Evangelizzare con un click… basta?

Le reti devono diventare quel luogo in cui si instaurano relazioni vere e autentiche basate sull’ascolto della Parola di Dio

Chiesa, strumenti digitali, utenti finali. Un trinomio originale, interessante, moderno, assolutamente imprescindibile e, per certi versi, vitale per una realtà come quella della Chiesa chiamata a stare in mezzo alla gente, ad andare incontro, ad “uscire dalle proprie mura”. La Chiesa è sempre stata immersa nel mondo della comunicazione, perché è la sua storia che la proietta in un circuito fatto di relazioni e di dialogo continuo e costante. Il decreto Inter mirifica, promulgato il 4 dicembre 1963, diede una svolta decisiva alla riflessione ecclesiale sulla comunicazione massmediale, inaugurando un percorso sempre più in salita per la Santa Sede, destinata a ritagliarsi uno spazio consistente nel mondo dell’informazione. Oggi c’è bisogno di un’evangelizzazione cristiana che sia veramente coraggiosa, che corra su binari nuovi e batta strade sconosciute, perché “stare al passo con i tempi” è obbligatorio per infondere il messaggio di Cristo nella mente e nel cuore delle persone. Internet è un “continente” con una sua cultura – quella digitale – che richiama l’attenzione di tutti. Usare le emoticon come “alter ego” delle emozioni, immaginare mondi alternativi con la realtà aumentata e tentare di “superare i limiti umani” con l’IA sono ormai dei “must”, per chiunque voglia imporsi in qualsiasi settore pubblico e privato. Gli operatori pastorali sono anch’essi colpiti da quest’ondata rivoluzionaria, che li trascina in un universo reticolare iperconnesso nel quale il flusso informativo è in perenne trasformazione. Per sopravvivere in questa nuova dimensione, portando avanti il loro compito legato all’annuncio del Vangelo, gli evangelizzatori devono “parlare” i linguaggi moderni e adottare gli strumenti che plasmano la nostra quotidianità: dai social network a youtube, dai blog alle app, da tiktok a instagram. Un punto focale, tuttavia, è accertarsi che questi mezzi possiedano tre caratteristiche: autenticità, testimonianza e comunione. La Chiesa, tramite i suoi “missionari digitali” che navigano sul web, invita i fedeli a riflettere sul tipo di umanità presente in Internet. Le connessioni virtuali devono diventare quel luogo in cui si instaurano relazioni vere e autentiche basate sull’ascolto della Parola di Dio, sul discernimento e sulla ricerca della verità. Nel moderno areopago digitale chi crede deve farsi testimone dell’Altissimo, deve concretizzare il Vangelo nelle sue azioni abituali e – come disse anni fa Benedetto XVI – deve trasformare le reti sociali in “porte di verità e di fede”, facendo sì che il messaggio divino raggiunga il maggior numero di utenti. In questo modo il continente online diventa – come pensava il Papa tedesco – un “ambiente da abitare” che travalica la distinzione tra virtuale e reale, visto che ciò che si scrive o si commenta sulle piattaforme ha, inevitabilmente, ricadute sul quotidiano. La partecipazione massiccia ai social network, inoltre, chiama in causa il concetto di comunione e il desiderio di stare insieme con integrità e onestà. Se si vuole far breccia nella vita dei credenti, inducendoli a meditare sulla religione, bisogna impostare una pastorale che non si limiti a strappare “like” a immagini di Cristo, della Madonna o dei santi pubblicate sulle pagine web o sulle piattaforme interattive. Ciò che conta veramente è che la presenza cattolica, negli spazi digitali, diventi sempre più incisiva e insistente affinché gli insegnamenti di Gesù non vadano persi, dinnanzi ad una deriva individualista che sta paralizzando l’anima e sta spingendo l’uomo a interessarsi solo alle questioni materiali, sottovalutando quelle trascendentali. I mezzi tecnologici devono fungere da sussidi per ampliare e non per sostituire, perché la fede ha bisogno del faccia a faccia, del contesto reale e dell’ambito culturale nel quale maturare. Nella Lettera Apostolica “Disegnare nuove mappe di speranza”, papa Prevost scrive che “le tecnologie devono servire la persona, non sostituirla: devono arricchire il processo di apprendimento, non impoverire relazioni e comunità”. “Per abitare questi spazi occorre creatività pastorale” – si legge nel documento – e ciò che fa la differenza è usare questi nuovi ausili per preservare la dignità, la giustizia e il lavoro. Catechizzare sul web significa quindi “esserci” come discepoli del Maestro, portando la sua presenza dappertutto e a chiunque, visto che lui non si faceva alcun problema ad incontrare tutti. Il primo compito dell’evangelizzazione digitale è vivere di Gesù, crescere nel rapporto con lui, perché egli si racconta a noi. La rete deve servire non per mostrarsi ma per trasmettere, deve essere un luogo di contatto tra cuori, deve guarire dalla solitudine. I post vanno elaborati per incuriosire e spingere le persone a fare esperienze reali, andando oltre i contatti virtuali. Durante il Giubileo dei Missionari digitali e degli influencer, tenutosi il 27 e il 28 luglio, papa Leone XIV ha ribadito l’alto valore educativo della missione svolta da questa categoria di lavoratori: essere “agenti di comunione” nonché soggetti in grado di rompere le logiche della divisione e dell’egocentrismo. I social, quindi, non devono essere un fine ma un mezzo per arrivare ai cuori, facendo sì che ognuno racconti la sua storia mettendosi nelle mani di Dio. Nella realtà telematica la Chiesa deve mostrarsi per quella che è: un casa aperta a tutti, accogliente, che va incontro agli altri, che semina speranza per far sbocciare la fede, che unisce. Internet – disse papa Bergoglio – è un “dono di Dio” ma “occorre che la connessione sia accompagnata da un incontro vero”. C’è bisogno di tenerezza per garantire “la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione”. Si deve puntare – come disse Francesco in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2014 – alla creazione di una “rete digitale di umanità” fatta “non di fili, ma di persone”, in cui possa realizzarsi una comunicazione genuina, sincera, semplice, fatta di spirito e di umanità.