Cultura
Charles de Focauld apostolo del deserto
La “piccola via”, indicata dal presbitero francese, si basa sull’imitazione della vita di Cristo
La vita di Charles de Foucauld, mistico, “apostolo del deserto”, “fratello di tutti”, è stata segnata da un cammino di conversione spirituale, di profonda configurazione con il mistero di Cristo e di radicalità nel Vangelo. Nell’enciclica Fratelli Tutti del 03 ottobre 2020, papa Francesco parla del religioso francese mettendo in rilievo la sua completa dedizione al Signore, attraverso “l’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo deserto africano”. In quel contesto specifico – si legge nel documento papale – il santo aspirava “a sentire qualunque essere umano come un fratello … Voleva essere, in definitiva, “il fratello universale”. Il cardinale di Marsiglia, Jean-Marc Aveline, autore del volume Charles de Foucauld. Le conversioni di un’anima (Libreria Editrice Vaticana 2025), ripercorre la straordinaria esistenza di un cristiano “inclassificabile”, tra i personaggi più affascinanti del XX secolo, dal carattere indomabile e irrequieto, canonizzato nel 2022 da Bergoglio per aver interceduto per la guarigione del giovane apprendista carpentiere, Charle, caduto da una certa altezza durante i lavori di restauro della cappella del liceo di Saint-Lous a Saumur nel 2016. Charles de Foucauld nacque a Strasburgo in Francia il 15 settembre 1858 da una famiglia aristocratica. Dopo la morte dei genitori, lui e la sorella Maria vennero accolti in casa e accuditi dal nonno materno. Ricevette la prima comunione e la cresima il 28 aprile del 1878, ma si allontanò, ancora adolescente, dalla fede cristiana smettendo di credere in Gesù. Charles era molto intelligente, studiava senza problemi e mostrava un vivo interesse per la lettura. Entrò nella scuola speciale militare di Saint-Cyr e, all’età di 20 anni, intraprese la carriera da ufficiale. Alla morte del nonno percepì una cospicua eredità, che gli permise di condurre una vita dissoluta dedita ai piaceri materiali. Nell’ottobre del 1880, da cadetto venne inviato in missione militare in Algeria, una terra che amò dal primo momento e dove si distinse per le sue buone azioni. Lasciò l’esercito per dedicarsi a spedizioni geografiche in Marocco e si mise a studiare l’arabo e l’ebraico. Nel vasto deserto, in mezzo alle popolazioni nomadi, avvertì sempre di più quella sensazione di vuoto che aveva cercato in tutti i modi di colmare, abbandonandosi ai vizi. Fu quella l’occasione propizia per fare qualche passo verso Dio. Nel silenzio e nel raccoglimento della preghiera disse: “Mio Dio, se è vero che esisti, lascia che io ti conosca”. Fece come gli apostoli del Vangelo che, seguendo le istruzioni di Gesù, si ritirarono nel deserto, un luogo solitario e appartato ma consono a rifuggire le tentazioni del peccato e ad approfondire il proprio rapporto con il Padre. Tornato in patria all’età di 28 anni nel 1886, Charles continuò a provare un tormento interiore che lo spinse a confessarsi. Pian piano rinacque dentro lui la fede e, con essa, la consapevolezza di seguire l’insegnamento di Cristo che disse: “Vai …vendi tutto … vieni”. Il Messia divenne una presenza fissa nella sua vita, un compagno del quale non poté fare a meno, un amico che poggiò il suo sguardo su di lui. Nel 1890 decise di entrare in un’abbazia trappista francese che, a suo dire, l’aiutava ad imitare l’amore di Cristo. Dopo sei mesi la lasciò, si ritirò in una trappa più povera in Siria, ad Akbes, quindi si recò a Nazareth dove trovò impiego come domestico presso il monastero delle clarisse, vivendo per tre anni in una capanna del loro giardino. L’esperienza fatta con altri confratelli, presso la città d’infanzia del Salvatore, lo convinse a scrivere la “Regola dei Piccoli Fratelli del Sacro Cuore”, una congregazione religiosa di cui però egli stesso non vide mai la nascita. Nominato presbitero in Francia nel 1901, ripartì per l’Algeria stabilendosi a Beni-Abbés nel deserto del Sahara, ai confini con il Marocco. Qui visse conformemente allo stile di Nazareth dando spazio alla meditazione, al silenzio, ai lavori manuali, all’assistenza ai poveri, ed evangelizzando non a parole ma con la presenza del Santissimo Sacramento. Tra le sue note appuntò che “tutta la nostra esistenza dovrebbe gridare il Vangelo”. A Beni Abbés edificò un eremo nel quale diede accoglienza ai bisognosi della regione e dove studiò la lingua berbera dei Tuareg, inizialmente per tradurre in tale idioma i Vangeli, poi per conoscere la lingua orale di tale popolazione e, infine, per aiutare i missionari in viaggio. Adorava tanto percorrere il deserto che, a suo avviso, era il luogo ideale per entrare in contatto Dio, ma non perse nemmeno l’occasione di visitare altre città algerine spendendosi in difesa delle tribù locali, in cerca di protezione contro gli attacchi dei predoni. Tra il 1901 e il 1913 tornò in Francia nel tentativo di fondare “l’Unione dei fratelli e delle sorelle del Sacro Cuore”, associazione laicale finalizzata all’evangelizzazione cattolica. Nel 1916 eresse un eremo a Tamanrasset a Beni Abbés, sempre per sostenere i locali contro i banditi. Questi ultimi, tuttavia, l’assaltarono il 1° dicembre dello stesso anno e Charles venne ucciso. Il suo corpo fu sepolto vicino al fortino di Tamanrasset, poi venne trasportato nell’attuale città di Al-Mani’a dov’è ora la tomba. La sua morte rappresenta un “grido” a Dio misericordioso da cui scaturisce il vero amore. L’importanza e la rilevanza dei suoi scritti fecero sì che, nel corso degli anni, nascessero diverse famiglie di laici, sacerdoti e religiosi che vivono nella propria vita il Vangelo e lo portano nel mondo, seguendo le sue indicazioni. Sorsero infatti la fraternità dei “Piccoli fratelli e delle Piccole sorelle di Gesù”, riuniti poi nell’associazione “Famiglia spirituale di Charles de Foucauld”. Da giovane ricco che ha venduto tutto, come San Francesco d’Assisi, ha indicato alla Chiesa cattolica la “piccola via” per fare la volontà di Dio, un percorso segnato dall’imitazione della sua vita mediante la realizzazione di opere semplici e concrete, ricche di bontà e di fraternità. La cattolicità che deve trainare la Chiesa deve seguire il modello di Nazareth: una cattolicità dell’ultimo posto, rivolta al servizio per il prossimo, alla presenza, all’accoglienza dei piccoli, alla fraternità, alla cooperazione con altri popoli, all’abbandono totale al Signore. Charles è andato dov’è andato Gesù e ripeteva sempre: “Mio Dio, fa’ che tutti gli esseri umani vadano in cielo!”.

