Scoperto un antico frammento attestante la verità dell’annuncio biblico

Il regno di Giuda era vassallo degli Assiri e doveva versare loro dei tributi e rispettare determinati precetti

L’Autorità per le Antichità d’Israele, in collaborazione con la Fondazione Città di Davide, ha condotto una campagna di scavi riportando alla luce un frammento di ceramica di 2,5 centimetri, risalente a circa 2700 anni fa e inciso in cuneiforme accadico. Rinvenuto vicino al muro occidentale della Spianata delle moschee o Monte del Tempio per gli ebrei, il manufatto coinciderebbe con la parte residuale di un sigillo reale usato dagli assiri per autenticare i documenti. Reca un’iscrizione di difficile lettura che indica il contenuto di un dispaccio o la sua destinazione, insieme ad una data di scadenza (Il primo giorno del mese di Av) e al riferimento ad un “ufficiale dei carri”. Questi ultimi due dati sono di fondamentale importanza, per comprendere la rete dei rapporti tra il potente impero degli assiri e Gerusalemme, all’epoca del Primo Tempio (VIII-VII secolo a.C). I primi nove giorni del mese di Menachem Av sono giorno di lutto, nel corso dei quali si commemora la distruzione del primo e del secondo Tempio di Gerusalemme. In questo periodo gli ebrei osservano norme molto restrittive: non partecipano a matrimoni o a feste mondane, non indossano capi nuovi né mangiano carne. L’ufficiale dei carri, invece, era un messaggero reale che portava delle comunicazioni per conto dell’amministrazione assira. Dall’analisi paleografica del frammento di ceramica è emerso che esso si collocherebbe nel periodo che va dall’VIII al VII secolo a.C., quando l’impero assiro fu retto dai sovrani Sennacherib, Esarhaddon e Ashurbanipal, mentre il Regno di Giuda fu guidato da Ezechia, da Manasse e poi da Giosia. Il reperto fu prodotto, con molta probabilità, in Assiria e, in seguito, portato a Gerusalemme essendo composto da materiale argilloso proveniente dal bacino del Tigri, in prossimità di città assire come Ninive, Assur e Nimrud. L’oggetto è testimonianza di un debito di pagamento che il regno di Giuda aveva contratto con l’impero assiro di cui era vassallo, e a cui non poteva sottrarsi. Un’ipotesi è che l’impronta del sigillo reale fu inviata a Giuda durante il regno dell’assiro Sennacherib. Ezechia, re di Giuda dal tardo VIII secolo a.C., voleva sottrarsi al pagamento dei tributi imposti dal nemico e cercò di allearsi all’Egitto, in lotta contro l’Assiria, per rivendicare la sovranità del suo territorio. L’esercito di Sennacherib occupò la Città Santa, ma Ezechia oppose una strenua resistenza riuscendo a sconfiggere l’invasore. Il re attribuì il successo dell’azione militare all’intervento divino, come riportano anche i passi contenuti nel Libro dei Re (2 Re 18-19), nelle Cronache (32) e in Isaia (36-37) che citano l’episodio bellico con la discesa di un angelo inviato da Dio a sostegno del re israeliano, che “sterminò nell’accampamento del re d’Assiria tutti gli uomini forti e valorosi”. Devoto al Signore, Ezechia riformò il culto religioso, abolì tutti le pratiche politeiste diffuse dal nemico, impose una religione monoteista ripristinando le tradizione dei suoi avi, Davide e Salomone, e riaprì il Tempio. Il frammento non menziona i nomi dei regnanti ma si collega all’episodio biblico descritto. Il compito degli archeologi sarà quello di chiarire chi fosse il re di Giuda tra Ezechia, Manasse o Giosia, la natura del tributo da versare e l’innesco della guerra per il diniego del pagamento dovuto. Questo ritrovamento fa comprendere come fede e storia si intreccino fra loro nella tradizione israeliana.