Oratorio palestra di vita e di fede

Don Gaetano Mauro istituì a Montalto Uffugo il “Ricreatorio” per rendere i giovani buoni cittadini e bravi cristiani

La crescita di tanti giovani è segnata da esperienze formative come l’oratorio che è, a tutti gli effetti, un vero e proprio cammino finalizzato alla scoperta e alla costruzione della propria vocazione, allo sviluppo del proprio talento e alla comprensione di sé e degli altri, sotto l’amorevole guida di Gesù. Questo centro di aggregazione è una comunità educante poliedrica e sfaccettata, complessa ed eclettica, un ponte reale tra la strada e la Chiesa, uno dei luoghi più sicuri in cui si può ancora trasmettere l’umano in una società individualista. Stare insieme creando un ambiente pregno di amore e di buoni sentimenti è il segreto di un’avventura, il cui successo è reso possibile dalla collaborazione tra sacerdoti, suore, genitori e animatori che hanno a cuore lo sviluppo di piccoli, adolescenti e ragazzi. Nel libro di recente pubblicazione intitolato Oratorio Italia. Viaggio nel paese del bene (Rubbettino 2025) a cura di Alessia Ardesi, esperta di comunicazione e commentatrice televisiva, viene tracciata la storia dell’oratorio dalle origini ad oggi, con uno sguardo rivolto a tutto il contesto italiano, da Nord a Sud. L’autrice parte dalla data simbolica del 1550 quando san Filippo Neri istituì il primo oratorio, inteso come luogo deputato alla trasmissione dei principi della fede cattolica a bambini e giovani, proponendo canti, giochi e incentivando un clima allegro, passando poi a santa Maddalena di Canossa che fondò, tra il 1802 e il 1808, le prime case o oratori per l’accoglienza delle ragazze di strada a Verona, e giungendo infine a don Bosco che, nel 1841, promosse un’intensa azione educativa basata sui tre pilastri della ragione, della religione e dell’amore, aprendo il primo oratorio nel quartiere di Valdocco a Torino, nel quale organizzò attività, passatempi e incontri per i giovani. Questa realtà crebbe e, col passare degli anni, divenne un vasto complesso comprensivo di scuole, laboratori e strumenti necessari per affrontare la vita da diversi punti di vista, grazie ai Salesiani che proseguirono l’opera del loro fondatore. Nella prefazione del libro, il cardinale Parolin parla dell’oratorio come di una “palestra privilegiata per l’educazione delle nuove generazioni, per aprirsi alla vita, alla socialità”, come di un luogo “dove non c’è solitudine, ma una moltitudine, dove c’è gioia, divertimento, dinamismo”. La finalità è quella di porre le basi per una “pedagogia della gioia e della festa” nutrita dall’esperienza di Cristo, venerato e meditato in parrocchia, al servizio del quale si pongono tutti coloro che credono in lui e nella sua opera redentrice. Quest’ambiente ricreativo deve valorizzare al massimo grado il “chiasso” e l’ “entusiasmo” dei giovani, che devono “farsi sentire nelle diocesi”. Paolo VI – ricorda Ardesi – parlò dell’oratorio come di una “scuola di politica in cui si impara il valore della comunità”, e in cui le figure principali non sono i maestri ma i testimoni. L’autrice introduce nel saggio esempi tratti da diverse realtà italiane e riporta le storie di tanti personaggi che, formatisi alla scuola dell’oratorio, hanno appreso il valore dello stare insieme e della condivisione, prima di intraprendere la loro carriera professionale. Cita politici e leader, calciatori e cantanti, uomini e donne dello spettacolo e giornalisti. Alcide de Gasperi, per esempio, sviluppò quel “senso del dovere” partecipando a questo circolo ricreativo, che lo portò a guidare l’Italia nel dopoguerra; il cantautore bergamasco, Riccardo Zanotti, iniziò a sperimentare la bellezza della musica su un palco, allestito in un salone parrocchiale all’età di 12 anni; il presidente di Copasir, Lorenzo Guerini, ne parla come di “un punto fermo, un rifugio che mi ha accompagnato per tutta la vita”. E gli esempi sarebbero infiniti: dall’ex ministro della Giustizia, Paola Severino, al Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Luciano Portolano, da Aldo Cazzullo ai cardinali Ruini, Ravasi e Zuppi, da Gualtieri Bassetti a Gianluca Vialli, da Cesare Prandelli a Dolce&Gabbana e ad Angelo Gaia. C’è poi la versione estiva dell’oratorio, il Grest, un altro forte momento di socializzazione e di spensieratezza, e ci sono anche le storie del terzo settore (le Scuole della Pace, la Comunità di Sant’Egidio e altri enti) che richiamano al senso della fraternità nell’ascolto e nella comunicazione del Vangelo. Nel libro si parla anche dell’oratorio come di una “realtà in trasformazione” che è dovuta scendere a patti con le sfide della contemporaneità, pur di non cadere nell’oblio. Tecnologia digitale, missionarietà, bisogni eterogenei, progettazione flessibile adeguata ai casi, sono alcune delle questioni che incidono di più sul processo formativo. Un discorso a parte è riservato alla questione plurietnica. Le parrocchie con i loro cortili e i loro ambienti ricreativi sono diventate laboratori di vita e di coesistenza multirazziale, spazi accoglienti e inclusivi aperti ai non italofoni, punti per giocare e per creare rapporti di amicizia tra culture diverse. La speranza per il futuro è che questa “fabbrica del bene comune” non muoia e che continui a fungere da luogo di incontro e di promozione delle diversità. Nella postfazione a cura di Aldo Cazzullo si legge che quest’avventura socio-educativa è “un viaggio, non solo temporale nelle diverse realtà in cui l’oratorio è stato interpretato lungo i secoli, ma anche spaziale, attraversando idealmente da nord a sud l’Italia.

L’esperienza del Ricreatorio di Don Gaetano Mauro

L’oratorio è uno dei piccoli grandi miracoli in Calabria, insieme ad altre forme di associazionismo come gli Scout e l’Azione Cattolica. Tra i personaggi storici che hanno contribuito maggiormente all’educazione della gioventù c’è il venerabile don Gaetano Mauro, fondatore della Congregazione dei Pii Operai Catechisti Rurali. Nato a Rogliano nel 1888, il presbitero ebbe a cuore la crescita delle nuove generazioni, in una Calabria degli inizi del ‘900 che si presentava come luogo dimenticato da tutti. Per sottrarre i ragazzi all’ignoranza religiosa e alla miseria, don Mauro istituì un oratorio tra i ruderi di un vecchio convento addossato alla sua parrocchia di Montalto Uffugo, dove svolse principalmente la sua attività pastorale incentrata sull’evangelizzazione delle genti rurali. Il centro ricreativo prese il nome di “Ricreatorio”, perché nelle intenzioni del sacerdote roglianese c’era la volontà di “ri-creare” la vita dei giovani, con cura pastorale e amore paterno, rendendoli buoni cittadini e bravi cristiani. Fu un modo per introdurre in Calabria il metodo di don Bosco, ampiamente conosciuto al Nord ma ancora sconosciuto in un Sud socialmente arretrato e religiosamente precario. Don Gaetano insegnò ai suoi fanciulli ad amare e ad incontrare Dio nell’eucarestia, gli inculcò l’affezione per la Vergine Maria e li formò come catechisti. I giovani “esploratori” si recarono nelle campagne vicino a Montalto, portando il vangelo e il catechismo ai contadini oppressi dai latifondisti, e prostrati da una situazione pietosa e senza aiuto cristiano. L’opera di don Mauro portò alla nascita dell’Azione cattolica, della Filodrammatica per i giovani, di una banda musicale, di una scuola professionale e di un cinema. Il roglianese avvicinò al sacerdozio alcuni ragazzi, che iniziarono a vivere con lui in un rudere dell’ex convento ristrutturato. Nel 1925 nacque l’A.R.D.O.R. (Associazione Religiosa degli Oratori Rurali), costituita da laici prossimi al presbiterato e dediti all’apostolato nei campi. Don Gaetano morì nel 1969 a Montalto Uffugo, ma il suo esempio pastorale e la sua dedizione per la gioventù sono ancora un luminoso faro di speranza.