Meeting di Rimini. La letteratura come interpretazione della realtà

La 46° edizione del Meeting Rimini, in svolgimento fino al 27 agosto, è un’occasione unica per riflettere sulle sfide che l’umanità deve ancora affrontare. Il titolo scelto “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi” ha attratto, fin dal primo giorno, l’attenzione di politici e di uomini di fede e, in generale, ha coinvolto tutta la società chiamata a ragionare sulle problematiche, che intossicano la nostra esistenza e rendono difficile prevedere un futuro di pace. In mezzo a tante discussioni e a dibattiti è emerso un discorso che, apparentemente, sembrerebbe di secondaria importanza ma che in realtà gioca un ruolo di primo piano: “il ruolo della letteratura come palestra dello sguardo per l’umanità”. La serata del 22 agosto ha visto la presenza all’evento moderato da Letizia Bardazzi, presidente dell’Associazione italiana centri culturali, degli scrittori e docenti Eraldo Affinati e Paolo Malaguti, i quali hanno voluto sottolineare la rilevanza della lettura come strumento per guardare il mondo, per interpretare la realtà con occhi diversi e più consapevoli e per crescere con un pensiero critico. Affinati e Malaguti hanno fatto riferimento alle due lettere scritte da papa Francesco: la lettera sul ruolo della letteratura nella formazione (2024) e la lettera ai poeti pubblicata nel libro Versi a Dio. Antologia della poesia religiosa (2024). Nella prima missiva il defunto Pontefice ricorda il valore della lettura di romanzi e poesie nel cammino di maturazione personale, sottolineando come la letteratura svolga un ruolo decisivo per la libertà personale. Il discorso prosegue nella “lettera ai poeti” che rappresenta un manifesto poetico e spirituale, nonché un invito rivolto da Bergoglio agli artisti affinché custodiscano e coltivino l’immaginazione come antidoto alle paure moderne che si insinuano nell’animo umano, e si facciano promotori della parola come arma per testimoniare e diffondere la fede in Cristo. Affinati, durante l’incontro, ha ricordato che lo scrittore e l’insegnante hanno la responsabilità di guidare lo sguardo degli allievi nella giusta direzione, affinché possano calarsi nella realtà senza pregiudizi e possano comprenderla nel migliore dei modi. A tale scopo vengono in aiuto i classici, che nascono dalla volontà degli scrittori di spingersi fino ai confini del mondo per capirne i mutamenti, le caratteristiche, le prerogative. Un libro prende vita come esperienza vissuta dentro un contesto; è specchio degli odori, dei sapori e dei sentimenti che un intellettuale vive sulla sua pelle e a cui dà voce con le sue parole, condividendo il tutto con i suoi lettori e chiedendo loro di fare altrettanto. Oggi chi educa è chiamato ad istruire i suoi studenti ad un concetto di libertà, che non è oltrepassare indistintamente i limiti ma nel riconoscere questi limiti e sapere fino a che punto è possibile agire e dove bisogna fermarsi per riflettere, per correggersi, per andare avanti. La letteratura aiuta a tirar fuori ciò che uno ha in sé senza saperlo, a riaccendere quel fuoco originario che è dentro la persona e di cui tanto ha parlato Sant’Agostino. Leggere chiama in causa chi assimila parole e contenuti, inducendolo a riguardare le proprie certezze, a cercarne di nuove e a intensificare la propria vita facendo sempre nuove esperienze qui e ora. L’esempio più sommo è dato proprio dalla Bibbia che è parola viva, testimonianza di come Dio si fa uomo, di come le parabole raccontate diventino realtà. Il Vangelo di Gesù ci insegna che l’uomo sta al centro dell’universo, ed è dentro di lui che vanno cercate le risposte alle tante domande esistenziali. Ciò che bisogna offrire ai giovani d’oggi è una serie di chiavi interpretative, tramite la letteratura, che li sottragga al male del cinismo e dell’egoismo e li apra all’immaginario e alla scoperta di mondi nuovi e inesplorati, senza mai perdere di vista il proprio universo esistenziale.