Cultura
Stella di Betlemme, astro o congiuntura?
Matney ha studiato la nube di Oort, che si trova fuori dal sistema solare ed è del tutto ghiacciata
Il Vangelo di Matteo (Mt 2, 1-18) ci narra che dei magi (magoi), di origini arabe o persiane, si misero in cammino da Oriente verso Betlemme, seguendo una stella che funse per loro da guida e da indicatore geografico del luogo preciso dove nacque il nuovo re dei Giudei. L’interesse per questo fatto storico della tradizione cristiana ha da sempre stuzzicato la fantasia di tanti studiosi, che si sono a lungo chiesti se ci sia stato davvero un evento astronomico, che abbia accompagnato la venuta del Salvatore. Bisogna ricordare, in primo luogo, che le società antiche si concentravano sulla comprensione delle stelle per svariate ragioni: per la navigazione, per la stesura dei calendari, per la scienza, per il culto e per le divinazioni. Lo storico Giuseppe Flavio spiega che molti saggi (sophoi) si interrogavano sui segni nel cielo. Nella cultura giudaica le stelle giocano un ruolo fondamentale, come dimostrano le dodici pietre preziose impresse sul pettorale indossato dal sommo sacerdote, riferite alle dodici tribù di Israele e ai dodici segni dello zodiaco. L’attenzione nei confronti della scienza della predizione giustificherebbe la profezia della nascita del Salvatore fatta dagli astrologi stranieri, appunto i magi, che interpretavano i sogni e possedevano un’intelligenza tale da riuscire a comprendere il comportamento degli astri e ad ascoltare il divino. Tra le tante ipotesi avanzate sulla natura della Stella di Betlemme c’è quella di Kepler che, nel XVII secolo, sostenne che non si trattò di una stella ma di una congiuntura tra Giove e Saturno, verificatasi il 29 maggio del 7 a.C. Il fenomeno dell’avvicinamento tra Giove e Saturno non avrebbe causato una grande luminosità, perché i pianeti non sarebbero stati così tanto vicini da sovrapposti. Ciò diede spazio, tuttavia, all’interpretazione secondo cui Giove, associato a Saturno, simboleggiava l’inizio di un nuovo regno e, quindi, la fine dell’epoca di Erode, pedina dei Romani ostile alla discendenza davidica, e l’ascesa di un nuovo sovrano liberatore. Sono tante le fonti che attestano il passaggio del corpo celeste, dal libro dei Numeri alle lettere agli Efesini, dal Protovangelo di Giacomo agli Estratti di Teodoto di Clemente di Alessandria. Secondo Mark Matney, scienziato planetario alla Nasa, la Stella di Betlemme sarebbe stata realmente una cometa. L’esperto, che ha pubblicato recentemente i risultati della sua ricerca sulla rivista scientifica “Journal of the British Astronomical Association”, ha esaminato accuratamente antichi registri astronomici cinesi che parlano di una “stella scopa” (cometa), avvistata nella primavera del 5 a.C., e rimasta ferma nello stesso punto per circa 70 giorni. Il Vangelo di Matteo narra che Gesù nacque poco prima della morte di Erode, che si verificò presumibilmente verso il 4 a.C., quindi il Messia dovrebbe essere nato tra il 7 e il 4 a.C. Lo scienziato ha analizzato il comportamento di una cometa riconducibile alla “Nube di Oort”, una gigantesca nuvola fredda fatta da detriti, ghiaccio, polveri e materiale roccioso, situata ai confini del sistema solare e scarsamente influenzata dal campo magnetico del sole e dalla gravità dei pianeti. L’analisi dei registri cinesi ha portato Matney a ritenere possibile che uno degli oggetti di questa nube si sia messo in viaggio verso la terra, entrando nel suo campo gravitazionale e venendo temporaneamente intrappolato in un’orbita simile a quella di un satellite geostazionario, per un certo periodo. Il corpo si muoveva molto lentamente rispetto alla terra (moto geosincrono temporaneo) fermandosi quasi nel cielo, prima di riprendere il suo percorso uscendo dall’orbita terrestre. Vista dalla Giudea, la posizione della cometa si allineava con la strada da Gerusalemme a Betlemme, salendo in alto in cielo. I viaggiatori diretti alla grotta della natività avrebbero visto il corpo fermarsi sopra di loro. La proposta di Matney è una delle possibili spiegazioni ma non è una prova scientifica definitiva, essendo stata già respinta da esperti come l’astrofisico Ralph Neuhäuser, secondo cui le fonti antiche possono essere imprecise e frammentarie. Essa, tuttavia, avvalorerebbe il racconto di Matteo incrociando dati storici, astronomici e culturali.
