Cultura
Paolo VI e la carità del sapere
“La scienza deve uscire dal circolo chiuso della ricerca e andare verso l’uomo” le parole di Montini
L’elezione di Montini come il 262° Papa della Chiesa cattolica, avvenuta il 21 giugno 1963, segnò l’inizio di un pontificato caratterizzato da uno sguardo positivo nei confronti della contemporaneità, e dalla volontà di dare risposte ad un’umanità martoriata dai conflitti. Paolo VI diede luogo ad una logica prosecuzione del Concilio Vaticano II convocato dal suo predecessore, Giovanni XXIII. Si occupò, tra le altre cose, della revisione del diritto canonico, della promozione della giustizia nella vita civile, sociale e internazionale, e dell’unità dei cristiani attraverso un’apertura missionaria al mondo. Paolo VI focalizzò l’attenzione sulla legittimità della ricerca della verità tramite la ragione, e sul bisogno di mantenere sempre una visione globale della realtà mettendo in guardia dai pericoli di un’eccessiva specializzazione. Nominò 56 nuovi membri della Pontificia Accademia delle Scienze, tra cui il biologo americano e Premio Nobel per la medicina, D. Baltimore, il matematico G. Colombo, il biochimico belga Christian de Duve e Rita Levi Montalcini. Tenne 9 discorsi presso la medesima istituzione, attraverso i quali evidenziò la forte dimensione etica che settori come la genetica, la biologia e l’energia atomica dovevano avere e l’obbligo, da parte degli scienziati, di interrogarsi costantemente sugli effetti delle loro indagini sulla persona. Nel discorso pronunciato il 23 aprile 1966, in occasione della Sessione plenaria e della Settimana di studio sul tema “Le forze molecolari”, Montini ricordò che la Chiesa aveva sempre sostenuto la ricerca empirica e che il ruolo dello scienziato era quello di “un asceta, talvolta un eroe”. “La scienza – proseguì il Pontefice – non esiste se non grazie e a favore dell’uomo: essa deve uscire dal circolo chiuso della ricerca e andare verso l’uomo, e dunque verso la società e la storia stessa”. Paolo VI propose il concetto di “carità del sapere”, intendendo con esso un uso della conoscenza scientifica e tecnica finalizzata a scopi caritatevoli, per consentire il progresso umano e sociale e non per finalità egoistiche. Il riconoscimento del lavoro degli scienziati avvenne in varie situazioni, come il messaggio che Paolo VI inviò, nella notte del 20 luglio 1969, agli astronauti che sbarcarono sulla luna. Una missione che seguì con enorme trepidazione e per il cui esito positivo aveva rivolto diverse suppliche a Dio. “Gloria a Dio! E onore a voi, uomini artefici della grande impresa spaziale! Onore agli uomini responsabili, agli studiosi, agli organizzatori, agli operatori!”, le parole di Sua Santità. Gli astronauti andarono poi in udienza da Paolo VI il successivo 16 ottobre e il Pontefice, con entusiasmo, li salutò così: “Con la più grande gioia nel cuore diamo il benvenuto a voi che, superando le barriere dello spazio, avete messo piede su un altro mondo del Creato”. Nel discorso tenuto all’Accademia delle scienze il 15 aprile 1972, in occasione della Sessione plenaria e della Settimana di studio sul tema “L’impiego dei fertilizzanti per l’incremento dei raccolti in rapporto alla qualità e all’economia”, Paolo VI si concentrò sulla scoperta delle leggi della natura, e mise in rilievo il pericolo che potesse scoppiare un caos totale qualora gli scienziati non avessero riconosciuto l’intervento di un essere trascendente, da cui tali norme deriverebbero. Molto toccanti furono le parole pronunciate durante l’Udienza generale “Ridare le ali alla scienza” del 10 ottobre 1973, un incontro definito da lui stesso “pacifico e familiare” ma svoltosi in un clima internazionale abbastanza teso, a causa della quarta guerra arabo-israeliana nota anche come “guerra del Kippur”. In quell’occasione il Papa esaltò gli sforzi compiuti dalla scienza ma ammonì contro la sua deificazione e contro l’idea che l’uomo potesse bastare a se stesso, in un mondo in cui la secolarizzazione si stava solidificando portando alla scomparsa di Dio. Montini disse infatti che la scienza “da sola non basta; … essa pure reclama quel rapporto superiore, al quale abbiamo ora dato il nome di preghiera … Bisogna ridare alla scienza le sue ali; essa deve ancora sostenere l’itinerario spirituale dell’uomo; deve invitarlo alla poesia e alla pienezza della preghiera”.
