Attualità
Come gli strumenti di AI impattano sulla catechesi?
I dibattiti attorno ai chatbot cattolici sono per buona parte occupati da un tema: posso essere affidabili le risposte date dall’IA? È ortodossa? Oppure dice eresie?
Perfino la vita quotidiana delle comunità cristiane è segnata dall’esplosione dell’intelligenza artificiale. Con un duplice esito contrastante. Da un lato anche nella chiesa si riconcorrono i discorsi più o meno allarmistici che abitano il dibattito pubblico comune. La passione per la vita delle persone e dei legami sociali che caratterizza l’esperienza cristiana non solo giustifica tale inquietudine, ma la colora e la fonda dentro preoccupazioni importanti e vere.
Al contempo, anche qui come tutti, non pochi preti, religiosi, catechisti e persone impegnate nella vita pastorale hanno iniziato a usare questi strumenti. Fece notizia, poco dopo l’uscita della prima versione di ChatGPT, la notizia di un prete che aveva chiesto all’IA di preparare la predica domenicale. In questa linea sono nate le prime applicazioni dichiaratamente cattoliche, quasi sempre chatbot capaci di fornire risposte a domande sulla dottrina cristiana o sul pensiero di qualche santo. Anche di Gesù, come accaduta in una chiesa di Lucerna.
Non sorprende che anche durante il recente Convegno dell’Ufficio Catechistico della Conferenza Episcopale Italiana, una sessione sia stata dedicata proprio all’IA: come questi strumenti impattano sulla catechesi?
I dibattiti attorno ai chatbot cattolici sono per buona parte occupati da un tema: posso essere affidabili le risposte date dall’IA? È ortodossa? Oppure dice eresie? Anche la prima recensione degli utilizzi dell’IA nella catechesi mostra un utilizzo, preoccupato e/o entusiasta a seconda delle posizioni delle persone coinvolte, legato alla produzione di contenuti che questi strumenti offrono. Possiamo utilizzarli per preparare schede, presentazioni, disegni, magari anche una preghiera o una spiegazione di un tema catechistico?
L’esito è mirabile e demoniaco allo stesso tempo. Per certi versi scopriamo la possibilità di realizzare materiali originali ed efficaci grazie a questi nuovi strumenti, così come l’opportunità di avere sintesi precise e utili in tempi decisamente più brevi rispetto al recente passato. I sistemi ci restituiscono ancora alcune allucinazioni eclatanti (si chiamano così gli errori dell’IA) ma possiamo prevedere che in un futuro molto prossimo il grado di affidabilità di questi sistemi sarà molto buono.
Al contempo – ecco lo zampino del demonio – questi sistemi, proprio perché offrono contenuti (parole, discorsi, schemi, idee), rinforzano un approccio intellettualistico all’esperienza cristiana. Il comprensibile entusiasmo porta attenzione, risorse ed energie ancora una volta sui contenuti. Anche le preoccupazioni, con tutto il dibattito acceso che genera, sono legate all’ortodossia, alla retta dottrina.
In questo senso, uno strumento potente e complesso che produce facilmente a dismisura contenuti, è una cattiva notizia per una Chiesa italiana che tenta da decenni di uscire da una catechesi scolastica e da percorsi di iniziazione cristiana sostanzialmente risolti in una proposta quasi esclusivamente catechistica. Intuiamo che l’evangelizzazione non può fermarsi a una dottrina ed ecco che il demonio ci offre un incredibile e suadente strumento per una dottrina 2.0.
L’impatto, in verità, è più profondo e questi sistemi pongono alla prassi pastorale questioni e opportunità ben maggiori. L’annuncio evangelico e la trasmissione della fede nel XXI secolo, soprattutto se rivolti a quelli che chiamiamo nativi digitali (le giovani generazioni cresciute con uno schermo in mano) potrebbero non trovare la comunità cristiana del tutto disarmata, a patto che non si fossilizzi dentro un’aula di catechismo, per di più ringalluzzita da strumenti potenti e nuovi. Le strade che si aprono sono diverse e interessanti. Per questo chiedono un articolo a parte. E una settimana di attesa.
Andrea Ciucci – Agensir
