Chiesa
Cei: nota pastorale, “l’Irc è una proposta libera e formativa”
A quarant’anni dall’Intesa del 1985, la Cei pubblica una nuova Nota pastorale sull’Irc. Oltre l’80% degli alunni si avvale, aumentano gli insegnanti stabili. Il card. Zuppi parla di “cambiamento d’epoca”. Il documento sottolinea pluralismo religioso e alleanze educative tra scuola, famiglia e Chiesa come risposta alle sfide culturali e sociali
A quarant’anni dall’Intesa del 1985, la Cei propone una lettura aggiornata dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana. La Nota pastorale approvata dalla 81ª Assemblea generale ad Assisi (17-20 novembre 2025) colloca l’Irc in un contesto attraversato da mutamenti rapidi: flussi migratori, pluralismo religioso, secolarizzazione crescente, intelligenza artificiale. “Non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”, osserva il card. Matteo Zuppi nella presentazione, espressione che Papa Francesco e Papa Leone XIV hanno reso emblematica per leggere il tempo presente. Il documento sottolinea che “l’Irc ha saputo aprirsi al confronto e al dialogo proprio grazie all’identità che lo contraddistingue”, mantenendo attenzione alle radici culturali e religiose del Paese e riconoscendo allo stesso tempo il valore educativo della presenza di tradizioni differenti nelle classi.
L’Irc è presentato come percorso che aiuta gli alunni, anche quelli provenienti da altre fedi, “ad avere consapevolezza del patrimonio culturale e religioso del nostro Paese”.
Degno di nota il fatto che non solo studenti cattolici, ma anche giovani indifferenti o non credenti scelgano di avvalersene, segno della percezione di una proposta che si misura con le domande di senso presenti nelle nuove generazioni.
Dinamiche scolastiche e ruolo degli insegnanti
La Nota richiama la natura dell’Irc come “scelta di libertà”, confermata da una partecipazione che supera l’80% degli alunni a livello nazionale. “La scelta di avvalersene non è una dichiarazione di fede o di appartenenza alla Chiesa cattolica, ma una richiesta di formazione scolastica su temi religiosi”, chiarisce il documento, sottolineando la dimensione culturale e educativa di questo insegnamento. L’apprezzamento per l’Irc è legato anche al lavoro degli insegnanti di religione, in gran parte laici, uomini e donne, che entrano nella scuola con quello che il testo definisce “lo spirito del Concilio Vaticano II”, per animare dall’interno una realtà mondana ed essenzialmente laica. I concorsi del 2024 hanno consentito di avere “figure più stabili e radicate”, elemento che rafforza il ruolo educativo di una disciplina spesso riconosciuta “per il contributo umano e culturale all’insieme della comunità scolastica”.
La Nota non trascura gli elementi critici che ancora caratterizzano l’applicazione dell’Irc: collocazioni orarie non favorevoli, applicazione non uniforme della normativa specifica, possibilità per gli studenti più grandi di lasciare l’istituto durante l’ora di religione privandosi di un’occasione formativa.
Questi aspetti vengono tuttavia interpretati alla luce di un quadro complessivo nel quale “superiori alle criticità sono comunque i segnali di vitalità”, che emergono nei processi di integrazione con una scuola sempre più multietnica e plurale.
Prospettive e responsabilità condivise
La conclusione del documento richiama la responsabilità della Chiesa locale nell’accompagnare l’Irc, invitando a “riconoscere e rispettare la specificità istituzionale dell’Irc guardando con simpatia al lavoro quotidiano degli insegnanti”. Agli Idr viene ricordato che “devono sentirsi membri attivi della comunità cristiana”, richiamo che intende ribadire la natura ecclesiale della loro missione pur svolta all’interno dell’istituzione scolastica.
La Nota si concentra poi sull’urgenza di nuove “alleanze educative” tra famiglia, scuola e comunità ecclesiale, riconoscendo che solo attraverso un’efficace collaborazione di tutte le componenti sociali sarà possibile contrastare i persistenti fenomeni dell’abbandono e della dispersione scolastica.
Il proverbio africano citato nel testo – “per educare un bambino ci vuole un villaggio” – diventa chiave di lettura per interpretare il contesto attuale, segnato da fragilità sociali, disorientamento e frammentazione delle reti educative. L’Irc è descritto come luogo che può contribuire a dare continuità a una tradizione culturale condivisa, offrendo strumenti per leggere le trasformazioni del presente senza perdere la consapevolezza delle radici. “Gli Idr devono sapere che a scuola non sono mai soli ma hanno accanto tutta una comunità che con loro collabora”, sottolinea la Nota, indicando un investimento educativo che riguarda l’intera Chiesa. “A essere in gioco è la sussistenza di un patrimonio di valori spirituali, culturali ed educativi prezioso per il domani delle nuove generazioni e per il futuro del nostro Paese”, conclude il documento.
Diaco (Cei) al Sir, “competenza e passione educativa per parlare a mente e cuore dei ragazzi”
“La nota dei vescovi italiani esce nella ricorrenza dell’Intesa tra il ministero dell’Istruzione e la Cei che, 40 anni fa, ha rinnovato la presenza dell’insegnamento della religione (Irc) nella scuola. Non è però la celebrazione di un anniversario, bensì un modo per riaffermare il valore di questa disciplina nel contesto attuale”: lo spiega al Sir Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei. “Il cambiamento epocale che stiamo attraversando – prosegue – rende infatti quanto mai preziosa un’esperienza come quella dell’Irc che presenta la bellezza di un patrimonio di valori e di cultura e promuove il dialogo come metodo educativo”.
Per il direttore dell’Ufficio Cei, “nelle parole dei vescovi leggiamo anche la gratitudine e la fiducia nei confronti degli insegnanti di religione per il servizio che svolgono nella scuola e per la scuola. Un servizio molto impegnativo e non sempre compreso nella sua identità, ma anche diffusamente apprezzato da tutte le componenti della scuola, a cominciare dagli studenti stessi e dalle loro famiglie”.
Alla domanda su che cosa debba puntare oggi un docente di religione per suscitare e mantenere l’interesse per la materia e, se possibile, trasmettere un messaggio educativo “forte”, Diaco replica: “Tante cose sono cambiate nella scuola in questi anni, ciò che rimane un punto saldo per l’insegnante di religione è la relazione educativa. Non solo con l’intera classe, ma con ciascun alunno: ascoltandolo, valorizzando la sua presenza e responsabilizzandolo nel lavoro didattico. Nel docente di Irc la competenza professionale e la passione educativa si incontrano per offrire ai bambini e ai giovani un patrimonio vivo, che parla anche oggi alla loro mente e al loro cuore”. L’interesse per la materia, conclude, “nasce nei ragazzi quando riconoscono in chi sta loro davanti un adulto significativo e quando scorgono nei diversi contenuti dell’Irc qualcosa che può aiutarli a crescere”.
