Ratzinger e il sapere della fede

La scienza ha dei limiti perché non può spiegare tutto ciò che riguarda l’identità dell’uomo

Dopo un brevissimo conclave, il 19 aprile 2005 il cardinale Joseph Ratzinger venne eletto il 265° Papa della Chiesa cattolica. Fine teologo e grande studioso, mostrò una grande capacità di ascolto e di predicazione su temi religiosi e di estrema attualità. Benedetto XVI fu membro dell’Accademia delle Scienze, grazie alla nomina conferitagli da Giovanni Paolo II. Salito al Soglio pontificio, Ratzinger aprì le porte di questo storico ente a 13 nuovi esperti tra i quali i luminari Aaron Ciechanover, Francis S. Collins e Cesare Pasini. Il Pontefice tentò di conciliare la rivelazione cristiana con la teoria dell’evoluzione, partendo dal presupposto che fede e scienza non sono tra loro inconciliabili. Durante la messa celebrata in occasione dell’inizio del suo ministero petrino, il 24 aprile 2005, il vescovo di Roma affrontò, tra le altre cose, il tema dell’evoluzione in rapporto alla condizione dell’uomo, dicendo che: “Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario”. Cercò di sfatare l’idea positivista di un’esistenza irrazionale, che è solo il risultato di una cieca casualità. Il Papa teologo sottolineò, in più occasioni, che la rivelazione contiene in sé il concetto dell’uomo come di essere che interloquisce con Dio. Un aspetto, quest’ultimo, di fondamentale importanza al quale la teologia moderna deve riservare il giusto peso, al fine di creare una perfetta armonia tra ragione e credo. Nel discorso tenuto all’Accademia delle Scienze il 6 novembre 2006, in occasione della sessione plenaria sul tema “La prevedibilità nella scienza: accuratezza e limiti”, Benedetto dichiarò che “il lavoro di prevedere, controllare e governare la natura, che la scienza oggi rende più attuabile rispetto al passato, è di per se stesso parte del piano del Creatore”. La scienza, tuttavia, presenta vari limiti dovuti alla sua incapacità di spiegare tutti i bisogni esistenziali dell’umanità, in particolare i valori e la dimensione etica. Secondo il Papa, le conclusioni a cui possono pervenire gli scienziati devono essere “guidate dal rispetto della verità e dall’onesto riconoscimento sia dell’accuratezza sia degli inevitabili limiti del metodo scientifico”. Ratzinger scrisse nel suo testamento spirituale, divulgato dopo la sua morte, che è necessario “rimanere saldi nella fede” e non lasciarsi “confondere”. Nello stesso documento propone il concetto della “ragionevolezza della fede” ribadendo che, nel confronto con il progresso, la religione ha compreso i limiti delle proprie affermazioni ma, al contempo, nel dialogo con la teologia, tante ipotesi empiriche sono vacillate e tante certezze contro la fede sono svanite. Si comprende che il Pontefice ebbe un rapporto aperto ma conflittuale con la scienza, un rapporto spesso confuso a causa della sua intransigenza dogmatica mal digerita dal pluralismo scientifico. Fu criticato per la sua tesi circa la sottomissione della “ragione ristretta” di stampo scientifico alla “ragione estesa” coincidente con la fede, che avanzò all’incontro con i rappresentanti della scienza a Ratisbona nel 2006, in occasione dell’incontro avente per tema “Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni”. Per il Papa si è irrazionali se si accetta la natura materiale senza la sua corrispondenza con lo spirito che la sovrasta. Nell’enciclica Spe Salvi, pubblicata il 30 novembre 2007, viene ribadita la limitatezza della sola ragione senza la fede e viene condannato l’illuminismo. Si legge, infatti, nel testo che “la ragione ha bisogno della fede per arrivare ad essere totalmente se stessa: ragione e fede hanno bisogno l’una dell’altra per realizzare la loro vera natura e la loro missione”. Il messaggio che il Papa tedesco tentò di lanciare è che il cristianesimo è in grado di dialogare con ogni forma di pensiero e di cultura, mantenendo sempre la sua identità definita dalle sue origini. Il suo intento è stato quello di proporre una teologia intesa come “sapere della fede”, che si nutre da un lato della tradizione ecclesiastica, dall’altro cerca di tenere testa ai quesiti che riguardano da vicino l’uomo contemporaneo. La sintesi di tutto è Cristo Gesù, che si lega al trascendente quindi al Padre ma che volge lo sguardo all’immanente, facendosi carne.