Taglio del cavo per il MIAI a Rende

L’esposizione permanente è composta da reperti informatici recuperati e restaurati

Un sogno che si avvera. Con il taglio del cavo venerdì è stato inaugurato il MIAI – Museo Interattivo di Archeologia Informatica, ubicato nei locali dell’ex-CUD, a Rende. “Finalmente siamo arrivati alla sua terza sede, speriamo sia quella definitiva”, così ha dichiarato a Parola di Vita Irene De Franco, presidente dell’associazione culturale Verde Binario. A tagliare il cavo, insieme alla De Franco, il rettore dell’Università della Calabria, Nicola Leone, che nel corso della conferenza stampa, svoltasi prima dell’inaugurazione, ha dichiarato “di apprezzare la competenza di questa associazione. Io stesso sono un informatico, quindi è bello vedere recuperati questi reperti archeologici a cui viene ridonata la vita mettendoli in funzione. Oggi possiamo provare computer storici risalenti a 50 anni fa. Il settore dell’informatica corre alla velocità della luce, riuscire ancora oggi a poter utilizzare strumentazioni che hanno mezzo secolo di vita è importante. Ritengo che l’idea del museo interattivo sia una bella occasione anche per i più giovani che possono scoprire l’evoluzione della tecnologia informatica negli anni”. Posto il sigillo a una storia lunga 20 anni, anticipata dal protocollo di intesa siglato a dicembre con l’Università della Calabria per affidare gli spazi dell’ex Cud in comodato d’uso gratuito al MIAI. L’esposizione permanente è composta da centinaia di reperti di informatica storica, recuperati e restaurati dall’Associazione Culturale Verde Binario. “Si tratta di un museo che custodisce reperti informatici funzionanti e a disposizione del pubblico, frutto di un lavoro di recupero e raccolta sul territorio provenienti dai depositi dei dipartimenti dell’Università della Calabria, del CNR, degli ex consorzi CRAI e CUD, da vecchi negozi e imprese. Questa attività di recupero ha creato una collezione, ora visitabile, che racconta la storia delle tecnologie informatiche”. Difficile pensare che quei pc ormai obsoleti e pesanti, se pensiamo che alcuni erano grandi quanto una stanza, siano i ‘nonni’ di quelli attuali. Nello spazio espositivo del MIAI, su mensole e tavoli sono esposti, in maniera ben ordinata, centinaia di quei reperti che sono parte della storia dell’ingegno dei pionieri del mondo dell’informatica. “Parliamo di circa 6.000 pezzi, alcuni veramente grandi, come GE120 di circa 5 tonnellate. Parte del materiale è in deposito, non potevamo esporre tutto, anche perché lo spazio non è adeguato”, spiega. Un patrimonio di computer, videogiochi, interfacce retrò. Non mancano modelli celebri come Hp 85, Ampex Video terminal, Honeywell Bull, Apple II C. I reperti funzionanti sono a disposizione del pubblico. Lo scopo è quello di preservare le storie e la tecnologia per le generazioni future. C’è anche una sorta di affetto nei confronti di ogni singolo pezzo esposto, perché hanno fatto parte del nostro tempo libero o della nostra formazione, come ricorda una signora che, aggirandosi tra i tavoli, fa memoria dell’uso delle schede perforate nel tempo in cui scriveva la sua tesi di laurea. C’è chi si stupisce nel vedere che alcuni funzionino, c’è anche chi, maldestramente, cerca di fare una partita ad uno di quei vecchi videogiochi che si trovavano nei bar e nelle sale gioco. “Siamo all’anno zero, parte una nuova storia per consegnare i manufatti, le memorie delle tecnologie informatiche alle generazioni future. Le sale del MIAI devono essere luoghi di studio, di ricerca, di socializzazione, di benessere, di dialogo sulla tecnologia. Vogliamo consegnare uno strumento a chi viene dopo noi. È un luogo anche di emozione, non siamo collezionisti che hanno scartato un computer nuovo. Ogni pezzo esposto racconta una vita: quella lavorativa, quella didattica, quella di gioco di quando si era ragazzi; alcuni computer sono anche in parte usurati, a volte sono anche sporchi, abbiamo dovuto affrontare delle situazioni logistiche non da poco”. Un museo differente, in cui didattica e formazione fanno sentire la loro presenza: “Questo è un museo dove i visitatori sono invitati a mettere le mani dentro, a cercare di esplorare il mezzo”. Il MIAI ha contribuito, come unico museo esterno all’UniCal, alla costruzione del Sistema Museale Universitario (SiMU), di cui fanno parte l’orto botanico, il Museo di Storia naturale e RiMuseum, e il cui presidente è il professore Fabio Bruno. Sabato, alle 10 e alle 17, le prime due visite guidate: “cercheremo di creare un calendario per la prenotazione delle visite”, la chiosa finale di Irene De Franco.