Indonesia, piogge torrenziali e frane: oltre 400 morti. La Chiesa in prima linea con aiuti e assistenza medica

Oltre 400 morti, centinaia di dispersi e milioni di persone colpite: è il bilancio delle piogge torrenziali che hanno devastato Sumatra. Caritas Indonesia interviene con aiuti umanitari, presidi medici e sostegno psicosociale. La Chiesa chiede più prevenzione ambientale e si fa presenza concreta accanto alle comunità isolate e in difficoltà

“La situazione è ancora molto grave, soprattutto nei distretti più colpiti dove le frane e il crollo dei ponti continuano a impedire l’accesso ai soccorsi”. È il bilancio di padre Fredy Rante Taruk, direttore esecutivo di Caritas Indonesia, dopo le piogge torrenziali che tra il 22 e il 25 novembre hanno colpito le regioni di Aceh, Sumatra Nord e Sumatra Occidentale. Secondo i dati aggiornati al 3 dicembre, si contano 405 vittime, 188 dispersi e 638 feriti. Sono oltre 2,25 milioni le persone colpite, appartenenti a 594.425 famiglie, mentre più di 579.000 abitazioni risultano danneggiate o sommerse. “Alcuni distretti – spiega – restano completamente isolati, come Tapanuli Tengah, Tapanuli Selatan e Sibolga, dove frane e crolli hanno reso impraticabili le principali vie di comunicazione”. Caritas Indonesia ha classificato l’emergenza come evento di livello III, mobilitando la propria rete nazionale. Fondi sono stati inviati alle diocesi di Sibolga, Padang e Medan; personale e membri del Core Response Team sono stati dispiegati a sostegno delle Caritas locali. “Sono stati attivati posti di servizio umanitario in collaborazione con le Caritas diocesane e l’Organizzazione cattolica femminile – prosegue –. Caritas Sibolga ha distribuito 760 pacchi alimentari e 400 kit igienici; Padang ha avviato centri di assistenza nelle aree più colpite; Medan ha coordinato gli interventi in diverse parrocchie e villaggi remoti”. In alcune zone, grazie al supporto di ospedali partner, religiosi e medici volontari, sono stati attivati presidi mobili per garantire assistenza sanitaria di base. L’impegno si estende anche al sostegno psicosociale per i più vulnerabili.

(Foto ANSA/SIR)

Le cause ambientali e il richiamo alla prevenzione
“È evidente che la deforestazione e la cattiva gestione del territorio hanno amplificato l’impatto delle piogge”, sottolinea padre Taruk. In molte aree colpite, il disboscamento indiscriminato, l’erosione del suolo e l’assenza di adeguate infrastrutture di drenaggio hanno favorito frane, smottamenti e alluvioni.

La Chiesa cattolica in Indonesia insiste sulla necessità di rafforzare la prevenzione e la protezione ambientale, attraverso un uso sostenibile delle risorse, una gestione più attenta del territorio e un’adeguata preparazione ai disastri.

“Continueremo a collaborare con le autorità civili, le comunità locali e le organizzazioni internazionali – precisa – per ridurre la vulnerabilità dei territori e promuovere una cultura della cura e della responsabilità condivisa”. Il coordinamento con l’Agenzia nazionale per la gestione dei disastri è stato positivo. Gli stati di emergenza dichiarati nelle province interessate hanno consentito l’impiego di elicotteri, imbarcazioni e squadre di intervento per raggiungere le aree isolate. Ma restano gravi ostacoli. “Molte vie di accesso – spiega – sono ancora bloccate da frane, alcuni ponti sono crollati, e numerose comunità ricevono aiuti solo con trasporti aerei o fluviali. Questo rallenta la distribuzione e rende difficili le evacuazioni”. Per la Chiesa, l’emergenza non può essere separata da una visione integrale dello sviluppo umano e della giustizia ambientale.

(Foto ANSA/SIR)

La Chiesa come presenza che accompagna
“La Chiesa in Indonesia vuole essere una presenza concreta, umile e fedele accanto a chi soffre”. È questo il volto ecclesiale che padre Taruk desidera trasmettere, in un momento segnato da dolore, incertezza e povertà diffusa. “Offriamo una parola di speranza – aggiunge – perché crediamo che, attraverso la solidarietà e la cooperazione, le comunità possano rialzarsi e ritrovare fiducia”. In questo tempo di prova, la Caritas si propone come segno di un amore che si fa azione, ascolto e condivisione.

È anche un tempo di responsabilità – aggiunge – per rivedere le priorità, valorizzare la dignità di ogni persona e prendersi cura della casa comune.

Le diocesi coinvolte stanno già pianificando interventi a medio e lungo termine: ricostruzione di abitazioni, riattivazione delle scuole, assistenza psicosociale, servizi di base. “Ma nessuna risposta tecnica – conclude – sarà davvero efficace se non cresce una coscienza condivisa della responsabilità ambientale e della centralità della persona. Ogni ricostruzione autentica parte dal cuore delle persone: è lì che si radica la speranza”.