Cultura
Centenario dell’Expo Missionaria Vaticana: le missioni sono ponti di pace
Ratti volle sottrarre le missioni al pericolo del colonialismo europeo e centralizzò l’opera evangelizzatrice a Roma
Quest’anno ricorre il centenario dell’Esposizione Missionaria voluta da Pio XI per il Giubileo del 1925, un evento nato allo scopo di illustrare la proliferazione delle missioni cattoliche nel mondo, mostrando le specificità artistico-culturali e le consuetudini spirituali di tutti i popoli del pianeta. La strada era già stata tracciata da Benedetto XV, il “Papa delle missioni”, autore della Lettera apostolica “Maximum Illud” del 30 Novembre 1919, con cui fu inaugurato il nuovo percorso della Chiesa sempre più spinta a conoscere altre etnie e a evangelizzare. Pio XI proseguì l’opera iniziata dal suo predecessore, nella consapevolezza di dover ridefinire l’identità cattolica nel mondo contemporaneo, dopo gli sfaceli della prima guerra mondiale e l’insorgere dei totalitarismi. Richiese quindi agli ordini religiosi allora esistenti di impegnarsi sul versante missionario e prese delle misure decisive, volte a scardinare l’idea di una Chiesa di stampo esclusivamente occidentale. Raddoppiò, infatti, il numero dei predicatori da mandare all’estero e diede un nuovo impulso allo sviluppo di un Cattolicesimo autoctono, consacrando personalmente i primi sei vescovi cinesi nel 1926, nominando un vescovo giapponese nel 1927 e vari presbiteri in India, nel Sud-est asiatico e in Cina nel 1933. Nel corso del suo ministero petrino il numero dei sacerdoti stranieri passò da meno di tremila unità a oltre settemila. I suoi appelli per la riunificazione tra Roma e la Chiesa ortodossa non ottennero grandi riscontri, ma maggior successo ebbero le sollecitazioni che rivolse alle Chiese Uniate d’Oriente (cioè le Chiese di rito orientale in piena comunione con Roma). Inoltre, dapprima semplicemente autorizzò e successivamente approvò le Conversazioni di Malines tra Cattolici e Anglicani, tenutesi tra il 1921 e il 1926. Ratti decise di rendere la missionologia una vera e propria scienza con una sua struttura e una sua identità ben definite, istituendo un’apposita Facoltà presso la Pontificia Università Gregoriana. Pio XI credette nella centralizzazione romana, trasferendo la direzione dell’Opera per la Propagazione della fede da Lione a Roma. Una scelta, quest’ultima, dettata dal fatto che il Pontefice poteva esercitare dall’Urbe un controllo stretto sul funzionamento delle missioni, al fine di sottrarle al pericolo della colonizzazione, com’era avvenuto in Oriente e in Africa sotto l’influenza del governo francese. A questa decisione di centralizzazione seguì la famosa mostra del 1925, che vide la luce il 24 dicembre 1924 e si concluse il 9 gennaio 1926, riscuotendo un ottimo successo. Oltre 100.000 opere da tutto il mondo furono esposte in 26 padiglioni, che furono allestiti per dare massima visibilità all’iniziativa culturale. Pio XI, allora, si convinse a fondare, il 12 novembre 1926, il Museo missionario Etnologico, costituito da manufatti religiosi presi da diverse regioni del mondo. Questa realtà ha subito negli anni varie trasformazioni fino all’attuale struttura del Museo “Anima Mundi”, parte dei Musei Vaticani, che presenta le ricchezze di tanti popoli, i loro colori, i loro sapori, i loro profumi. Opere dell’Asia, dell’Africa, dell’America, dell’Oceania e di altri posti convivono l’una di fianco all’altra, creando un meraviglioso spettacolo fatto da armonia, di pace e di convivenza reciproca. Con l’Enciclica Rerum Ecclesiae del 1926, Ratti affrontò varie questioni, tra cui la diffusione dell’azione missionaria nei secoli, lo sviluppo attuale sotto la guida della Congregazione di Propaganda Fide, il dovere della preghiera da parte di ogni cattolico, le vocazioni, l’autonomia delle missioni rispetto agli interessi coloniali europei e l’indigenizzazione del clero. Pio XII e Giovanni XXIII proseguiranno l’opera di Pio XI affrontando la decolonizzazione e incentivando la fondazione di Chiese locali e periferiche. Celebrare quest’anno i cento anni dall’Esposizione Missionaria Vaticana è un’occasione unica per ribadire l’importanza della memoria come fondamento per la pace, superando una visione eurocentrica del mondo e privilegiando le diversità in tutte le loro tipicità locali.
