Francesco Capocasale: per me una palestra di vita

Francesco Capocasale scrisse per il giornale dal 1972 al 1975

In occasione del centenario del nostro settimanale diocesano, vogliamo celebrare questo traguardo non solo ricordando la sua lunga storia, ma anche ascoltando le narrazioni di quanti, con passione e impegno, hanno contribuito alla sua realizzazione. Tra questi Francesco Capocasale, il cui contributo ha segnato la storia di un giornale rispetto al quale continua a mostrare simpatia e vicinanza.

All’epoca, il direttore di Parola di Vita era don Serafino Sprovieri, sacerdote molto preparato e stimato. Insegnava religione presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Pezzullo” di Cosenza. Insieme ad alcuni laici cattolici cosentini aveva animato, tramite Parola di Vita, un Centro Studi intitolato a don Carlo De Cardona. Tra questi laici c’erano il dottor Lorenzo Diano, presidente dell’Azione Cattolica diocesana e medico, che era stato internato in un campo di concentramento nazista in Germania, il dottor Salvatore Fumo e Federico Sorbaro, antifascista cosentino cresciuto alla scuola di De Cardona. Il Centro Studi aveva sede a Cosenza, in via Giacomantonio, nei pressi della chiesa di Loreto. Parola di Vita veniva stampato nella tipografia “La Provvidenza”, gestita da Santino Fasano, che era anche condirettore del giornale. Gli uffici si trovavano nei luoghi della Fondazione Anti-Usura, nei pressi di Corso Telesio. In quell’edificio, all’ammezzato, si svolgevano spesso le riunioni settimanali del gruppo “Parola Giovani”, il lunedì pomeriggio. Il coordinatore della nostra pagina era Franco Bartucci, che poi divenne funzionario dell’Università della Calabria. Dirigente dell’ufficio stampa dell’Unical e collaboratore del professor Andreatta. Ricordo che quando Andreatta arrivò per la prima volta a Cosenza fu accolto alla proprio da Bartucci, all’epoca trentacinquenne, e da Pierino Rende, giovane parlamentare della DC. Io mi occupavo della rubrica cinematografica. Scrissi, ad esempio, articoli su L’assassinio di Trotsky di Joseph Losey e su La montagna sacra di Alejandro Jodorowsky, un film visionario suggestivo. Sarebbe bello ritrovare quegli articoli. Dopo ogni riunione don Serafino Sprovieri, allora sacerdote, ci offriva d’inverno una tazza di cioccolata calda o una China riscaldata, ricompensando il lavoro svolto in un ufficio temperato da una semplice stufetta elettrica. Era un ambiente freddo ma ricco di calore umano e culturale. È stata una palestra. Collaboravano con Parola di Vita diversi sacerdoti colti, come Don Cesare Caruso che firmava gli articoli con lo pseudonimo “Caesar”, insegnante di religione al Telesio e di italiano al Collegio Arcivescovile “Aniello Calcara”. Altro collaboratore di grande spessore era don Beppino Intrieri, parroco di Marano, anche lui docente; poi, Martino Zuccaro di Cassano all’Jonio. Oltre a scrivere, distribuivamo il giornale nelle principali parrocchie cittadine come il Duomo, allora parrocchia di San Nicola, riferimento importante che richiamava molto i giovani. C’era un parroco dinamico, don Eugenio Magarò, che aveva anche avviato un cinema parrocchiale.  Il gruppo di “Parola Giovani” costituiva il nucleo centrale del Movimento Studenti Cattolici che era la proiezione esterna del Movimento Studenti di Azione Cattolica diocesana di cui ero segretario. Alle elezioni dei Decreti Delegati del 1975 vincemmo in tutte le scuole cittadine: al Liceo Classico Telesio ma anche allo Scientifico Scorza, al Fermi e ai tre magistrali di Cosenza: il primo era il liceo Lucrezia della Valle, gli altri due, invece, erano siti in via De Rada, accanto alla chiesa di San Giovanni Battista. Fu così che conobbi anche mia moglie, Adele Nicotera. Eravamo compagni di scuola, ma in sezioni diverse: io nella A, lei nella C. La Professoressa Maiuri, vicepresidente dell’Azione Cattolica cosentina e graditissima insegnante di latino e greco al Telesio, mi chiese di illustrare le modalità di elezione. Ad Adele non ero molto simpatico, forse per l’attitudine filosofica che mi contraddistingueva come membro del movimento, ma poi si innamorò.  Le presidi di due di questi magistrali erano figure importanti: la professoressa Evelina Cundari, prima donna eletta al Consiglio comunale di Cosenza nel 1948, e la professoressa Gina Panaro di Paola; conoscevano Padre Gemelli e con la professoressa Alda Miceli di Fiumefreddo, presidente nazionale del CIF, unica donna italiana ammessa al Concilio Vaticano II. Furono figure per me importanti nel corso della mia crescita professionale oltre che umana: i dialoghi con loro erano di grande rilievo culturale. Mons. Domenico Picchinenna, vescovo della diocesi cosentina dal 1961 al 1971, fu fervido sostenitore del giornale, come anche il suo successore mons. Enea Selis. Dopo un periodo di arresto, Parola di Vita riprese la propria attività grazie all’impegno e alla volontà di don Enzo Gabrieli che ha contribuito a rafforzare il ruolo del settimanale come strumento di comunicazione ecclesiale e pastorale. I miei anni a Parola di Vita vanno dal 1972 al 1975, dai tempi del ginnasio fino al terzo liceo. Il lavoro era volontario, quasi un gioco, ma fatto con grande serietà e rispetto per la professione. Ricordo con piacere che una volta al mese circa andavamo a mangiare una pizza insieme: era il nostro piccolo momento conviviale. Alcuni oggi lavorano fuori Cosenza, altri sono rimasti, come il dottor Marcello Maggiolini, endocrinologo e docente all’Unical, mio compagno di banco. A quel tempo intervistare figure pubbliche era facile: il sindaco Fausto Lio ci accoglieva sempre con cordialità, anche perché suo figlio Serafino faceva parte del nostro Movimento. Anche il presidente della Regione, Antonio Guarasci, ci veniva a trovare in redazione, in amicizia con Sprovieri e Fasano, direttore dell’ufficio stampa della Provincia cosentina. Tutte le attività si svolgevano nel Palazzo Arcivescovile, prima delle ristrutturazioni: salendo, si trovavano le sedi dell’Azione Cattolica; in quel cortile si incontravano tutti. Bastava una chiacchiera per accendere nuove idee. Parola di Vita deve continuare a vivere. Apprezzo molto l’attenzione che dedica anche alle altre diocesi della Calabria. Mi auguro una presenza ancora più forte nelle periferie.