Territorio
Biafora è lo chef “sorpresa dell’anno”
Il premio è stato conferito dalla Guida 2021 dei ristoranti d’autore Identità Golose

La Sila non smette mai di stupire. Un museo a cielo aperto dove convive la biodiversità. C’è chi, come Antonio Biafora, ha deciso di investire tra alberi secolari, specchi d’acqua cristallina e l’aria più pulita d’Europa. La generosità si coglie nelle mille sfumature di una terra che regala materie prime eccellenti: dai funghi, di cui i boschi sono ricchi, per passare alla carne e ai formaggi. E poi gli ortaggi e le erbe aromatiche che lo chef Biafora coltiva personalmente nell’orto biologico di 600 metri quadrati che si estende su due livelli. E la Sila si sente: è nel nome del ristorante, Hyle, e nei piatti che dialogano con il territorio. In tasca la laurea in Scienze turistiche, “classe 1985, è la terza generazione di una famiglia che propone buon cibo e accoglienza da quasi mezzo secolo, sulla Sila. Talento tardivo ma cristallino, ha iniziato come uomo di sala, poi si è portato ai fornelli mostrando le sue capacità. Hyle è una scommessa ambiziosa, subito convincente”, è la motivazione della Guida 2021 di Identità Golose che ha designato lo chef Antonio Biafora come “sorpresa dell’anno”. Lo abbiamo intervistato.Lei è figlio e nipote d’arte. Diventare nume dei fuochi è stato naturale oppure immaginava una vita diversa?In realtà mi sarebbe piaciuto diventare direttore d’albergo.Cosa raccontano i suoi piatti?Raccontano la Sila, le persone che ci lavorano, i fornitori, i contadini, gli allevatori, gli artigiani. Il mio territorio fondamentalmente.Piatti che sono una storia da raccontare…Assolutamente. Noi proponiamo due menù degustazioni e ogni menù racchiude una storia. Ogni piatto, dal primo all’ultimo, è collegato da un filo. I menù risentono della stagionalità: Chjùbica, ad esempio, prende il nome dalla vecchia strada che collegava Paola a Crotone, quindi il menù racconta questo percorso tra i due mari passando dalla Sila; il secondo, Pùzaly, un termine che deriva dal greco e significa ‘appiccicoso’, quindi riguarda la via della pece.Generalmente si crede che per dare vita ad un buon piatto siano sufficienti tecnica e qualità delle materie prime. Senza cultura, però, non si va lontano…No, assolutamente, altrimenti saremmo scienziati o dei produttori di materia prima; invece il cuoco va oltre: il suo compito è prendere la cultura della generazione passata e trasferirla a quella successiva rendendola contemporanea. Il suo ristorante ha spento la prima candelina, che anno è stato?Un anno molto strano, abbiamo lavorato circa 6-7 mesi, non abbiamo fatto un anno intero di lavoro.Un ristorante con solo quattro tavoli, una scelta particolare…Sì, una scelta particolare. I tavoli sono situati in cucina, una scelta fatta per abbattere il muro che divide il cuoco dal commensale. È come se il cliente fosse parte del processo creativo del cuoco, e il cuoco si sente obbligato a fare un buon lavoro proprio perché è di fronte al cliente.Un anno difficile, la parola chiave è stata resilienza?La parola chiave è sempre stata Hyle.Perché il nome Hyle? Hyle significa ‘materia’, così chiamarono la Sila i Greci. I piatti che proponiamo fanno parte della nostra cultura, siamo silani prima ancora di essere calabresi. Il termine hyle è stato coniato da Aristotele e significa materia, nel momento in cui i Greci sono sbarcati sulle nostre coste e hanno iniziato a scoprire l’entroterra, vedendo l’abbondanza di legna, quindi di materia, hanno iniziato a chiamarla hyle; poi con la cultura latina è diventata Silva e quindi Sila. Se fosse un piatto, quale sarebbe?Spaghetti al pomodoro, un piatto semplice ma non banale.La guida 2021 di Identità golose l’ha designato “sorpresa dell’anno”, un riconoscimento prestigioso…Sì, Identità golose è una delle guide più prestigiose in Italia e nel mondo. Essere “sorpresa dell’anno” è un riconoscimento importantissimo non solo per Hyle e per me, ma per tutto il territorio, perché riuscire a portare gente in Calabria è tra i nostri obiettivi.Quali i progetti per il futuro?Prima della chiusura a causa del lockdown stavamo mettendo in piedi un laboratorio di sperimentazione all’interno del ristorante. Hyle è già di per sé un laboratorio, ma all’interno di Hyle far ritagliare un piccolo angolo, anche questo visitabile, ci offre l’opportunità di portare avanti progetti a lungo termine come le fermentazioni e tutto ciò che ci incuriosisce.