Chiesa
Acutis ci insegna che la santità è per tutti

“Un ragazzo normale, ma con un cuore eucaristico”, dice al Sir il rettore del santuario della Spogliazione, dove riposa l’adolescente milanese. Sulla sua tomba arrivano pellegrini da tutto il mondo, anche dalla Cina
Tutta la Chiesa di Assisi vive con grande trepidazione e fede in attesa di poter chiamare santo Carlo Acutis, che riposa nel santuario della Spogliazione, dopo la canonizzazione, prevista domenica 7 settembre. In 800 dalla diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino prenderanno la mattina presto il treno appositamente organizzato per partecipare al rito presieduto da Leone XIV e tornare la sera a casa. “Sarà una bellissima esperienza di Chiesa”, dice al Sir padre Marco Gaballo, rettore del santuario della Spogliazione di Assisi.
Padre Marco, come si stanno vivendo questi giorni al santuario dove riposa il corpo di Carlo?
Sono giorni che cerchiamo di rendere il più ordinari possibili ma non lo sono perché c’è molta affluenza e tanta partecipazione. Adesso c’è un clima di maggiore attesa, fino alla settimana scorsa c’è stato tantissimo afflusso un po’ da tutto il mondo.
Quest’estate ci sono stati più pellegrini?
Sì, sono molto aumentati. Io sono qui dal 2023: nel 2024 c’è stato quasi il doppio delle persone dell’anno precedente e nel 2025 sono giunti ancora più pellegrini dell’anno scorso.
Pensa che abbiano inciso sia il Giubileo sia la canonizzazione di Carlo?
Sicuramente, ma, oltre a questi eventi importantissimi, crescono anche le attività al santuario della Spogliazione. Penso, ad esempio, al Premio internazionale Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per un’economia della fraternità, che sostiene quei progetti che promuovono l’economia nelle aree depresse del mondo in modo non assistenziale ma coinvolgendo soprattutto i giovani. C’è un forte incremento dei Paesi partecipanti e tanti progetti in più da seguire.
Cosa chiedono i pellegrini che vengono al santuario?
Ci sono gruppi che chiedono semplicemente di fare un momento di preghiera in silenzio o poco più e altri che chiedono delle catechesi diffuse; altri ancora che chiedono dei cammini più lunghi: quando ci rapportiamo, ad esempio, con le diocesi, con le pastorali giovanili, facciamo anche un anno di percorso. Poi ci sono le visite di vescovi, cardinali.
Il santuario accoglie tutti, dai porporati a quelli che non sanno chi è Carlo e a quelli che sono in ricerca di Dio.
Qual è l’età prevalente dei pellegrini, pur in tutta questa diversità?
La grandissima parte sono giovani, dall’età dei sacramenti e a quella dell’Università o di giovani famiglie. In generale, l’età media dei nostri pellegrini è bassissima, sia perché è scomodo arrivare, non c’è parcheggio, è tutto in salita, l’accesso è difficile ad Assisi, sia, ovviamente, per la presenza di Carlo che è un attrattore soprattutto delle fasce giovanili di pellegrini.
Anche dopo l’annuncio del miracolo che porterà alla canonizzazione di Carlo, vi arrivano nuove attestazioni di grazie e miracoli?
Arrivano moltissime testimonianze di un cambiamento di vita oppure di eventi che non si possono definire propriamente un miracolo, ma che succedono dopo aver pregato Carlo: ad esempio, ci ha scritto una coppia che da 17 anni non riusciva ad avere figli; dopo la novena la moglie è restata incinta. La coppia attribuisce all’intercessione di Carlo questa nuova vita e la vive come un dono.
La gente sente vicino il futuro San Carlo Acutis?
San Carlo è una figura che dà energia, forza, fiducia. Una persona che sta vivendo una situazione difficile di salute o familiare che viene qui da Carlo non vede tutti i problemi risolti magicamente, ma trova la forza per stare nelle proprie difficoltà. Questo mi pare un miracolo grande, anche se non lo possiamo classificare come “miracolo”. Tutti i giorni, dalla mattina alla sera, avvengono queste grazie spirituali trovando qui un luogo di ricarica, di forza nella fede. Mi colpisce anche che le persone che vengono in santuario sono molto attente e rispettose, anche quelle meno attrezzate spiritualmente. A luglio abbiamo avuto 7/8mila ragazzi del giorno che venivano, la sera facevo il giro e trovavo due carte per terra: questa cosa mi ha colpito perché non è normale che passano 8mila ragazzi e resta tutto pulito la sera; per me è una testimonianza di fede, di attenzione. Nessuno dei ragazzi entra qui con il cellulare, sono tutti segnali importanti.
Ci sono anche molti stranieri che vengono in santuario sulla tomba di Carlo?
Sì, da quando ho cominciato il servizio qui, mi sono accorto che arriva tutto il mondo senza esclusione. Nei primi tempi il vescovo mi ricordava che essendo Carlo beato era un culto locale, ma ci sono stati pellegrini da tutto il mondo da sempre: abbiamo avuto dei gruppi dalla Cina, dalla Mongolia, dal Burundi, dal Sud America e dagli Stati Uniti dove, tra i lontani, c’è una maggiore devozione per Carlo, ma anche dall’Australia. Mi ha colpito tantissimo la celebrazione delle messe in cinese.
Carlo è un santo che parla a tutte le latitudini?
Sì, anche in Asia il culto si è diffuso senza che ce lo portassimo. Un confratello in India mi ha scritto che è stata aperta una cappella dedicata a Carlo.
In India, anche in zone di campagna, ci sono queste piccole parrocchie dove Carlo è conosciuto e c’è devozione nei suoi confronti.
Cosa dice oggi Carlo Acutis alle persone di fede e a quelle in ricerca, secondo lei?
Carlo ha chiaramente un legame molto esplicito con San Francesco e Santa Chiara. Pur non appartenendo a un gruppo francescano ufficiale come la Gifra, ha trovato il suo riferimento spirituale in Francesco e Chiara, tanto da voler essere sepolto ad Assisi. Ma Carlo è anche un ragazzo “normale”, come ha ripetuto spesso Papa Francesco. Infatti, Carlo condivideva tutte le cose che un adolescente ama: tutti gli sport, la pallavolo, il nuoto e il calcio, il computer e la passione per l’informatica, l’amore per gli animali, gli piacevano tanto i cani, tanti amici, un carattere molto positivo, molto estroverso, una persona molto sorridente, a scuola un ragazzo molto vivace, molto intelligente. Tutta una serie di cose che lo rendono in realtà molto vicino a tutti i ragazzi di oggi e di come eravamo noi da adolescenti. Nello stesso tempo, Carlo presenta anche delle unicità: non è normale che un bambino fa la comunione in anticipo e va a messa tutti i giorni della sua vita fino alla morte.
Carlo ha un cuore proprio eucaristico, ha un’idea di Gesù come l’unico amore del cuore, al centro della propria interiorità, del proprio desiderio.
Il desiderio del Cielo come l’ha avuto Carlo in un bambino così piccolo è singolare, nel senso che anche San Francesco lo ha avuto ma dopo i 25 anni. Dunque, Carlo rappresenta un giovane normale che però aveva un’interiorità eucaristica tutta rivolta a Cristo e al Vangelo. Se il Signore lo ha eletto, c’è un messaggio per noi “eucaristico”, cioè di riconsiderare l’Eucaristia in modo diverso: forse l’abbiamo resa troppo un dovere, invece Carlo fa un discorso proprio di amore, di intensità, di desiderio. Non andava per obbligo a messa, è testimone dell’amore per Gesù, di una prassi eucaristica impegnata e quindi di una vita eucaristica, oltre al suo amore per Maria e al suo impegno per i poveri, pure quello è molto particolare in un ragazzo piccolo.
Carlo mostra la bellezza di una Chiesa eucaristica che pone al centro Gesù?
Credo che piacesse molto a Papa Francesco – e questo probabilmente ne ha anche accelerato tanto l’iter del processo di beatificazione e canonizzazione – è il fatto che
Carlo ha mostrato che l’essere completamente di Gesù non toglie niente delle cose buone della vita.
Forse noi veniamo da un’idea di santità dove c’è un vecchio frate in una caverna che ha rinunciato a tutto. Carlo, invece, ci sta dicendo che il santo in realtà vive accanto a noi, va su internet, gioca con il computer e con gli amici, non è un musone, è una persona che ha molti aspetti di normalità ma il cuore eucaristico. E funziona molto bene legare Carlo a San Francesco, a cui vogliamo tutti bene ma non è imitabile. La testimonianza di Carlo invece ci fa dire: quello che fa lui lo posso fare anche io, come sorridere a un barbone, dare un aiuto, andare a messa tutti i giorni.
Carlo è in continuità con San Francesco ma ci dice che la santità è possibile.
Carlo, all’inizio dell’anno scolastico, andava alla basilica di San Francesco e sulla tomba affidava i professori e gli studenti al Signore, con l’intercessione di San Francesco: una preghiera al Signore per affidargli l’anno scolastico possono farla tutti i ragazzi, è un atto semplice, non richiede chissà quale ascesi, ma solo il desiderio di aprire la vita al Signore, al Cielo. La vita eucaristica vuol dire questo alla fine ed è una proposta praticabile da tutti. Mi sembra questo un messaggio molto forte e incoraggiante anche per chi ha una vita un po’ più sgangherata.
Gigliola Alfaro