Giubileo migranti. La famiglia Saifi, dall’Afghanistan a Belluno

“E ora dovremo mangiare solo una volta al giorno?” È la domanda candida e preoccupata di Nekbat Saifi, una mamma afgana della minoranza hazara, quando le annunciano che è arrivato il momento dell’autonomia. Insieme al marito Hassan e ai cinque figli (tre ragazze e due bambini maschi che oggi hanno dai 14 ai 3 anni) sono arrivati insieme in Italia nel dicembre del 2023, grazie ai corridoi umanitari dal Pakistan. Una famiglia deliziosa, gentile, ben vestita. All’aeroporto della capitale pakistana Islamabad portavano con sé, in 25 chili di valige, trolley e documenti, una intera vita familiare di paure, fughe e sogni. La famiglia Saifi è stata accolta dalla Caritas di Belluno, una tra le 15 Caritas diocesane che si sono fatte carico delle 93 persone afgane arrivate in quei giorni, nell’ambito del Protocollo firmato da Cei (che opera tramite Caritas italiana), Fcei, Arci, Comunità di Sant’Egidio con il governo italiano. A distanza di quasi due anni il progetto finanziato si è concluso un anno fa ma i Saifi vivono ancora in una casa messa a disposizione gratuitamente dalla diocesi di Belluno. Il capofamiglia Hassan, 34 anni, grazie all’intermediazione della Caritas, ha trovato lavoro in una lavanderia industriale. Le ragazze sono tutte inserite a scuola e parlano l’italiano meglio dei genitori. Se l’impiego a tempo determinato verrà rinnovato saranno ad un passo dall’integrazione. L’obiettivo è riuscire a sostenersi da soli pagando l’affitto di casa e le varie spese familiari.

La famiglia Saifi in partenza da Islamabad verso l’Italia nel dicembre 2023 – (foto: Caiffa/SIR)

“L’integrazione completa sta partendo un po’ più tardi del previsto ma sono stati accolti bene e serenamente da tutta la comunità”, spiega al Sir Francesco D’Alfonso, direttore della Caritas di Belluno. Quel giorno D’Alfonso era venuto a prenderli all’aeroporto di Roma Fiumicino per portarli in Veneto dopo un lunghissimo viaggio aereo. La famiglia Saifi ha ottenuto subito la protezione internazionale perché la minoranza hazara è perseguitata in Afghanistan. Il padre di Hassan è stato ucciso e i genitori di Nekbat sono morti a causa di una autobomba. Prima di loro era arrivato a Belluno, sempre tramite i corridoi umanitari, il fratello minore di Hassan, Maysam, quindi l’arrivo è stato facilitato dal ricongiungimento. Oggi Maysam ha 23 anni, lavora come aiuto cuoco in un ristorante e con lo stipendio può permettersi una abitazione. La cognata invece ha scelto di andare a vivere in Germania dalla sorella. La famiglia Saifi è seguita da un paio di volontarie per gli aspetti pratici come l’inserimento scolastico, la sanità, le lezioni di italiano. Hanno ottimi rapporti con la vicina di casa. La Caritas diocesana spende per loro un migliaio di euro al mese. “Lo stipendio di Hassan è di circa 1500 euro; quindi, possono provare a farcela da soli”.

Come reazione al mondo sconosciuto che hanno trovato in Italia – cattolico, capitalista e occidentale -, tendono a conservare le loro abitudini e le tradizioni. La mamma cucina cibo afgano e prepara ogni giorno il pane in casa. Le figlie continuano ad indossare il velo islamico, anche a scuola. Però hanno partecipato alle gite scolastiche, hanno visitato i musei della zona e conosciuto il territorio. Piccoli segnali che aiutano a conoscere meglio la cultura italiana. Quando sono partiti conoscevano l’Italia solo per il calcio, la pasta e la pizza, o perché ne avevano sentito parlare da familiari o amici già qui.  “Vanno ancora seguiti e accompagnati perché, se i genitori non adottano costumi italiani, c’è il rischio di una iperprotezione nei confronti dei figli – precisa D’Alfonso -. Dobbiamo prestare attenzione”.

Per i bambini e giovani l’integrazione è sempre più facile: apprendono subito la lingua e riescono a intrattenere rapporti amicali a scuola.

Gli adulti rimangono sempre un passo indietro.

L’argomento più ostico è il lavoro delle donne, necessario al sostentamento della famiglia per adeguarsi al costo della vita italiana. A Islamabad i responsabili di Caritas italiana li avevano avvisati: “In Europa le donne sono libere, lavorano e devono contribuire al bilancio familiare perché la vita è molto costosa. Parlatene in famiglia perché, se un uomo impedisce alla donna di lavorare, l’integrazione è un disastro”. Anche per i Saifi è venuto il momento di affrontare lo spinoso tema, anche perché i costi degli affitti nel bellunese sono lievitati a causa del turismo e sono alti per tutti, italiani e immigrati.

“Abbiamo spiegato loro che sono necessari almeno due stipendi per mantenersi da queste parti

– dice D’Alfonso – La mamma fa resistenza e vorrebbe stare ancora a casa con il figlio più piccolo. Le abbiamo fatto capire che potrebbe lavorare ad ore in una impresa di pulizie e portare il figlio alla scuola materna”.

A Islamabad (Pakistan) Oliviero Forti, di Caritas italiana, spiega ai rifugiati afgani cosa troveranno in Italia (foto: Caiffa/SIR)

Il Giubileo dei migranti. La Caritas di Belluno non sarà in piazza San Pietro per il Giubileo dei Migranti che si celebra a Roma il 4 e 5 ottobre. “Ma quel giorno – precisa il direttore – celebreremo anche noi la Giornata del migrante e del rifugiato coinvolgendo le comunità di migranti del bellunese, per far sentire loro che sono parte di una comunità”.

I corridoi umanitari, conclude, “hanno rappresentato per noi una importante esperienza di accompagnamento, anche se non l’unica,

perché già seguiamo e aiutiamo molti richiedenti asilo e rifugiati della zona”.   Dal 2017 ad oggi sono entrati in Italia per vie legali e sicure migliaia di persone, grazie al finanziamento della società civile. La Chiesa italiana ha impegnato per i corridoi umanitari milioni di euro dell’8 per mille.