Diocesi
Messaggio dell’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano per il Natale 2025
Tanti sono i passi del profeta Isaia che abbiamo ascoltato in questo tempo di Avvento, tutti pieni di annunci e di speranza; uno fra i tanti che mi colpisce molto recita “Il Signore è una roccia eterna, perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa, l’ha rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo. I piedi la calpestano: sono i piedi degli oppressi, i passi dei poveri” Is 26, 4-6. Ci parla di un sovvertimento operato da Dio: non conta il potere (coloro che abitavano in alto), non conta la gloria e il successo (la città eccelsa) perché ciò che avrà l’ultima parola sarà la storia dei poveri, degli ultimi che passeranno -forti solo della loro fede- su quelle che venivano ritenute certezze innegabili e obiettivi desiderabili. Solo se si leggono queste parole del Profeta e si mettono vicino alla narrazione della nascita di Gesù a Betlemme si capisce che il Natale non è affatto la celebrazione zuccherosa del “siamo tutti più buoni”, della buona azione o del “fioretto” come si chiamava una volta, ma è il ruvido annuncio di una logica nuova, quella del Vangelo, cantata in anticipo dalla Madre di Gesù in occasione della sua visita alla cugina Elisabetta: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.”
Di cosa si parla, quando parliamo del Natale? “Si parla della nascita di un bambino, non del gesto rivoluzionario di un uomo d’azione, non dell’ultima scoperta di un saggio, non della pia opera di un santo” (Dietrich Bonhoeffer).
E se ne parla, nella pagina evangelica (Lc 2,1-20), dopo aver ricordato i potenti del mondo, l’imperatore Cesare Augusto la cui parola comanda l’ecumene e invade l’esistenza del singolo, detta legge su interi popoli e sconvolge i ritmi quotidiani delle famiglie intrudendone l’intimità. Fino a costringere due sposi, di cui lei in avanzato stato di gravidanza, a un viaggio per “farsi censire nella propria città” (Lc 2,3).
Lo dobbiamo ammettere, il Natale ci è stato un po’ scippato dalla logica del consumo, dalla spesa compulsiva, dal chiasso delle nostre città in questi giorni.
Mi piace però sottolineare che in tante chiese la mattina presto, molto prima dell’alba, già da tempo immemorabile per qualcuno, come nuova esperienza per qualcun altro, si prega la novena di Natale, si dedica un tempo prolungato all’ascolto della parola di Dio che nel Natale si fa storia, si fa carne: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).
L’augurio più bello che mi sento di offrire a tutte e a tutti è quello di saper accogliere questi giorni come dono per riscoprire la bellezza dell’interiorità, del silenzio adorante di una logica -quella di Dio– che ci fa sintonizzare non con ciò che appare e sembra imporsi, ma con ciò che è piccolo, apparentemente insignificante, ma in realtà prezioso. Come scriveva un grande testimone della fede: “Credo che proprio la festa del Natale sia la festa della nostra fede nel senso più profondo, perché ci fa vedere la via del Signore, …una via che non ha apparenze, che è tutta umiltà, che è tutta povertà, che è tutta esiguità e impotenza. […] L’unico punto di rinnovamento di tutte le profezie e di adempimento sta nella santità umile e povera, disarmata” (G. Dossetti, Omelia del 25 dic. 1988).
Buon Natale!
+ Giovanni Checchinato
Arcivescovo di Cosenza-Bisignano
