Città
Il Premio Amnesty a Giovanni Segreti Bruno
Il cosentino trionfa con il brano Notre Drame
Il cantautore cosentino Gio vanni Segreti Bruno ha con quistato la XXVIII edizione del Premio Amnesty – Sezione Emergenti con il brano “Notre Drame”, nella finale del festi val “Voci per la libertà – Una canzone per Amnesty”. L’arti sta, dopo aver vinto a marzo il Premio dei Giovani Amne sty, ha ottenuto anche la pre stigiosa targa MEI (Meeting Etichette Indipendenti). “Il fe stival si è svolto a Rovigo, in una piazza meravigliosa. Nella categoria Emergenti eravamo 8 in semifinale e poi 5 in finale, ma alle spalle c’era già stata una grande selezione. Credo di essere stato l’unico can tante calabrese in gara, per me è stato motivo di orgoglio portare un po’ della mia terra su quel palco”, ha raccontato Giovanni a PdV. Lo abbiamo intertvistato.
Qual è stata la motivazione del premio?
Il premio veniva assegnato alla canzone che riusciva a rappresentare al meglio i dirit ti umani. Io ho partecipato con “Notre drame”, un brano dove ogni verso è una denuncia. Ho cercato di raccontare un dramma collettivo senza re torica, con rispetto e urgen za. La motivazione del premio parlava proprio di questo: dell’impatto emotivo e civile del brano, della sua capacità di smuovere senza urlare. Per me sapere che il messaggio è arrivato è stato il riconosci mento più profondo.
Premio Assoluto Amnesty Emergenti. A chi hai pensato?
È stato un vero colpo al cuore. Non mi aspettavo la tripletta: il Premio Assoluto Amnesty Emergenti, il Premio dei Gio vani di Amnesty 2025 e la Tar ga MEI. Un’emozione difficile da mettere in parole. Ho su bito pensato alla mia famiglia, che mi ha sempre supportato anche quando non era facile, al mio team che ogni giorno ci mette anima e passione, ai miei musicisti, che erano lì con me sul palco. Appena Savino Zaba ha iniziato a pronuncia re il nome del vincitore siamo esplosi in un urlo e in un ab braccio, è stato un momento bellissimo.
Perché hai deciso di partecipare al concorso?
Perché “Voci per la libertà” non è solo un festival: è una missione. Ho sentito che il mio brano poteva trovare lì la sua casa naturale, perché racconta un dramma collettivo che troppo spesso viene ignorato o dimenticato. Non ho partecipato per emergere, ma per condividere. Rin grazio il direttore artistico del festival, Michele Lionello, e tutta la sua squadra per aver mi fatto sentire a casa. Ti sei esposto su un tema importante, quali sono secondo te le cause più urgenti su cui battersi? Ci sono tantissimi temi im portanti, in realtà ogni verso di “Notre Drame” è una de nuncia verso qualcosa che, per me, dovrebbe indignarci profondamente come esseri umani. Parlo di ingiustizie, di violenze, di emarginazione, di sofferenze spesso invisibili o ignorate, di emergenza climatica. Credo che la vera sfida sia proprio non abituarsi a tutto questo, mantenere viva la capacità di indignazione e la voglia di agire, perché ogni piccolo gesto conta.
Il titolo del brano è Notre drame, qual è per te il dramma peggiore?
L’indifferenza. Il dramma peggiore è quando un dramma collettivo diventa “normale”. Quando iniziamo a scrollare, a zittire, a evitare. Quando l’umanità smette di indignarsi. Io, con questa canzone, ho solo cercato di restituire un volto a chi è diventato numero.
Sei stato votato dai giovani, il tuo messaggio è arrivato agli adulti di domani. Una grande soddisfazione ma anche un grande compito
Sì, sento tutta la responsabilità. Essere ascoltato dai giovani significa parlare con chi ha ancora la forza di cambiare le cose. È un dialogo che non posso permettermi di rendere superficiale. Loro non vogliono moralismi, vogliono verità. Io voglio meritare quella fiducia, sempre.
Che estate è?
È un’estate intensa, piena di lavoro e di fatica, ma anche di belle soddisfazioni. Sento che qualcosa si sta muovendo, e questa sensazione mi dà energia. Sto scrivendo nuovi brani, con un mood particolare che non vedo l’ora di condividere (ma è ancora presto per svelare tutto). Ora però sento il bisogno di rallentare un attimo; di respirare, di andare al mare, di staccare un po’. Serve anche questo per tornare con la testa e il cuore più liberi.
