Bordignon (Forum famiglie): “alleanza e collaborazione tra scuola e famiglia”

Si è tenuto al santuario di San Francesco a Paola, l’evento “Generare futuro”, giubileo delle alleanze educative. L’iniziativa è organizzata sinergicamente dall’Associazione italiana maestri cattolici – sezione Calabria e dal Forum delle Associazioni familiari Calabria, in collaborazione con l’Uciim sezione di Cosenza e con la scuola paritaria M.T. De Vincenti di Cosenza. I frati Minimi hanno accolto i tanti presenti. I lavori hanno visto, tra gli altri, i saluti di padre Antonio Bottino, correttore provinciale, di Roberto Perrotta, sindaco di Paola, di Rosita Paradiso, presidente Uciim Cosenza, dirigente scolastica. Tra gli interventi, quello di Loredana Giannicola, provveditore agli studi di Cosenza (“Le sfide educative contemporanee: incertezze e fragilità nei contesti educativi attuali”) e di don Emilio Salatino, direttore Issr di Cosenza (“L’etica dell’insegnamento: verità, libertà e giustizia nella relazione educativa”). L’evento è stato moderato da Claudio Venditti, presidente del Forum Famiglie Calabria e ha visto le conclusioni del delegato Cec mons. Alberto Torriani, arcivescovo di Crotone – Santa Severina. Abbiamo intervistato Adriano Bordignon, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari. Cosa significa “generare futuro” e cosa “alleanza educativa”? Generare futuro è una frase che dice tanto, significa che il futuro non si attende, non si aspetta, ma si genera. Prevede che noi prendiamo un’iniziativa, ci assumiamo una responsabilità. Il futuro si genera assieme, non è un fatto individuale, nessuno può farlo da solo, soprattutto nel campo dell’educazione. Ecco perché parlare di alleanza educativa oggi è urgente ed è anche un fatto concreto, chiede veramente che sull’asset strategico più importante per il presente e il futuro delle nostre comunità, si crei l’alleanza migliore possibile. Sui territori è particolarmente importante un’alleanza tra la scuola e la famiglia, se ne parla da sempre, da tanti anni. A che punto siamo secondo lei sui territori e cosa si potrebbe fare? L’Italia è un bel caleidoscopio di esperienze, di colori, anche di spirito di iniziativa che nasce dal basso. Proprio dall’esperienza territoriale si porta sempre a casa tanto e questo può anche essere da spinta, come azione concreta, a dei cambiamenti a livello regionale e nazionale. Quando diciamo alleanza educativa non parliamo di un concetto astratto o di un ideale da convegno, parliamo della vita di ogni giorno, che si incarna nella vita delle famiglie, delle persone, dei genitori che si fidano degli insegnanti e degli insegnanti che danno ascolto alle famiglie, delle comunità che si prendono cura dei più piccoli e delle scuole aperte al territorio. Così parliamo di relazioni vere che costruiscono il futuro. Ripartire dai territori ci dà delle buone prassi che possono essere messe in campo. Questo richiede fiducia corresponsabilità. Parole come dialogo, fiducia, collaborazione vengono spesso utilizzate, ma cosa significano realmente insomma dentro la storia delle famiglie, delle comunità, dei piccoli, dei più giovani? Il rischio della nostra epoca è quello di parlare per slogan. Ma ci è chiesto di concretizzare questa alleanza educativa. L’alleanza educativa diventa realtà quando ci si incontra realmente, quando si decide di camminare insieme dei pezzi di strada nonostante delle differenze di ruolo, di punti di vista, di prospettive, quando si condividono obiettivi, ma anche quando si condividono delle fatiche, perché stare insieme anche tra insegnanti, genitori, dirigenti, studenti comporta anche delle fatiche. Non servono attività eroiche, né grandi gesti, ma servono dei piccoli passi costanti, come l’attività di un tessitore, che è continua, è fatta di piccoli punti che poi però tengono assieme un capo di vestiario. Un’alleanza tra scuola e famiglia passa da un progetto in comune, è lì che le parole, che magari risuonano aulicamente in alcuni documenti, diventano i fatti. Come si fa a generare questa alleanza? Occorre partire da un riconoscimento dell’alterità, famiglia, scuola, associazioni, comunità devono mettere in campo delle possibilità. Io penso che ci sono tre parole chiave: ascolto, fiducia e condivisione. L’ascolto occorre per capire davvero chi abbiamo davanti, bambini e ragazzi con le loro storie che sono ogni volta uniche. La fiducia, perché l’altro anche quando sbaglia, anche quando commette degli errori, resta un alleato e non diventa mai un avversario. Questa è una sfida grande che anche come genitori dobbiamo mettere in campo, quella di non vedere i docenti, gli insegnanti come un avversario. E poi condivisione, perché educare è un verbo che si coniuga solo al plurale, non è un fatto individuale, non riguarda uno spazio conchiuso e senza relazione. Penso che queste siano le tre parole chiave che possiamo vivificare dentro la storia dei territori. Un tema fondamentale è quello dell’utilizzo degli smartphone, non solo a scuola ma in generale, anche in famiglia. C’è un disegno di legge del governo, e il Forum Famiglia si sia anche espresso.. Questa è una delle questioni che veramente ci stanno a cuore per tantissimi aspetti. Gli studi ormai conclamano che l’impatto neurologico sui più piccoli è estremamente negativo se vengono esposti agli schermi in tenerissima età. Poi c’è il rischio di alimentare delle dipendenze da gaming, ma anche da gioco d’azzardo, e che si generino anche fenomeni come l’isolamento sociale, nonché l’incapacità a stare nelle relazioni. Penso che sia un tema che deve essere affrontato con urgenza e il fatto che anche nei giorni scorsi sia stato depositato un disegno di legge – ma ne sono stati depositati anche negli ultimi tempi – ci chiama a un rapido intervento che sia da un lato di ordine normativo, quindi ponendo dei limiti disperare e chiudere in noi stessi. Credo che questo sia ancora più vero se pensiamo a tanti piccoli comuni ormai in via di spopolamento con casette che sono sparse anche a distanza l’una dall’altra, con ragazzi che sono davvero soli. Sì, questo è un dato di fatto. In questa fase della storia viviamo veramente una complessità, quella che papa Francesco diceva non essere un’epoca di cambiamento ma ‘un cambiamento d’epoca’. Noi non possiamo più immaginare di replicare con ricette del passato fenomeni che stanno cambiando, questo è un dato di fatto. Spopolamento delle aree interne, maggiore isolamento e solitudine non solo degli anziani ma anche dei più giovani portano anche a questo tipo di bisogno. nell’accesso, ma dall’altro di ordine educativo, nel senso che non possiamo nasconderci il fatto che se c’è un iperaccesso e uno smodato accesso dei più piccoli, dei più giovani ad Internet. Questo è dovuto a noi genitori, nel senso che è troppo comodo in alcuni casi parcheggiare i figli, una volta alla TV, ora davanti ai device, questa è la strada delle scorciatoie, è una strada che non promette buoni frutti, quindi su questo dobbiamo agire in modo importante, anche perché penso che se usassimo l’immagine dell’educazione come quella di un’arancia fatta a spicchi, una volta la grossissima parte di questi spicchi era in capo alla famiglia, poi c’era la scuola, l’oratorio, lo sport con alcuni spicchi che si aggiungevano soprattutto in tenera età. Oggi penso che tra scuola, famiglia, parrocchia, sport, probabilmente sui più giovani arriviamo ad avere una sorta di influenza su metà degli spicchi dell’arancia, quindi dobbiamo sul serio responsabilizzarci affinché la tecnologia, che pure ci fa comunicare, non diventi qualcosa di dannoso. Per una parrocchia è un compito ancora più difficile oggi, perché i ragazzi sono davvero sballottati tra tante cose. Sì, è proprio così, io penso che però noi abbiamo una possibilità, cioè la cultura dell’incontro e delle relazioni, che è connaturata alle famiglie. Se riusciamo a custodire questo, allora possiamo mettere in campo anche delle risposte, per esempio sulla questione dell’accesso ai social, coltivando anche e il rapporto educativo famiglia – parrocchia. Se i genitori si mettono assieme, hanno la capacità di fare questo passo, possono incidere anche sulla comunità e non solo a livello di intimità familiare. Questo apre la speranza e anche un agire che non ci fa Se dobbiamo ricorrere alle memorie, io sono un po’ più vecchio, ma mia mamma gridava per farmi rientrare in casa alla sera e non mi trovava perché ero sempre in giro con gli amici. Oggi una grande preoccupazione delle mamme e dei papà è che i propri figli non escono di casa e così non staranno nelle relazioni. Questo non dobbiamo dimenticarlo perché noi siamo fatti di relazioni e siamo fatti per le relazioni. La relazione è una strada di bellezza, è una strada di vera libertà. Quindi dobbiamo fare di tutto perché anche questi fenomeni dello spopolamento, per esempio delle aree interne, abbiano un contenimento. Perché se mettiamo insieme denatalità, spopolamento e isolamento, questo cambierà anche la forma dell’uomo e noi dobbiamo ancora viva la verità della relazione e di desiderio comunitario che ogni uomo porta e donna porta dentro di sé.