Francesco d’Assisi: simbolo di pace, unità e identità per l’Italia di oggi

Convergenza di tre diversi progetti, la legge “Istituzione della festa nazionale di San Francesco d’Assisi” è stata approvata pressoché all’unanimità alla Camera il 23 settembre e al Senato il 1 ottobre. Un gradito ritorno, come già fu per l’Epifania e il 2 giugno, tutte feste abolite nel 1977 per l’austerity: in realtà opportune festività fanno aumentare, non diminuire la produttività. Ma la circostanza è molto significativa. Non soltanto perché il prossimo anno, quando la legge produrrà i suoi effetti per la prima volta, celebreremo gli ottocento anni dalla morte del (com)patrono d’Italia. Perché tale fu fortemente voluto da Pio XII nell’intento, appena eletto Papa, di scongiurare la guerra. Decise di indicare come patroni due figure, Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, che potessero esprimere il sentimento di pace della grande maggioranza degli italiani, conculcati dalla dittatura fascista alleata del regime nazista. Era il 18 giugno 1939. Nel breve apostolico Licet commissa il Papa scrive: “Senza alcun dubbio ciò si deve affermare di S. Francesco d’Assisi e di S. Caterina da Siena, che, italiani ambedue in tempi straordinariamente difficili, illustrarono, mentre vivevano, con nitido fulgore di opere e di virtù e beneficarono abbondantemente questa loro e Nostra patria, in ogni tempo madre di Santi”. Con il linguaggio di quasi un secolo fa, è un testo ancora vivo rilanciato in questi giorni, quando il presentatore del progetto di legge ha ricordato la definizione di Vincenzo Gioberti, uno dei grandi esponenti del Risorgimento cattolico, “il più italiano dei santi, il più santo degli italiani”. “Tempi straordinariamente difficili”: allora certo più di ora, ma il concetto è chiaro. Una figura, Francesco d’Assisi, robusta, forte della sua fragilità, che appartiene a tutti, senza alcuna barriera. In questi tempi difficili allora può essere – insieme con Caterina, come opportunamente è stato ricordato nel vivace e ricco dibattito alla Camera e al Senato – una ispirazione per tutti: per essere creativi, aperti, vivaci. Francesco non è un santino dei buoni sentimenti, un santo buonista e scontato dell’amore irenico. È un grande stimolo ad uscire dalle certezze, a spogliarsi delle superfetazioni ideologiche, delle pseudoricchezze e puntare a ciò che conta, sintonizzandosi sui processi storici che cominciano. A fare i conti con i propri limiti e a trarre a questi nuova forza. Per i cristiani in particolare questo significa dialogare con tutti consapevoli della propria identità, testimoniare e vivere una fede piena. Per tutti guardare avanti e non indietro, sviluppare vincoli veri tra persone e comunità, senza frontiere. Ritrovare in termini anche istituzionali il proprio patrono per tutti gli italiani di tutte le provenienze può allora essere una occasione di bene e anche di bello, riferendosi ad un grande ispiratore di arte e al primo grande poeta nella nostra lingua.

. fonte: AgenSIR