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Arrivo delle reliquie del Cuore di San Camillo de Lellis

MESSAGGIO DELL’ARCIVESCOVO
per l’arrivo delle reliquie del Cuore di San Camillo de Lellis
nella nostra Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano

Parole chiave: Reliquie (2), San Camillo de Lellis (1)
Reliquie del cuore di San Camillo de Lellis

Carissimi, il prossimo 26 febbraio accoglieremo la reliquia di San Camillo De Lellis, che per qualche giorno sosterà tra noi per la venerazione dei fedeli e per la visita ai luoghi della sofferenza secondo programma già diffuso. Giovedì 6 marzo la Reliquia la accoglieremo in Cattedrale dove celebrerò la S. Messa.

San Camillo De Lellis, nato a Bucchianico nel 1550, fu sacerdote e fondatore dell’ordine dei Chierici ministri degli Infermi (detti Camilliani).

Dopo anni di servizio militare vissuti tra tante incertezze, durante i quali non è mai venuta meno quella sana inquietudine che lo portava a cercare di dare un senso più alto alla propria vita, deluso e anche abbandonato dai propri amici, si è trovato prima nella condizione di mendicante che chiedeva elemosina, e in seguito, fu assunto come manovale nel convento dei Frati minori Cappuccini di Manfredonia.

Dopo poco tempo, grazie all’incontro con P. Angelo, al convento dei Frati minori Cappuccini di San Giovanni Rotondo il 2 febbraio 1575, cadde in una profonda crisi interiore che lo portò a trovare nel Vangelo la risposta a tutte le sue domande, determinando in lui quella “conversione” che da allora in poi avrebbe cambiato la sua vita.

Ma la ricerca di S. Camillo era appena cominciata quando , a causa di una incurabile ferita al piede, fu costretto a ricoverarsi presso l’ospedale di san Giacomo in Roma. In questo luogo, la malattia e la sofferenza, ma soprattutto il diretto contatto con i malati e gli ultimi, lo portano a rivedere tutto il suo passato e le sue scelte future. Capisce che Cristo non è un’idea, ma una persona viva che si rende presente non nei potenti di turno, ma negli ultimi e nei malati. Camillo incontrò l’amore divino proprio nelle ferite dell’amore umano che, nelle persone sole ed escluse, si faceva invocazione e attesa di una redenzione che l’uomo da solo non avrebbe mai saputo dare. In tal modo si sentì amato da Dio come non mai, e così cominciò ad amare i fratelli, partendo proprio da coloro che allora non erano amati da nessuno, dagli ultimi e dai più bisognosi, dai malati appunto.

Da lì a poco, sempre più affascinato da Cristo, sostenuto dallo spirito che suscita in ogni tempo nuove energie nella Chiesa fondò l’Ordine religioso dei Ministri degli Infermi, il cui carisma è il servizio all’uomo sofferente, banco di prova di chi pensa con la fede di piacere a Dio e di chi con la sola ragione lotta per la costruzione di una società giusta e solidale. La rivisitazione di questo grande santo, attraverso le celebrazioni che ci accompagneranno in diocesi, sia l’occasione per tutti noi per cambiare stile di vita, passando dalla logica del puro scambio alla logica del dono, da una visione edonistica e consumistica ad una visione più oblativa, aperta alla trascendenza che trasforma la vita di ciascun uomo, specie dei malati e dei sofferenti, da puro problema a ineffabile mistero.

San Camillo ha saputo riconoscere la presenza di Cristo nei malati da lui considerati quasi come un altro sacramento. E questo non solo perché la malattia e la sofferenza non tolgono dignità all’uomo, ma soprattutto perché esse rappresentano il luogo dove Dio dimostra che Egli è più forte del male e del peccato. La sua spiritualità è una terapia molto attuale contro la disperazione e il senso di abbandono, contro la visione tragica e nichilistica della vita che attanaglia un po’ tutti. In una società come la nostra, che spesso considera i malati come un costo economico per l’intera società in termini di spesa sanitaria, dove i aggira da più parti la tentazione di sbarazzarsene il prima possibile, l’opera di S. Camillo ci insegna a considerare la vita non come un peso, né come un gioco che non porta a niente, ma come un dono, e quindi sacra, che impone a tutti, a livello individuale e a livello sociale, il rispetto e la tutela, la promozione e la valorizzazione in ogni sua fase e in ogni sua condizione, dalla vita nascente fino al suo ultimo respiro.

Il messaggio di S. Camillo propone alla nostra diocesi e all’intera società civile un doppio monito: a chi crede dice il fatto che non bisogna mai separare la carità dalla fede, ma che al contrario la fede si compie in gesti concreti di carità e di solidarietà; ai non credenti dice invece che la carità è il compimento della giustizia sociale, e che proprio soccorrendo i più bisognosi una società attenta e giusta mostra il proprio grado di civiltà e di progresso morale. Approfittiamo degli incontri che in questi giorni si terranno, nel nome di San Camillo, per cogliere questo messaggio di speranza, di fede, di carità per costruire il Regno di Dio.

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