Cultura
Il Mistero di Monte Manfriana nel Pollino, un sito di cultura greca
Antichi massi, reperiti sul massiccio calabro, recano tratti specifici della cultura ellenica
Ci sono siti archeologici in Calabria ricchi di storia che meritano di essere conosciuti e di essere sottratti all’oblio. Uno di questi è il Monte Manfriana nella zona sud-est del Parco Nazionale del Pollino, compreso tra Frascineto e Castrovillari, in provincia di Cosenza. Intorno a questo luogo aleggia da sempre un’aura di mistero, legata a varie leggende e al rinvenimento di preziosi reperti. Tra le storie narrate ce n’è una riguardante l’esistenza di una grotta, abitata da creature magiche e contenente diversi tesori. Il monte ha attirato l’attenzione del Gruppo Archeologico del Pollino, in seguito alla scoperta di venti massi squadrati di granito, situati a 2000 metri d’altitudine, fatta da Giorgio Braschi, naturalista e conoscitore del Parco del Pollino. Su questi macigni, intagliati e lavorati, sono stati individuati segni di un’antica tecnica costruttiva chiamata “anathyrosis”, diffusa nell’architettura greca sin dall’età arcaica al fine di ottenere giunti perfetti tra i blocchi di pietra, attraverso la levigazione specifica delle superfici di contatto. Questo dato condurrebbe a pensare che si tratta di un’area di cultura greca, posta all’altitudine più elevata rispetto all’intera area del bacino del Mediterraneo. Secondo Claudio Zicari, Presidente del Gruppo Archeologico del Pollino, “siamo dinnanzi ad un unicum che pone tutta una serie di problemi di carattere archeologico, storico, topografico” e che ci induce ad avanzare ipotesi da confermare. Una di queste è che i massi sono testimoni di un tempio sacro, eretto da popolazioni italiote come i lucani, di origine indigena. Questi lavorarono le pietre calcaree del posto reimpiegando le tecniche acquisite dal popolo greco, al fine di erigere un edificio di culto in onore agli dei, in particolare ad Apollo (“Pollino”, infatti, deriva dal nome “Apollo”, e la catena montuosa calabrese pare abbia una conformazione geografica simile a quella dell’epico monte Olimpo). Un’altra ipotesi è che questo sito venne edificato, per fungere da torre di controllo delle strade che connettevano Calabria e Lucania. Sono state rinvenute altre pietre del genere sul Pollino ad altitudini più basse, in particolare nei forti di età ellenistica risalenti al IV secolo a.C. In più gli esperti hanno riportato alla luce oggetti in terracotta e una moneta magnogreca del V secolo a.C., recante l’immagine di un toro con la testa umana barbuta sul diritto, mentre sul rovescio è impressa la figura della dea Athena, con un grappolo d’uva pendente dal collo. Quest’ultimo è un dettaglio fondamentale in quanto attesta la tradizione viticola presente in questa zona. Athena assicurava, infatti, la raccolta dell’uva alle popolazioni locali e simboleggiava l’Enotria tirrenica, mentre l’animale era simbolo della Magna Grecia Jonica. Con molta probabilità la scoperta si può datare intorno alla metà del V secolo a.C., o al massimo agli inizi del IV. La conoscenza, dunque, è fondamentale così com’è decisivo un confronto con gli anziani che, nel corso degli anni, frequentavano la montagna per ragioni legate al pascolo. Le ricerche sono ancora in corso e si spera che restituiscano maggiori informazioni, così da approfondire la storia della terra calabrese.
