Papa ha celebrato in Basilica la Messa per la I Giornata mondiale dei poveri. Poi ha pranzato con loro nell'Aula Paolo VI.

Francesco: "i poveri il nostro passaporto per il Paradiso"

“Dio non è un controllore in cerca di biglietti non timbrati, è un Padre alla ricerca di figli, cui affidare i suoi beni e i suoi progetti”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa celebrata ieri nella basilica di San Pietro per la prima Giornata mondiale dei poveri, a cui hanno partecipato circa 4mila persone. Dopo la celebrazione, anche il pranzo con i poveri nell'Aula Paolo VI.  “E' triste – ha proseguito Francesco – quando il Padre dell’amore non riceve una risposta generosa di amore dai figli, che si limitano a rispettare le regole, ad adempiere i comandamenti, come salariati nella casa del Padre”. Il riferimento è alla parabola dei talenti, che Francesco ha riferito a tutti noi, “mendicanti dell’essenziale, dell’amore di Dio, che ci dà il senso della vita e una vita senza fine”. Tutti noi, ha spiegato il Papa, “siamo destinatari dei talenti di Dio: abbiamo dei talenti, siamo ‘talentuosi’ agli occhi di Dio. Perciò nessuno può ritenersi inutile, nessuno può dirsi così povero da non poter donare qualcosa agli altri. Siamo eletti e benedetti da Dio, che desidera colmarci dei suoi doni, più di quanto un papà e una mamma desiderino dare ai loro figli. E Dio, ai cui occhi nessun figlio può essere scartato, affida a ciascuno una missione”, proprio fa il padrone della parabola con i suoi servi. Che cosa non è piaciuto al Signore dell’ultimo servo, quello che ha conservato il suo talento ma non lo ha fatto fruttificare? “In una parola, forse andata un po’ in disuso eppure molto attuale, direi: l’omissione”, ha risposto Francesco: “Il suo male è stato quello di non fare il bene”. “Anche noi spesso siamo dell’idea di non aver fatto nulla di male e per questo ci accontentiamo, presumendo di essere buoni e giusti”, il monito del Papa: “Così, però, rischiamo di comportarci come il servo malvagio: anche lui non ha fatto nulla di male, non ha rovinato il talento, anzi l’ha ben conservato sotto terra”. “Ma non fare nulla di male non basta”, ha ammonito Francesco.

“Colui che aggiunge talenti nuovi è veramente fedele, perché ha la stessa mentalità di Dio e non sta immobile: rischia per amore, mette in gioco la vita per gli altri, non accetta di lasciare tutto com’è. Solo una cosa tralascia: il proprio utile. Questa è l’unica omissione giusta”. Per Francesco, “l’omissione è anche il grande peccato nei confronti dei poveri”, ha proseguito: “Qui assume un nome preciso: indifferenza. È dire: ‘Non mi riguarda, non è affar mio, è colpa della società’. È girarsi dall’altra parte quando il fratello è nel bisogno, è cambiare canale appena una questione seria ci infastidisce, è anche sdegnarsi di fronte al male senza far nulla. Dio, però, non ci chiederà se avremo avuto giusto sdegno, ma se avremo fatto del bene”. “Come, concretamente, possiamo allora piacere a Dio?”, si è chiesto Francesco: “Quando si vuole far piacere a una persona cara, ad esempio facendole un regalo – la risposta – bisogna prima conoscerne i gusti, per evitare che il dono sia più gradito a chi lo fa che a chi lo riceve. Quando vogliamo offrire qualcosa al Signore, troviamo i suoi gusti nel Vangelo”. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, si legge nel Vangelo di Matteo: “Questi fratelli più piccoli, da lui prediletti, sono l’affamato e l’ammalato, il forestiero e il carcerato, il povero e l’abbandonato, il sofferente senza aiuto e il bisognoso scartato. Sui loro volti possiamo immaginare impresso il suo volto; sulle loro labbra, anche se chiuse dal dolore, le sue parole: ‘Questo è il mio corpo”‘. “Nel povero Gesù bussa al nostro cuore e, assetato, ci domanda amore”, ha spiegato il Papa: “Quando vinciamo l’indifferenza e nel nome di Gesù ci spendiamo per i suoi fratelli più piccoli, siamo suoi amici buoni e fedeli, con cui egli ama intrattenersi. Dio lo apprezza tanto, apprezza l’atteggiamento che abbiamo ascoltato nella prima Lettura, quello della ‘donna forte’ che ‘apre le sue palme al misero, stende la mano al povero'”. “Questa è la vera fortezza”, ha commentato Francesco: “Non pugni chiusi e braccia conserte, ma mani operose e tese verso i poveri, verso la carne ferita del Signore”.

Sono i poveri il nostro “passaporto per il paradiso”. Lo ha assicurato il Papa, che nella parte finale dell’omelia della Messa, celebrata nella basilica vaticana, per la prima Giornata mondiale dei poveri, ha ricordato che proprio nei poveri “si manifesta la presenza di Gesù, che da ricco si è fatto povero. Per questo in loro, nella loro debolezza, c’è una forza salvifica. E se agli occhi del mondo hanno poco valore, sono loro che ci aprono la via al cielo, sono il nostro passaporto per il paradiso”. “Per noi è dovere evangelico prenderci cura di loro, che sono la nostra vera ricchezza, e farlo non solo dando pane, ma anche spezzando con loro il pane della Parola, di cui essi sono i più naturali destinatari”, ha proseguito Francesco, secondo il quale “amare il povero significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali. E ci farà bene: accostare chi è più povero di noi toccherà la nostra vita. Ci ricorderà quel che veramente conta: amare Dio e il prossimo. Solo questo dura per sempre, tutto il resto passa; perciò quel che investiamo in amore rimane, il resto svanisce”. “Oggi possiamo chiederci”, l’invito del Papa: “Che cosa conta per me nella vita, dove investo? Nella ricchezza che passa, di cui il mondo non è mai sazio, o nella ricchezza di Dio, che dà la vita eterna? Questa scelta è davanti a noi: vivere per avere in terra oppure dare per guadagnare il cielo. Perché per il cielo non vale ciò che si ha, ma ciò che si dà, e chi accumula tesori per sé non si arricchisce presso Dio”. “Non cerchiamo allora il superfluo per noi, ma il bene per gli altri, e nulla di prezioso ci mancherà”, il monito di Francesco: “Il Signore, che ha compassione delle nostre povertà e ci riveste dei suoi talenti, ci doni la sapienza di cercare ciò che conta e il coraggio di amare, non a parole ma coi fatti”.

Fonte: Sir
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