La “famiglia del bosco”


La provocazione della “famiglia del bosco” è quella del richiamo ad una maggiore attenzione di tutta la rete educativa

Ancora non si quietano gli echi del caso relativo alla cosiddetta “famiglia nel bosco”. Nathan Travallion e Catherine Birmingham, la coppia anglo-australiana che ha scelto di vivere in una sorta di baracca coi loro tre figli piccoli nella foresta della Maiella nei pressi del Comune di Palmoli in provincia di Chieti. E il Tribunale dei Minori che ha stabilito l’allontanamento dei tre bambini con la sospensione dell’autorità genitoriale. Non è questa la sede per voler attribuire in modo perentorio i torti e le ragioni in un iter processuale che è ancora in corso, quanto l’occasione per riflettere su una situazione paradigmatica che ci interroga tutti.

“La famiglia nel bosco” propone un messaggio significativo di attenzione ad uno stile di vita a più stretto contatto con la natura, più libero dalle cose e dalla mentalità consumistica che oggi tende ad essere prevalente. È come se questi genitori abbiano voluto creare una barriera di difesa e protezione che preservasse i loro figli da un tipo di vita che considerano nocivo. Rispetto a ciò non si può troppo grossolanamente relegare la scelta come un abuso anche perché sono state raccolte tantissime testimonianze del sincero affetto di Nathan e Catherine per i loro figli ed anche del clima di grande serenità sviluppato all’interno della famiglia nonostante l’alimentazione vegana, la mancanza di luce ed acqua corrente. Cosa si può contestare, dunque, a questa famiglia e come possono farlo a cuor leggero quei genitori che delegano molte delle loro funzioni educative a quei social network che dominano nel tempo dei loro figli?

Questo, però, non esclude che – almeno in Italia, diverso sarebbe se fossimo in Alaska o in Siberia – ad ogni genitore sono chiesti le necessità e il coraggio di affidare i figli ad un’educazione nella concreta realtà in cui viviamo. Da qui l’importanza della scuola. Quest’ultima, infatti, non è solo il luogo dell’istruzione in cui si apprende, ma anche quello in cui si impara quanto siano fondamentali le relazioni ed un processo di socializzazione. Poi ci sono tante agenzie educative che devono formare alla migliore scoperta di sé, al discernimento della realtà, alla libertà per arrivare a compiere scelte consapevoli e coerenti. Tutto questo non può essere bypassato così come il sistema sanitario.

La provocazione della “famiglia del bosco” è quella del richiamo ad una maggiore attenzione di tutta la rete educativa. Quando i genitori affidano i loro figli alla scuola e ad altre agenzie educative, fanno un atto di grande fiducia e chiedono cura e responsabilità. Paradossalmente sono queste realtà che si devono sentire interpellate e confermare o crescere nella disponibilità a promuovere e educare a valori che abbiano sempre al centro la dignità della persona. La dignità umana è il criterio ultimo di ogni discernimento e ci auguriamo che sia su questa dimensione ispiratrice che i giudici e gli aventi parte alla decisione possano risolvere la questione che vede e vedrà sempre al centro, non sterili contrapposizioni ideologiche, ma il vero bene delle persone.

Agensir