Chiesa
Pier Giorgio Frassati: una vita spesa tra impegno sociale e fede in Dio

Testimoniare il Vangelo di Gesù nella quotidianità e vivere i sacramenti per ricevere forza dall’alto, l’insegnamento del giovane piemontese
La canonizzazione dei beati Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, che si terrà domenica 07 settembre, ci spinge a ricordare la biografia e le opere compiute da queste due personalità, che hanno testimoniato nella e con la loro vita la Parola del Vangelo. Concentriamoci sulla figura di Pier Giorgio Frassati.
Nato a Torino il 6 aprile 1901 da una famiglia dell’alta borghesia piemontese, Pier Giorgio Frassati crebbe in un clima di forte benessere morale e culturale. Nonostante la sua famiglia, giolittiana e liberale, rispettasse la Chiesa, della quale apprezzava le opere sociali, l’interesse principale era rivolto in primo luogo agli ideali liberali del lavoro e dell’impegno civile e politico. Per volontà dei genitori, Pier Giorgio e la sorella Luciana ricevettero un’educazione religiosa specifica, venendo affidati alle cure del sacerdote salesiano don Cojazzi, direttore della “Rivista dei giovani”. Il ragazzo uscì pian piano dal ristretto ambiente borghese aprendosi all’associazionismo cattolico. Passato all’Istituto Sociale diretto dai Padri Gesuiti, si avvicinò all’eucarestia riscoprendo in maniera sempre nuova la persona di Gesù, e convincendosi dell’importanza di fare la carità ai più poveri. Fondamentali nella sua vita furono alcune presenze religiose: il già menzionato don Cojazzi, il gesuita padre Lombardi e il padre domenicano Filippo Robotti, che lo indirizzò alla spiritualità laicale domenicana. Oltre alle influenze di natura giornalistica e artistica che ricevette dai genitori, Pier Giorgio fu un intellettuale con svariati interessi culturali che spaziavano dalla lettura di Shakespeare, Manzoni e Papini alle lettere di santa Caterina da Siena, di Savonarola e di san Tommaso d’Aquino. Si iscrisse alla facoltà di Ingegneria meccanica allo scopo di aiutare i minatori, la classe operaia più disagiata a quel tempo. Le escursioni in montagna furono una delle sue più grandi passioni, per cui divenne membro di varie associazioni alpinistiche tra cui “Giovane Montagna”. Ebbe molta cura nel nutrire la sua fede in Cristo contestualmente al suo impegno associativo. Si aggregò all’Apostolato della preghiera dei Gesuiti per poi lasciare il posto al Terz’ordine domenicano e, in seguito, all’Azione cattolica. Proprio nell’Azione cattolica portò avanti una militanza seria e duratura, che lo aiutò a maturare come cristiano attento a testimoniare il Vangelo anche negli ambienti laici. Si iscrisse alla Conferenza di san Vincenzo sviluppando una certa sensibilità per i poveri, a cui rivolgeva i suoi propositi caritatevoli. Nel 1919 si iscrisse al circolo della Federazione Universitari Cattolici Italiani (FUCI) “Cesare Balbo”, mediante la quale confermò la sua volontà di servire chi è nel bisogno. Nel 1920 iniziò l’esperienza con il Partito Popolare di don Luigi Sturzo, che lo rese sempre più attivo e coinvolto socialmente, nonostante il periodo storico non fosse del tutto favorevole alla presenza dei cattolici nel tessuto civile. Pier Giorgio era conscio che l’impegno del cristiano doveva entrare nel terreno scottante delle riforme sociali. Con il Partito Popolare portò avanti la sua idea di democrazia e si oppose strenuamente al fascismo, che considerava “un’associazione a delinquere”. Pagò questo suo attivismo con l’arresto nel 1921, quando a Roma si unì ai giovani diretti dal Papa in occasione del cinquantenario dalla nascita della Gioventù Cattolica, mostrando la bandiera della Fuci. Fu un corteo mal gradito dal governo postunitario liberale che, inviando le guardie regie a cavallo, cercò di far disperdere il corteo. Nella vita di Frassati ogni cosa è qualificata dal suo progetto di fare dono di se stesso agli altri, attraverso uno stile semplice e distaccato dal patrimonio familiare. A chi non aveva niente e campava nelle soffitte nauseabonde regalò il suo sorriso, il suo rispetto e la sua amicizia, in aggiunta ai soldi e alle cose più utili (scarpe, cappotti, calze). Pier Giorgio credeva in un apostolato che fosse vicino alla gente e che portasse la Parola di Dio in tutte le situazioni. La sorgente della gioia per lui era sempre il Signore, che è speranza, rivelazione, consolazione e forza. Grazie a Gesù, che sentiva vicino e che scorgeva negli ultimi, affrontava le situazioni con naturalezza. Tra le altre cose, l’esperienza della “Società dei Tipi Loschi”, sorta nel 1924, fu un modo per creare un gruppo di amici che voleva vivere l’amicizia in Cristo tra passeggiate in montagna e recita del Rosario. Questo suo attivismo sociale verso i più svantaggiati lo allontanò dall’amore per Laura, ma gli diede il coraggio di affrontare le vicissitudini della vita legate alla sua malattia e alla crisi del rapporto tra i suoi genitori. Si spense il 4 luglio 1925 a causa di una poliomielite fulminante. L’insegnamento di Frassati consiste nel percorre il suo stesso itinerario spirituale, con abnegazione e sacrificio, senza cedere alle tentazioni. In lui scopriamo la figura del giovane che può essere cristiano in un mondo complesso, ma che non è passivo e lavora per la giustizia e per il cambiamento anche impegnandosi in politica. Pier Giorgio ci mostra che il vero amore per Gesù non produce giovani bigotti, ma persone protagoniste della loro vita, autentici seminatori di speranza. “Un ragazzo aperto, gioviale, sportivo, abile alpinista, impegnato politicamente, esempio di freschezza e gioia di vivere, amato da tutti per la sua generosità e per la dedizione eroica ai più poveri” scrive Vincenzo Sansonetti nel suo libro di recente pubblicazione intitolato Pier Giorgio Frassati. La gioia non avrà misura (Ares 2025). Il giovane era una persona vivace e attiva, instancabile nel suo servizio e sempre in adorazione dinnanzi al Santissimo. Possedeva la fede granitica dei semplici e dei giusti, che non si stancano di recitare il rosario. Sansonetti approfondisce anche l’immagine di Frassati come l’ “uomo delle otto beatitudini”, espressione usata in passato da san Giovanni Paolo II per indicare un santo veramente appassionato della realtà, nonché il patrono di chi vuole vivere pienamente la propria gioventù con lo sguardo rivolto a Dio.
