Marcinelle, una tragedia da non dimenticare

Duecentosessantadue rintocchi della campana Maria Mater Orphanorum, seguita da un momento di preghiera interreligioso e la deposizione di fiori presso il monumento alle vittime, nel piazzale della miniera al Bois du Cazier, in Belgio, hanno aperto la cerimonia per il 69° anniversario della tragedia di Marcinelle, nella quale persero la vita 262 minatori. Di questi 136 erano italiani. Erano le 8.10 dell’8 agosto del 1956. Insieme agli italiani 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 3 algerini, 3 ungheresi, 2 francesi, 1 inglese, 1 olandese, 1 russo e 1 ucraino.

Il bilancio complessivo – evidenzia lo storico Toni Ricciardi nel volume “Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone” (Donzelli) – listò a lutto più di un terzo delle province italiane, ben 32 tra Nord e Sud: Agrigento, Avellino, Bari, Belluno, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia, Caltanissetta Campobasso, Catania, Catanzaro, Chieti, Firenze, Foggia, Forlì, Lecce, L’Aquila, Macerata, Massa Carrara, Modena, Pesaro, Pescara, Pisa, Reggio Calabria, Siracusa, Sondrio, Taranto, Teramo, Treviso, Udine e Verona. Di alcuni di loro non si è stato trovato neppure il corpo, come quello di Attilio Dassogno, originario di Berbenno, in provincia di Sondrio, che quella mattina si trovava al lavoro quando le scintille causate da un corto circuito incendiarono 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del pozzo. Il rogo si estese alle gallerie superiori, mentre nel sottosuolo, 1.035 metri sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. Pochi quelli che riuscirono a risalire. Quella data divenne un simbolo del sacrificio e delle sofferenze dei lavoratori italiani all’estero, portando a una maggiore consapevolezza sociale e istituzionale.

Non a caso, nel 2001, l’8 agosto è stata proclamata “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”. Un giorno per non dimenticare la tragedia nella miniera belga e con essa le altre tragedie del lavoro che hanno coinvolto e continuano a coinvolgere lavoratori italiani in varie parti del mondo. “Celebrare questa giornata – dice al Sir don Claudio Visconti, responsabile della pastorale degli italiani nella regione di Bruxelles – da una parte ci invita a ricordare uomini coraggiosi, che non vedevano mai la luce. Scendevano in miniera al buio la mattina e risalivano, la sera, dopo il tramonto, Dall’altra ci mostra le vittime di un sacrificio: persone che davvero hanno speso la vita in una miniera lavorando per aiutare le loro famiglie e contribuire al loro futuro”. Dopo quella disgrazia, che ha colpito e lasciato un segno anche nel popolo belga, “la popolazione locale e non solo, – prosegue don Claudio – ha capito che dietro tragedie come queste c’erano e ci sono uomini, famiglie, persone in cerca di una vita migliore e di fronte a quell’evento ha cambiato il proprio atteggiamento nei confronti di tanti italiani e migranti in genere i quali apparivano loro sotto una luce nuova. Una sensazione questa – prosegue il sacerdote – che ho riscontrato ogni volta che mi è capitato di parlare con alcuni sopravvissuti. Ed è ciò che mi ha colpito di più. C’è un prima e un dopo Marcinelle nella storia dell’emigrazione italiana in Belgio e non solo”.

Ogni anno – dice mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni – Marcinelle ci ricorda il dramma delle morti sul lavoro in Italia e anche in Europa. In quella miniera sono morti soprattutto i nostri lavoratori emigrati: un evento che sottolinea la necessità assoluta di tutelare, ieri come oggi, i lavoratori, in particolar modo i migranti”. Recentemente al Parlamento europeo è stata presentata una proposta di risoluzione per l’istituzione di una “Giornata europea in memoria delle vittime del lavoro e per la tutela e la dignità dei lavoratori”, da celebrarsi ogni anno proprio l’8 agosto.

Anche quest’anno diverse le iniziative e le commemorazioni in varie città, in Italia e in Europa, per ricordare Marcinelle. “Li conoscevo tutti e non potrò mai dimenticarli – ha detto in una recente intervista Urbano Ciacci, uno dei pochi sopravvissuti alla tragedia -. Matricola 709, originario di Fano, Ciacci scampò a quella tragedia perché era in Italia per sposarsi. Seppe dello scoppio e della morte dei suoi compagni la mattina successiva alla stazione di Milano quando, insieme alla moglie, stava per salire sul treno che lo avrebbe riportato in Belgio. “Duecentosessantadue rintocchi della campana Maria Mater Orphanorum, seguita da un momento di preghiera interreligioso e la deposizione di fiori presso il monumento alle vittime, nel piazzale della miniera al Bois du Cazier, in Belgio, hanno aperto la cerimonia per il 69° anniversario della tragedia di Marcinelle, nella quale persero la vita 262 minatori. Di questi 136 erano italiani. Erano le 8.10 dell’8 agosto del 1956. Insieme agli italiani 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 3 algerini, 3 ungheresi, 2 francesi, 1 inglese, 1 olandese, 1 russo e 1 ucraino.

Il bilancio complessivo – evidenzia lo storico Toni Ricciardi nel volume “Marcinelle, 1956. Quando la vita valeva meno del carbone” (Donzelli) – listò a lutto più di un terzo delle province italiane, ben 32 tra Nord e Sud: Agrigento, Avellino, Bari, Belluno, Benevento, Bergamo, Bologna, Brescia, Caltanissetta Campobasso, Catania, Catanzaro, Chieti, Firenze, Foggia, Forlì, Lecce, L’Aquila, Macerata, Massa Carrara, Modena, Pesaro, Pescara, Pisa, Reggio Calabria, Siracusa, Sondrio, Taranto, Teramo, Treviso, Udine e Verona. Di alcuni di loro non si è stato trovato neppure il corpo, come quello di Attilio Dassogno, originario di Berbenno, in provincia di Sondrio, che quella mattina si trovava al lavoro quando le scintille causate da un corto circuito incendiarono 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del pozzo. Il rogo si estese alle gallerie superiori, mentre nel sottosuolo, 1.035 metri sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. Pochi quelli che riuscirono a risalire. Quella data divenne un simbolo del sacrificio e delle sofferenze dei lavoratori italiani all’estero, portando a una maggiore consapevolezza sociale e istituzionale.

Non a caso, nel 2001, l’8 agosto è stata proclamata “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”. Un giorno per non dimenticare la tragedia nella miniera belga e con essa le altre tragedie del lavoro che hanno coinvolto e continuano a coinvolgere lavoratori italiani in varie parti del mondo. “Celebrare questa giornata – dice al Sir don Claudio Visconti, responsabile della pastorale degli italiani nella regione di Bruxelles – da una parte ci invita a ricordare uomini coraggiosi, che non vedevano mai la luce. Scendevano in miniera al buio la mattina e risalivano, la sera, dopo il tramonto, Dall’altra ci mostra le vittime di un sacrificio: persone che davvero hanno speso la vita in una miniera lavorando per aiutare le loro famiglie e contribuire al loro futuro”. Dopo quella disgrazia, che ha colpito e lasciato un segno anche nel popolo belga, “la popolazione locale e non solo, – prosegue don Claudio – ha capito che dietro tragedie come queste c’erano e ci sono uomini, famiglie, persone in cerca di una vita migliore e di fronte a quell’evento ha cambiato il proprio atteggiamento nei confronti di tanti italiani e migranti in genere i quali apparivano loro sotto una luce nuova. Una sensazione questa – prosegue il sacerdote – che ho riscontrato ogni volta che mi è capitato di parlare con alcuni sopravvissuti. Ed è ciò che mi ha colpito di più. C’è un prima e un dopo Marcinelle nella storia dell’emigrazione italiana in Belgio e non solo”.

Ogni anno – dice mons. Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni – Marcinelle ci ricorda il dramma delle morti sul lavoro in Italia e anche in Europa. In quella miniera sono morti soprattutto i nostri lavoratori emigrati: un evento che sottolinea la necessità assoluta di tutelare, ieri come oggi, i lavoratori, in particolar modo i migranti”. Recentemente al Parlamento europeo è stata presentata una proposta di risoluzione per l’istituzione di una “Giornata europea in memoria delle vittime del lavoro e per la tutela e la dignità dei lavoratori”, da celebrarsi ogni anno proprio l’8 agosto.

Anche quest’anno diverse le iniziative e le commemorazioni in varie città, in Italia e in Europa, per ricordare Marcinelle. “Li conoscevo tutti e non potrò mai dimenticarli – ha detto in una recente intervista Urbano Ciacci, uno dei pochi sopravvissuti alla tragedia -. Matricola 709, originario di Fano, Ciacci scampò a quella tragedia perché era in Italia per sposarsi. Seppe dello scoppio e della morte dei suoi compagni la mattina successiva alla stazione di Milano quando, insieme alla moglie, stava per salire sul treno che lo avrebbe riportato in Belgio. “Lessi la notizia sul giornale – ricorda Ciacci – ma non dissi nulla a mia moglie, altrimenti credo che lei non sarebbe salita su quel treno”. Ciacci ha lavorato nella miniera dal 1954 ai primi anni Ottanta del secolo scorso. In Belgio giunse all’età di 18 anni compiuti e iniziò subito a lavorare a Marcinelle. “Lavoravamo a oltre 1.000 metri di profondità – racconta Ciacci – ed ero insieme ai miei compagni che sono morti. Devo loro l’amicizia. Ricordo che ogni mattina, prima di andare al lavoro davo un bacio ai miei figli. Loro mi chiedevano il perché e io rispondevo: non so se ci rivedremo stasera”.
Raffaele Iaria – AgenSIR