Chiesa
Cei. Nota pastorale per “una pace disarmata e disarmante”
La Nota “Educare a una pace disarmata e disarmante” promuove un’educazione alla pace fondata su scelte concrete: obiezione di coscienza, servizio civile, disarmo, giustizia riparativa e cura del creato. Il testo invita a superare la logica della guerra, formare coscienze responsabili e costruire relazioni fondate su fraternità, dignità umana e responsabilità sociale
La guerra non è più un rumore lontano: orienta scelte pubbliche, condiziona i dibattiti politici e modifica priorità economiche. Nel 2024 la spesa militare globale ha superato i 2.700 miliardi di dollari, mentre conflitti in Ucraina, Gaza, Sudan e in altre aree coinvolgono direttamente le popolazioni civili. In questo contesto, l’81ª Assemblea generale della Cei, riunita ad Assisi il 19 novembre 2025, ha approvato la Nota pastorale “Educare a una pace disarmata e disarmante”. Il testo, diffuso oggi, non propone evasioni dalla realtà, ma un confronto serio con le tensioni del presente, fondato sulla centralità di Cristo, “nostra pace”. La Nota afferma che la pace non è un’astrazione né un equilibrio diplomatico precario, ma un percorso che richiede conversione culturale e scelte coerenti. Ribadendo le indicazioni di Papa Francesco in Fratelli tutti, sottolinea che la sproporzione delle armi contemporanee rende inapplicabili i criteri tradizionali della “guerra giusta” e sollecita una lettura dei conflitti entro un quadro globale complesso, segnato da fragilità culturali e sociali. L’invito è a evitare interpretazioni riduttive e a promuovere uno sguardo capace di cogliere la densità delle situazioni, superando schemi contrappositivi e mantenendo la sobrietà richiesta dal Vangelo della pace.
Educare alla pace: dalla famiglia alla rete
La sezione centrale valorizza l’educazione come responsabilità condivisa tra famiglia, scuola, comunità ecclesiali e società civile. La famiglia è presentata come “prima palestra di educazione alla pace”, luogo dove si apprendono dialogo e gestione dei conflitti. La scuola è chiamata a diventare “comunità educante”, capace di promuovere cooperazione, pensiero critico e rispetto del pluralismo. Ampio rilievo è dato al digitale, definito “un ambiente che riconfigura la percezione del reale”, in grado di generare “letture degli eventi sganciate dalla realtà dei fatti”.
Nel documento rientra anche la riflessione sull’intelligenza artificiale, la cui capacità crescente di produrre contenuti alternativi al reale rischia di “cancellare la distinzione tra ciò che esiste e ciò che è artificialmente costruito”.
La Nota richiama le parole di Papa Francesco al G7 del 2024, che ha definito l’IA “uno strumento affascinante e tremendo”. Educare alla pace significa quindi formare alla responsabilità comunicativa e alla cura delle parole, evitando che rete e tecnologie digitali diventino “strumenti di divisione” invece che luoghi idonei a “costruire la fraternità umana”. Per questo si invita a sviluppare percorsi che “trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro”, contribuendo a prevenire rigidità e contrapposizioni e restituendo alla relazione un ruolo decisivo nella costruzione del tessuto comunitario.
Dall’annuncio alla pratica: percorsi concreti
La conclusione apre un orizzonte operativo che non elude la complessità dei conflitti, ma invita a leggerli con realismo. Si richiama la necessità di avere “il coraggio di vie alternative per dare sostanza al realismo lungimirante della cura della dignità umana e del creato”, ricordando che esperienze quali l’obiezione di coscienza e il servizio civile hanno segnato il passaggio dalla logica del “se vuoi la pace prepara la guerra” a quella del “se vuoi la pace prepara la pace”. Si afferma che
un servizio civile obbligatorio rappresenterebbe “un investimento per dare alle prossime generazioni l’occasione di praticare la cura per la dignità della persona umana e per l’ambiente”
Tra le piste indicate compare l’obiezione bancaria, che invita a disinvestire da istituti coinvolti nella produzione di armamenti. La Nota dedica attenzione anche all’assistenza spirituale nelle Forze armate, chiedendo forme capaci di sostenere una “spiritualità della pace all’altezza del compito”. Viene inoltre sottolineato che l’Unione europea mostra che “un’altra strada è possibile, che la logica della violenza non è inevitabile”, sollecitando scelte che non alimentino scenari bellici. Altri ambiti includono la giustizia riparativa, definita pratica “tesa a risanare relazioni in contesti di conflittualità”, e la cura del creato come dimensione essenziale della pace. La responsabilità ora passa alle diocesi, alle parrocchie e ai movimenti, chiamati a tradurre queste indicazioni in scelte verificabili, capaci di incidere nel tessuto sociale attraverso uno stile ecclesiale sobrio, attento e orientato alla costruzione della pace nel tempo presente.
