Insieme contro l’emarginazione adulta

Avviata una cabina di regia tra la Caritas diocesana, i Comuni e numerose realtà cittadine

C’è un’immagine che basta da sola a raccontare la rivoluzione silenziosa di chi non si arrende: quella di tante mani che si stringono per aiutare gli altri. Quella che stiamo per raccontarvi è una storia di resilienza, coraggio e tanto amore. Cosenza, piazza Parrasio. Nella Sala Nolè all’interno del palazzo Arcivescovile c’è una città che non si arrende. Qui si sono incontrati il Comune di Cosenza – Capofila dell’ATS 1, il Comune di Rende – Capofila dell’ATS 2, Fondazione Casa S. Francesco D’Assisi Onlus OFM Cap. Calabria, Strade di Casa – Soc. Coop. Sociale, Casa Nostra, Stella Cometa OdV, Gruppo Cosenza – CISOM – Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, l’Associazione Comunità Regina Pacis Onlus, Croce Rossa Italiana – Comitato di Cosenza, la Caritas diocesana di Cosenza-Bisignano ed i formatori di fio.PSD per avviare un percorso formativo per costruire una rete territoriale dei servizi per la grave emarginazione adulta. “Si tratta di un programma per costituire una cabina di regia che coordini le attività dell’area urbana Cosenza-Rende. Ci siamo resi conto della presenza di tante belle realtà che si occupano di persone che vivono in strada o che vivono un forte disagio abitativo, però la sensazione è stata sempre quella di uno scollegamento tra le varie realtà impegnate. Insieme alla fio.PSD, la federazione italiana organismi per le persone senza dimora, abbiamo pensato di dar vita a questa iniziativa di accompagnamento che agisce su due livelli: da una parte l’avvio di una cabina di regia, un tavolo inter-istituzionale con i comuni di Cosenza e Rende capofila dei rispettivi ambiti territoriali, le organizzazioni del Terzo Settore e la fio.PSD; dall’altra un percorso formativo comune per operatori e volontari caratterizzato da uno scambio di idee e proposte sui bisogni emergenti, sulle nuove forme delle persone senza dimora. Quattro le tappe per conoscere e approfondire lo stato di grave emergenza dell’adulta sul territorio italiano, ma anche sul nostro territorio. Nel corso dell’ultimo incontro, avvenuto sabato, abbiamo stilato la bozza di protocollo di intesa che sarà un reso pubblico a gennaio, a cui dovrebbero aderire gli enti che hanno partecipato per proseguire un lavoro comune. L’idea è avere cabina di regia che progetta in maniera coordinata interventi e attività a favore delle persone senza dimora presenti sul nostro territorio ottimizzando tutte le risorse pubbliche e private. Questo lavoro, attraverso il protocollo d’intesa dovrebbe continuare nel 2026, l’idea è istituire questa cabina di regia che proseguirà con dei percorsi formativi che mirano a lavorare su alcuni casi particolari presenti in città”. A raccontarlo è Pino Fabiano, direttore della Caritas diocesana Cosenza-Bisignano. Allontanarsi da percorsi standard è la parola d’ordine. “Poter contare su un pasto caldo o una coperta è sì importante perché sono fonti di sollievo, però vogliamo intervenire affinché queste persone non siano più homeless. Vorremmo sperimentare l’abitare, l’housing first, far sì, cioè, che le persone che vivono in strada possano essere inserite in una casa”. E aggiunge: “C’è una buona disponibilità da parte degli ambiti territoriali di Cosenza e Rende, questo ci fa ben sperare. Poi il tema riguarda anche la comunità, perché il tema della casa è anche legato al fatto che nessuno fitta casa a persone straniere o a chi non ha una possibilità economica immediata. C’è un blocco culturale, quindi lanciamo un appello sia alle istituzioni che all’intera comunità. Le case non vengono fittate anche se restano vuote. Cosenza ha un patrimonio immobiliare non utilizzato e andrebbe anche affrontata anche l’annosa questione del patrimonio immobiliare pubblico”. L’esperienza di housing first ha radici lontane, “ci sono state alcune esperienze andate a buon fine. Persone che vivevano in strada ora abitano in una casa e conducono una vita dignitosa. Sono piccole esperienze che indicano che il paradigma si può invertire, si può dare alle persone la possibilità di rimettersi in cammino. Dovremmo smontare questi luoghi comuni per i quali le persone scelgono di vivere per strada; le persone senza dimora precipitano in questa condizione”. Sotto le pensiline degli autobus, nei pressi della stazione, su giacigli di fortuna fatti di cartoni e di una coperta logora scorrono quelle vite inaridite da esperienze di povertà, solitudine e deprivazione. Sono tanti e preoccupano. Si parla di “decine di persone che dormono in strada, alcuni rifiutano l’ingresso nelle strutture perché non riescono a stare in ambienti collettivi, però per qualcuno potrebbe essere un’opportunità. Purtroppo ci si imbatte anche in chi rifiuta l’aiuto, allora si accetta il loro volere e si aspetta che maturino i tempi”. La strada maestra quando si incontrano i senza tetto è tessere relazioni “fatte di fiducia e di ascolto, occorre recuperare una dimensione emotiva, relazionale, di sicurezza. Spesso si tratta di persone che hanno dei traumi alle spalle, quindi c’è bisogno di tempo. Abbiamo impiegato anni per anni per motivare una persona ad entrare in casa. Incontro dopo incontro, piano piano abbiamo instaurato un legame fatto di fiducia, gli abbiamo fatto comprendere che non volevamo nulla, era una persona che non aveva più fiducia”, racconta. Quando cala la sera e il freddo è talmente pungente da fare male, gli ‘angeli’ delle Unità di strada scendono in campo. A Cosenza ci sono l’unità di strada di Casa nostra, Strade di Casa, CISOM-Ordine del Malta formato prevalentemente da infermieri e medici, periodicamente anche la Croce Rossa mette in campo il periodo invernale iniziative di questo tipo”. A Cosenza l’Amministrazione comunale ha attivato il Nuovo Centro Servizi-Stazione di Posta in via Caduti di via Fani, 17, in attesa che terminino i lavori di ristrutturazione della sede definitiva. Presidio di accoglienza e orientamento, è rivolto a persone singole o nuclei familiari che vivono situazioni di grave marginalità ed esclusione sociale. È possibile accedere a diversi servizi di supporto e orientamento, come uno Sportello di front office per l’assessment e l’orientamento; la presa in carico e gestione dei casi; la consulenza amministrativa e legale; la mediazione linguistica e culturale; l’accompagnamento per la richiesta di residenza fittizia; il servizio di fermo posta o casella di posta elettronica. L’identikit dei senzatetto nel tempo è mutata. Aumentano le disuguaglianze. C’è chi ha perso il lavoro, chi è fragile, chi è in strada perché gli ingranaggi nel sistema di accoglienza funzionano poco: “Oggi si sono aggiunti quei padri di 50-60 anni separati, c’erano già prima, ora sono di più. I servizi di accoglienza prevedono la separazione del nucleo familiare, per cui alcuni preferiscono dormire in auto pur di non separarsi. Le donne sono sempre più presenti, poi ci sono giovani, anche migranti. Si tratta spesso di ragazzi disorientati, talvolta sono usciti dai circuiti di accoglienza ministeriali, in alcuni casi sono ex detenuti. C’è un clima di fragilità, anche psicologica”. I giovani volontari non mancano, ci sono i ragazzi che svolgono l’anno di Servizio civile, però credo sia utile lanciare una campagna di promozione del volontariato giovanile, perché sembra che ancora manchi una forte spinta, forse”, aggiunge. Il buono degli incontri questi incontri formativi? “La bellezza del riconoscimento del bisogno gli uni dagli altri. C’è stata una grande disponibilità a mettersi in gioco, confrontarsi. Tutti hanno espresso il desiderio di continuare questo percorso. Durante l’ultimo incontro abbiamo elaborato una bozza del protocollo che presenteremo a gennaio”. La strada da fare è tanta. C’è la gioia di sapere che ancora, nonostante tutto, le persone sono ancora capaci di gesti che profumano di umanità e che spesso accade quell’impensabile che fa sperare. Alle soglie del Natale vi lasciamo con un happy ending: “Anni fa abbiamo incontrato un uomo che ha vissuto dieci anni nei pressi della stazione. Gli abbiamo proposto di lasciare la strada per vivere in una casa con un’altra persona.  Sono trascorsi 10 anni e ancora vive in casa, era anche in difficoltà economica perché gli rubavano il denaro ed approfittavano di lui. Ora è in età pensionabile, vive con dignità. E’ una storia bella che racconta come la rete creata attorno a questa persona ha funzionato”. Il fare insieme resta un attivatore potentissimo!