Cultura
L’idea di pace per Bonhoeffer
Per il filosofo i veri cristiani portano la pace di Dio compiendo azioni concrete e rischiose nel mondo
La Striscia di Gaza e l’Ucraina sono due polveriere sempre accese, verso cui il mondo intero sta puntando l’occhio ormai da molto tempo. Tra fragili tregue per la liberazione dei prigionieri, minacce continue, bombe e missili sganciati in qualsiasi momento, meeting politici farlocchi e dubbie prese di posizione, la pace sembra ancora lontana. Quella pace “disarmata e disarmante” di cui parla papa Leone XIV, tema della prossima Giornata mondiale della pace 2026, può trionfare se si fanno prevalere il diritto, la mediazione e il dialogo, cercando una rinascita a partire proprio dalle macerie e dal dolore. Alla pace devono concorrere le istituzioni pubbliche e private ma anche le comunità religiose, chiamate in primo luogo a lavorare per la conciliazione tra i popoli partendo dalla fede. Qui ci viene in aiuto, tra i tanti intellettuali che hanno parlato di pace, Dietrich Bonhoeffer, il “bravo teologo protestante”, come lo definì papa Francesco, nonché un modello di riferimento esemplare per Benedetto XVI. Nato nel 1906 a Breslavia (allora in Germania, ora parte della Polonia) da una famiglia dell’alta borghesia, e ucciso dai nazisti nel campo militare di Tegel il 9 aprile 1945, Dietrich fece della fede la sua arma migliore per opporsi al male dei totalitarismi. In prigione scrisse testi e appunti raccolti in opere postume come “Resistenza e resa. Lettere e appunti dal carcere”, data alle stampe nel 1951, in cui mette in risalto la sua idea di “resistenza attiva” vissuta da chi accetta la sofferenza vivendola sulla sua pelle come ha fatto Gesù, consapevole che il bravo cristiano si divide tra impegno pastorale e opposizione attiva al male. Ne La vita comune, stesa nel 1938 ma pubblicata nel 1972, il teologo tedesco ricorda che la vera comunione cristiana è in Gesù Cristo, che la Chiesa non scende a patti con il conformismo e che il fedele resta sempre saldo nei suoi principi. I suoi studi teologici, il suo servizio pastorale presso la chiesa luterana della comunità tedesca di Barcellona e il suo interesse per l’ecumenismo lo rendono particolarmente incline alla questione della pace. Bonhoeffer tenne una conferenza nel 1932 dal titolo “Cristo e la pace”, nell’ambito del gruppo di lavoro ecumenico dell’Associazione cristiano-tedesca degli studenti (Deutsche Christliche Studentenvereinigung). Di tale conferenza ci resta traccia grazie agli appunti presi da un suo studente, Jürgen Winterhager, futuro docente di ecumenismo, afferente al gruppo di Berlino che si opponeva a Hitler. Non può esistere – secondo Dietrich – una “pace assicurata” e organizzata per intervento politico, perché ciò spianerebbe la strada al potere di qualche autocrate, che priverebbe di libertà la povera gente. Bonhoeffer sostiene che “finché il mondo farà a meno di Dio, le guerre ci saranno”. Solo il “cristiano può osare la pace a partire dalla fede” – dice il pensatore – andando incontro al nemico per mezzo della preghiera rivolta a Cristo, da cui proviene il modello più alto ed esemplare di pace autentica testimoniata dal suo Vangelo. Il cristiano deve porsi alla sequela del Signore, sfoderare l’arma più potente che consiste nell’avere una fede semplice, ubbidiente e ragionevole, deve agire nella quotidianità e “annunciare la pace a partire dall’amore, non per perseguire la sicurezza o uno scopo politico”. Il libro Resistenza e resa espone l’idea di Bonhoeffer secondo cui le persone “salde” sono coloro le quali non hanno come unico criterio la propria ragione, ma che trasformano la propria vita in una risposta alla domanda e alla chiamata di Dio, gettando così semi di speranza. Da qui deriva una vera e propria “etica della responsabilità”, che non richiede posizioni passive di semplici spettatori, ma un coinvolgersi attivamente nel mondo per la salvezza altrui. Com’è ben spiegato negli scritti inediti raccolti nel testo intitolato La fragilità del male (2015), “essere in pace e portare pace vuol dire mettersi sempre all’ascolto ed essere pronti ad obbedire”. Pace non intesa come mettersi al sicuro e proteggersi, ma “abbandonarsi completamente al comando di Dio, affidare alle mani dell’Onnipotente la sorte di popoli e non volerne disporre a proprio arbitrio”. Il pensiero di Bonhoeffer è così attuale da insegnarci che solo ponendoci sotto la croce, da cui derivano misericordia, gioia e fede autentica e semplice, la riconciliazione può trionfare in un mondo in guerra con se stesso.


