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Storie di Natale

Le mie feste donate agli ammalati

Il cosentino Michele Malerba è ministro straordinario dell'Eucarestia in Cattedrale.

Le mie feste donate agli ammalati
Michele

Quando incontriamo Michele in ospedale, col camice bianco, è appena uscito dal reparto di oncologia, dove ha distribuito la comunione ad alcuni ammalati. La custodisce con la mano destra, la teca che reca il Corpo di Cristo. Un servizio nella carità che parte da un percorso di fede nella famiglia dei passionisti laici, dentro la quale ha fatto due consacrazioni solenni, in attesa di quella perpetua. Michele Malerba ha 42 anni, è di Cosenza, della parrocchia di Sant’Aniello. “Da tre anni sono ministro straordinario dell’Eucarestia nell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, un portatore di Gesù, anche se a me piace dire che è Gesù che porta me”. Michele ha scelto un luogo di dolore per portare Gesù a Gesù, ma anzitutto per farsi portare. “Ho sentito l’esigenza, la chiamata di andare nella cappella dell’Ospedale, dai padri cappuccini. Così ho iniziato il mio cammino insieme al Signore” – ci dice con fare pacato, ripensando alla sua storia. “È partito tutto dalla morte tragica del papà della mia fidanzata. È in quel momento che ho sentito la chiamata ad andare dai crocifissi e ho iniziato la mia esperienza”. Un impegno che coincide con i giorni che sul calendario hanno il colore rosso. A partire dalle domeniche, dal giorno della Resurrezione di Gesù. “Ho donato tutte le feste al Signore. Presto servizio la domenica, il Natale, San Silvestro, l’Epifania, i giorni di Pasqua”. Forse proprio quella è la festa di Michele, incontrare Gesù in chi vive una situazione di dolore. “Vado da chi sta meno bene di noi. I miei reparti sono gli oncologici, le chirurgie, ma quando c’è bisogno faccio tutti i reparti”. Il bisogno di “portare un po’ di conforto alle persone”, il ringraziamento al Signore per tutte quelle volte in cui “riesco a trovare le parole giuste per un piccolo conforto. Anche soltanto dandogli una mano loro si sentono molto meglio”. L’Eucarestia è farmaco di immortalità, viatico perché l’attimo presente e quello dopo sia un po’ più sereno, rispetto a una degenza in ospedale. Michele impara forse la fede nelle stanze d’ospedale. “Gli ammalati sono i miei maestri, mi danno tantissimo, mi hanno insegnato tantissimo. In me vedono un amico, tanti mi dicono grazie per aver sprecato un po’ del mio tempo con loro. Ma io una cosa voglio dirla: non ho sprecato neanche un secondo, perché andare da loro è andare da Gesù. Loro sono Gesù”. Un testimone di fede è chiamato anche  dare ragione della propria speranza. “Molti mi chiedono dov’è Gesù. Io lo trovo tutte le domeniche dagli ammalati. Gesù mi sta aspettando da loro”.

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