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Venti musicisti calabresi insieme per far ascoltare il bello della nostra terra

Una musica che parla di Calabria

Il maestro Checco Pallone ci racconta l’avventura artistica della Calabria Orchestra

Parole chiave: calabria orchestra (1)
Una musica che parla di Calabria

Più che far “vedere”, il progetto che racconteremo ha l’ambizione di far “ascoltare” il bello della nostra terra. L’avventura della “Calabria Orchestra”, la band made in Calabria nata dalla passione e dal talento di venti musicisti, raccontata dal suo direttore artistico e arrangiatore il M° Checco Pallone.

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Partiamo dall’inizio. Quando e perché nasce Calabria Orchestra?
Nasce nel 2018 come produzione all’interno del “Festival Radicamenti” in sinergia con il comune di Mendicino, che è stato il principale sponsor, il Conservatorio di Cosenza Stanislao Giacomantonio, Calabriasona e, ovviamente, noi musicisti che ne facciamo parte. L’idea era ed è quella di voler fare qualcosa di diverso all’interno di un festival che, solitamente, “acquista” dei prodotti che però sul territorio poi non producono nulla. Quindi il desiderio di promuovere un qualcosa che poi avrebbe potuto camminare con le sue gambe.
Quindi nel vostro progetto c’è anche il tentativo di andare a pescare dei talenti a cui dare la possibilità di mettersi alla prova?
Certo. Abbiamo cercato di mettere insieme il meglio che conoscevamo, anche se siamo consapevoli del fatto che sono tantissimi gli artisti di talento nella nostra regione.
Quanto è stato difficile mettere insieme talenti così diversi dal punto di vista musicale?
Questa è forse la cosa più simpatica e divertente di questa orchestra. Ogni musicista ha un’estrazione diversa, delle peculiarità differenti. Abbiamo il musicista etnico che magari ha sempre fatto musica tradizionale, ma anche musicisti jazz, rock, che suonano la chitarra flamenco… tutti però del territorio calabrese. Ciascuno di loro contribuisce a rendere unico questo meraviglioso collage.
Operazione non semplicissima.
Certo l’operazione non è facile perché devi trovare lo spazio per tutti. Però è molto stimolante. L’esperimento al momento ci sembra riuscito. La strada è quella giusta.
Vi definite come una grande band made in Calabria. Qual è la marcia in più di lavorare in questa regione? Quali sono invece i limiti e le difficoltà?
I limiti e le difficoltà sono quelle che accomunano tutti i progetti ambiziosi che nascono nel nostro territorio. Perché al di là del Comune di Mendicino e del Conservatorio è difficile trovare qualcuno che sostenga anche economicamente l’avvio di un progetto ambizioso. Calabriasona sta provando a fare i salti mortali per promuovere questa orchestra, ma le difficoltà sono soprattutto di natura economica. Anche solo organizzare una sessione di prove per i 20 elementi che vengono da diverse parti della Calabria avrebbe bisogno di un sostegno economico. Messe da parte le note dolenti, i vantaggi sono legati alla possibilità di lavorare con professionisti e persone meravigliose.
Infatti una delle difficoltà di un’orchestra di queste proporzioni e con elementi provenienti da tutto il territorio regionale è legata proprio alla logistica.
Abbiamo musicisti che vengono da Reggio, da Lamezia, da Cosenza. Solitamente ci troviamo a metà strada o nei pressi della zona dove si farà il concerto in modo da ovviare alla difficoltà legata agli spostamenti. Il nostro obiettivo è comunque quello di essere attrattivi e coinvolgenti per tutti i migliori talenti della Calabria facendo in modo che si uniscano al nostro progetto.

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Progetto che è aperto alle minoranze linguistiche e alle “contaminazioni”.
Abbiamo ospitato e coinvolto i grecanici, gli arbëreshë. Hanno suonato con noi anche artisti africani… l’idea è quella della multi etnia, del meticciato, della mescolanza. Insomma anche questo fa parte del nostro obiettivo musicale che, in questo caso, va anche al di là della musica. Una musica che è già meravigliosamente contaminata da tante sonorità che stiamo cercando di rivalutare e tirare fuori in una chiave diversa.
Qual è, quindi, la musica che fate?
È difficile da catalogare, perché i generi normalmente sono sempre una gabbia. È chiaro che la radice è la tradizione. Utilizziamo dei brani tradizionali arrangiati cercando però di sfruttare le capacità di ogni musicista. Il risultato è un dialogo musicale, un intreccio quasi filosofico. Quindi partire dalla tradizione, per riviverle alla luce dell’oggi con sonorità nuove. Utilizziamo un linguaggio “antico”, ma il risultato è molto moderno.
Fare musica è molto difficile, così com’è difficile sfondare in questo settore. Qual è la vostra ambizione?
La nostra orchestra è composta al 90% da professionisti che vivono di musica. L’idea è fortemente lavorativa e sono convinto che questo tipo di operazione fatta in altri territori avrebbe già sfondato. Comunque noi ci siamo e proviamo a portare avanti con entusiasmo questo progetto.
Avete appena inciso il primo disco che arriva dopo un anno e mezzo di lavoro. Di cosa parla?
Parla assolutamente di Calabria. Sono tutti brani calabresi, eccetto l’omaggio a Rosa Balestrieri, una delle più grandi cantautrici siciliane. Parla di Calabria e di Sud in generale. Parla di noi musicisti e del nostro lavoro e lo fa con gli strumenti che conosciamo: la lira, l’organetto, la fisarmonica, la zampogna, la chitarra battente... Parla di noi.
Che titolo avrà?
Ancora non l’abbiamo scelto, ma probabilmente sarà: Orchesta Calabra più un sottotitolo. L’abbiamo registrato dal vivo la scorsa settimana al teatro dell’Acquario a Cosenza e, lo voglio precisare, non si tratta di un’operazione cartolina. La nostra è un’operazione culturale altamente professionale e anche molto rischiosa perché abbiamo la pretesa di puntare in alto.
Allora in bocca al lupo. Continueremo a seguirvi.

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