Intelligenza artificiale e salute. La vera sfida è la relazione medico-paziente

Presentato il 12 dicembre presso il ministero della Salute il Manifesto “Singolarità tecnologica verso malattia zero”, che propone una sanità proattiva e universale, capace di “umanizzare” l’AI e bilanciare tecnologia, etica, responsabilità, sicurezza, empatia e presa in carico globale della persona

L’intelligenza artificiale sta entrando a grandi passi nella sanità. Non è soltanto un nuovo strumento tecnologico, ma una rivoluzione che cambia il modo stesso di intendere la medicina. Ne è convinto Tonino Cantelmi, professore associato di psicopatologia alla Pontificia Università Gregoriana e presidente del Consiglio di indirizzo dell’Istituto nazionale salute migranti povertà (Inmp), che ha presentato il Manifesto Singolarità tecnologica verso malattia zero a Roma, nel corso del convegno “Singolarità, tecnologia e AI verso malattia zero – un manifesto per un think tank”, promosso dall’Istituto di terapia cognitivo-interpersonale (Itci) con la direzione scientifica della Asl Rieti e il patrocinio del ministero della Salute.

(Foto tratta da video Cooperativa Kairòs)

Oltre l’innovazione: un cambio di paradigma. Cantelmi sottolinea che è in gioco

“una trasformazione del paradigma che informa l’idea di salute, malattia, cura e, soprattutto, relazione terapeutica”.

L’AI, infatti, “non è un dispositivo neutrale” perché “ogni algoritmo porta con sé una determinata concezione di normalità, priorità diagnostiche, criteri decisionali e modelli relazionali”. Sistemi predittivi, chatbot terapeutici, robot chirurgici e interfacce diagnostiche automatizzate non sono semplici strumenti: influenzano il modo in cui medici e pazienti si relazionano e prendono decisioni.

Centralità dell’etica. In questo scenario, l’etica biomedica diventa la bussola. Deve garantire che l’innovazione non comprometta la dignità della persona, i suoi diritti fondamentali, la responsabilità del professionista sanitario e la qualità della relazione terapeutica.

La sfida è bilanciare tecnologia, sicurezza e umanizzazione delle cure, evitando che l’efficienza prevalga sull’ascolto e sull’empatia. 

Ma chi risponde degli errori? La crescente autonomia dei sistemi intelligenti apre domande cruciali: fino a che punto un algoritmo può sostituire “il giudizio clinico umano”? Chi è responsabile in caso di “esiti avversi”? Come assicurare “trasparenza, tracciabilità e rendicontabilità” nelle decisioni mediate dall’AI? Il rischio, avverte Cantelmi, è quello di “responsibility gaps” (vuoti di responsabilità) che “possono minare la fiducia dei pazienti”.

Una rivoluzione che coinvolge tutti. Non si tratta solo di un problema medico. La rivoluzione AI richiede un approccio interdisciplinare: diritto, informatica, scienze sociali ed etica devono collaborare per costruire regole chiare. In gioco c’è l’intero sistema sanitario: dalla gestione dei dati alla distribuzione delle risorse, fino all’accesso equo alle tecnologie.

Conseguenze per i pazienti. C’è anche la dimensione psicologica. Interfacciarsi con un sistema non umano nei momenti di fragilità può generare spaesamento e solitudine. Per questo, sottolinea Cantelmi, la tecnologia deve essere integrata senza annullare la dimensione umana della cura:

ascolto, empatia e discernimento clinico restano insostituibili. 

Norme ancora fragili. Ma il diritto fatica a tenere il passo. I concetti giuridici tradizionali di colpa e imputabilità si scontrano con “una realtà sempre più opaca”, dove le decisioni non sono sempre riconducibili a un soggetto preciso. Serve un quadro normativo più solido per evitare ambiguità e garantire legittimità al sistema sanitario.

Etica della responsabilità. Per Cantelmi, l’AI in sanità non può essere valutata solo in termini di efficienza o accuratezza. È una questione etica: occorre un’“etica della responsabilità” che assicuri trasparenza e giustizia, rafforzando la personalizzazione delle cure e la presa in carico globale della persona.

Il Manifesto. Quattro i pilastri, tecnologici e interconnessi – che rappresentano le direttrici fondamentali dell’azione – sui quali si fonda il Manifesto sottoscritto, oltre che da Cantelmi, da Angelo Barbato, professore di igiene generale ed applicata Sapienza Università di Roma e direttore sanitario Asl Rieti; Paola Comite (Asl Rieti); Andrea Costanzo (Dreamcom srl.) . Si tratta di intelligenza artificiale, capace di predire e personalizzare le cure; nanotecnologia orientata alla rigenerazione biologica e cellulare; medicina di popolazione, come “garanzia di equità e accesso per l’intera comunità”; dimensione etica, che preservi la centralità umana attraverso “un approccio integrato (scientifico, umano, sociale e spirituale)”.

Per i promotori occorre “umanizzare” l’AI, “costruendo un’alleanza in cui – si legge nel Manifesto – l’innovazione sia posta realmente al servizio dell’altro” in “una logica di salute olistica”.

Il vero banco di prova sarà la relazione medico-paziente.

La tecnologia non deve ridurre l’atto medico a una procedura computazionale né spingere alla delega acritica. Al contrario, deve valorizzare la dimensione umana della cura. Premessa fondamentale è un’alleanza terapeutica “mediata dalla tecnologia, fondata sull’umanità della relazione, nel rispetto di ciò che rende la medicina un atto autenticamente umano”.

Agensir