Chiesa
Aiutare il povero, tra carità e giustizia
In occasione del Giubileo e della Giornata mondiale dei poveri siamo chiamati a rivolgere il pensiero all’emarginazione che riempie le nostre strade di “invisibili” che dormono sui cartoni e che moltiplica le forme di indigenza legate alle nuove e vecchie dipendenze e alla schiavitù della tratta
“Anche i poveri hanno di che aiutarsi gli uni gli altri: uno può prestare le sue gambe allo zoppo, l’altro gli occhi al cieco per guidarlo; un altro ancora può visitare i malati”, insegna Sant’Agostino. In occasione del Giubileo e della Giornata mondiale dei poveri siamo chiamati a
rivolgere il pensiero all’emarginazione che riempie le nostre strade di “invisibili” che dormono sui cartoni e che moltiplica le forme di indigenza legate alle nuove e vecchie dipendenze e alla schiavitù della tratta.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella richiama l’attenzione sulle tante famiglie che “sono sospinte sotto la soglia della povertà nonostante il lavoro di almeno uno dei componenti”. Intanto le guerre e la povertà strappano le bambine e i bambini alla vita, obbligandoli ad abbandonare la scuola per forme di lavoro ignobili, molto spesso illegali e clandestine, rubando loro l’infanzia.
Il Magistero pontificio ci esorta a “stare nella storia” per aiutare i nostri fratelli e sorelle a santificare la quotidianità. La miseria è indegnità, la povertà è uno stile di vita.
La verità è come l’acqua, la strada la trova. Non sono gli uomini che cambiano l’umanità, ma Dio. Nei Vangeli si dice “beati i poveri”, non “beati i miseri”.
Ogni persona è un dono di Dio e ha qualcosa da offrire all’altro.
Sant’Antonio di Padova, patrono dei poveri, dimostra con un’intera vita spesa al servizio degli ultimi che dinanzi al desiderio di avere Dio come compagno di strada, le ricchezze vengono ridimensionate, perché si scopre il vero tesoro di cui abbiamo realmente necessità. “Il povero può diventare testimone di una speranza forte e affidabile proprio perché professata in una condizione di vita precaria, fatta di privazioni, fragilità ed emarginazione – spiega Leone XIV –. Egli non conta sulle sicurezze del potere e dell’avere; al contrario, le subisce e spesso ne è vittima. La sua speranza può riposare solo altrove. La più grave povertà è non conoscere Dio”. L’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” sottolinea proprio come la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri sia la mancanza di attenzione spirituale. Nella prospettiva spirituale e solidale di Leone XIV i segni di speranza sono oggi le case-famiglia, le comunità per minori, i centri di ascolto e di accoglienza, le mense per i poveri, i dormitori, le scuole popolari. Ossia le occasioni per scrollarci di dosso l’indifferenza e valorizzare l’impegno nelle diverse forme del volontariato. “I poveri non sono un diversivo per la Chiesa, bensì i fratelli e le sorelle più amati – afferma il Pontefice che per gran parte del suo apostolato è stato missionario e pastore in uno degli angoli più disagiati dell’America Latina –. Tutte le forme di povertà, nessuna esclusa, sono una chiamata a vivere con concretezza il Vangelo e a offrire segni efficaci di speranza”.
Di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di impoverimento, c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi.
Aiutare il povero, testimonia il servo di Dio don Oreste Benzi, è questione di giustizia, prima che di carità. Ripeteva il “sacerdote dalla tonaca lisa” che è stato fino all’ultimo respiro mio maestro alla Comunità Papa Giovanni XXIII: “Nessuno è così povero da non avere qualcosa da dare. Al povero non va dato ciò che è possibile a noi ma ciò di cui lui ha bisogno”.
Aldo Buonaiuto – Agensir
