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Nelle curve della storia è la fraternità la grande assente

A Perugia il primo laboratorio nazionale in preparazione al Convegno nazionale di Firenze, sul tema: "Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità e relazioni per un nuovo umanesimo". Emersa la consapevolezza che solo la fraternità, come stile di vita concreto può essere il vero antidoto, anche politico, a tutti gli "ismi" che minacciano la pacifica convivenza tra gli uomini e le religioni.

Nelle curve della storia è la fraternità la grande assente

In un mondo in cui l’Oriente “è in fiamme” e chi può fugge dall’Africa martoriata trovando nel Mediterraneo un mare di morte, complice l’Europa colpevole di ignavia, è in atto uno “scontro di ignoranze”. Se ne è parlato a Perugia durante il primo laboratorio nazionale in preparazione al Convegno nazionale di Firenze, sul tema: “Dalla solidarietà alla fraternità: identità, estraneità e relazioni per un nuovo umanesimo”. È la “fraternità”, non come sentimentalismo ma come stile di vita concreto e vero antidoto, anche politico, a tutti gli “ismi” che minacciano la pacifica convivenza tra gli uomini e le religioni, la parola risuonata maggiormente durante i lavori del convegno. Con la fraternità, “un altro mondo è possibile”, ha assicurato fin da subito il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, facendo gli onori di casa e confidando un sogno: “Riappropriarsi della propria dignità è possibile, come è possibile uscire dalla morte e dalla violenza”. Il “trialogo” tra le religioni monoteiste, per un’antropologia della pace, è stato oggetto di una tavola rotonda: “Oggi ci viene chiesto di vivere la fraternità tra di noi come esempio esigente di umanità e come comandamento liberante di Dio, di fronte all‘intollerabile situazione di miseria e di sofferenza di milioni di persone nel mondo”, ha detto monsignor Piero Coda, dell’Istituto Universitario Sophia: ci vuole un “salto di qualità” anche nella società civile, “totalmente afona e sorda” di fronte a questi temi. Il dialogo interreligioso, in un’Europa in cui il 20% dei suoi 500 milioni di abitanti sonno migranti e di questi 20 milioni non sono cittadini europei, per il teologo “ha una rilevanza culturale, spirituale e sociale di immensa portata”.
L’Oriente in fiamme e l’Africa martoriata. “Rivestire l’uomo nuovo”, “rinnovare ciò che è nel nostro spirito e nella nostra mente”. È’ una delle sfide poste dal prossimo convegno di Firenze. Ne è convinto don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, che aprendo il convegno ha sottolineato l’urgenza “di parlare, di vivere, di credere in termini di dialogo”. “Sta alla libertà dell’uomo scegliere di non abbrutirsi, ma di coltivare se stesso nella ricerca dell’assoluto”, ha detto il cardinale Bassetti, che ha denunciato: “Oggi l’Oriente è un mondo in fiamme”, e l’Africa una terra martoriata dove “chi può scappa” e finisce per morire nel “nostro” Mare Mediterraneo, ormai diventato “una tomba”.
Scontro di ignoranze. “La riscoperta della fraternità ha molto da dire al mondo contemporaneo e ai suoi problemi”, perché oggi, “più che uno scontro di civiltà, è in atto uno scontro di ignoranze”. Lo ha detto Marco Impagliazzo, dell’Università per stranieri di Perugia. “Di fronte alla colpevole ignavia dell’Europa che non agisce, e anzi si volta dall’altra parte, non è la fraternità che manca al nostro modo di vedere le cose, alla politica e alle sue istituzioni?”, si è chiesto, invocando la necessità di tornare allo “spirito di Assisi” e all’incontro tra le religioni voluto da Giovanni Paolo II, ma anche all’invito ad essere responsabili del sangue del proprio fratello, rivolto da papa Francesco a Lampedusa attualizzando la vicenda di fraternità tradita di Caino e Abele. “In molte città globali si stanno spegnendo i popoli”, ha ammonito, ed “è in questo contesto che si sviluppano i totalitarismi contemporanei”. “Il dialogo tra le religioni deve essere un fatto di popoli, e non soltanto degli specialisti del dialogo”, la proposta.
“La questione dell’Europa, nell’ultimo mezzo secolo, è la questione della secolarizzazione”. A farlo notare è stato Roberto Morozzo Della Rocca, dell’Università Roma Tre. Soffermandosi sulla situazione dell’Europa orientale e sulle differenze tra la situazione precedente e quella seguente alla caduta del Muro nel 1989, il relatore ha ricordato che “nell’Oriente europeo il comunismo ha tentato di scristianizzare le masse. Dopo il crollo del Muro, molti sono ritornati alla fede dei padri, ma questo ritorno a Dio si è scontrato con il modello consumista e ha scatenato processi di secolarizzazione del tutto inattesi”. Quanto all’Occidente, “la storia, la cultura, la lingua e la cittadinanza, forgiano l’identità più della religione”.
“Il monoteismo è come un grande spartito musicale su cui si orchestra una storia di secoli e di millenni, che va continuamente rimodulata”. Parola di Piero Coda, secondo il quale “nella fede nel Dio unico c‘è la koinonia delle diversità”, perché “l‘unicità di Dio è la verità dell’alterità”, e la frase “è bene che l‘altro sia” è “l‘alternativa all‘anarchia relativistica”. Nel cristianesimo, “la parola nemico non ha più diritto di cittadinanza e la fraternità nasce dal basso, è misurata sulla concretezza del volto e del grido di chi soffre”. Oggi “il nome dell’Islam è diventato una trappola per i giovani che vanno a farsi esplodere pensando di fare la volontà di Dio”. Il grido d’allarme è venuto da Adnane Mokrani, del Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica. Le religioni, ha denunciato, “dovrebbero condurre verso Dio e sono invece, purtroppo, portatrici di violenza e di razzismo religioso”. Al contrario, “il rifiuto della violenza e la sua condanna e denuncia potrebbe essere la base per una lotta pacifica a favore dell’antropologia di pace”. “Per essere incontro autentico”, secondo Mokrani il dialogo interreligioso “esige liberazione individuale e collettiva dall’egoismo, nella sincerità e nell’umiltà”.

Fonte: Sir
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