Trump e il cambiamento climatico. Milano: “Investire in energie pulite aiuta l’ambiente e anche l’economia”

Il segretario generale di Greenaccord analizza il discorso del presidente degli Stati Uniti all’Onu, ricordando che il 99% degli scienziati è d’accordo sull’allarme sul clima

Il cambiamento climatico “la più grande truffa” di tutti i tempi. Le politiche green dell’Europa sono inattuabili “e porteranno al fallimento” diversi Paesi. Negli ultimi anni “non c’è stato un aumento delle temperature anzi un raffreddamento”. Sono alcuni dei passaggi dell’invettiva contro il cambiamento climatico e le politiche green fatta dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, il 23 settembre, davanti all’assemblea dell’Onu. Nel corso del suo discorso alle Nazioni Unite il presidente degli Stati Uniti ha lanciato un duro attacco alle teorie sul riscaldamento climatico, affermando che molte di queste sono già smentite, mentre tanti Stati si sono mobilitati per adottare politiche energetiche rinnovabili per frenare l’aumento della temperatura; queste politiche insostenibili, secondo Trump, porteranno al fallimento questi Paesi. Carbone, greggio, gas restano i motori dello sviluppo nella visione trumpiana, “non le pale eoliche che deturpano il paesaggio e non sono nemmeno efficienti”. Il presidente Usa è convinto che “l’effetto primario delle politiche verdi è stato quello di ridistribuire la produzione dai Paesi sviluppati ai Paesi inquinanti che infrangono le regole”, a partire dalla Cina che “vende le pale eoliche ovunque, senza usarle. Preferisce il carbone”. Per Washington la transizione verde resterà subordinata alla crescita economica e alla sicurezza energetica lodando il “carbone pulito” e criticando i Paesi che “hanno riempito i campi con pale eoliche e pannelli solari togliendo spazio all’agricoltura”. “Green vuol dire bancarotta”, ha ammonito. Delle parole di Trump all’Onu parliamo con Giuseppe Milano, direttore generale di Grenaccord.

(Foto: Redazione)

Trump ha detto che investire nel “Green” porta i Paesi sull’orlo del precipizio. Come si può rispondere a questa affermazione?

Si può rispondere partendo da alcuni numeri: recentemente uno dei tanti studi internazionali, sostenuti dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), ha confermato come gli investimenti in energie pulite, in tecnologie rinnovabili, è esattamente il doppio delle risorse che si stanno continuando a spendere per le risorse fossili: il fatto che gli investimenti nelle rinnovabili in tutto il mondo stiano aumentando a un ritmo molto sostenuto a fa capire come la finanza e il mercato abbiano preso una strada chiara. Inoltre, per quanto Trump stia cercando di bloccare alcune politiche federali, tanti Stati negli Usa stanno comunque sostenendo lo sforzo verso la decarbonizzazione, perchéci si sta rendendo conto che non sono soltanto investimenti che producono un beneficio sociale o ambientale, ma proprio in termini economici, di produzione di posti di lavoro, di riduzione degli sprechi, hanno un ritorno economico.Bisogna considerare, poi, un altro aspetto geopolitico e internazionale: più un Paese è in grado di costruirsi una sua indipendenza energetica, cosa possibile solo con le rinnovabili, più si sottrae alle complessità mondiali in queste difficile periodo storico.

Trump nega anche che ci sia un’emergenza clima e che ci sia in atto un riscaldamento globale.

Spesso si fa ancora confusione tra il cambiamento climatico naturale, che c’è sempre, e quello di origine antropica. Secondo me, i negazionisti partono dal confondere volutamente tra componente naturale e componente antropica, per sottrarsi ovviamente dal dover poi prendere evidenza che è maggiore la dimensione antropica e di conseguenza cambiare il modello economico, perché le emissioni non si producono da sole.Circa il 99% degli scienziati mondiali riuniti nell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change), proprio delle Nazioni Unite, dove sono rappresentate tutte le conoscenze mondiali più alte, verificate, sofisticate, dice che oggi il cambiamento climatico di origine antropica sta avendo una rilevanza notevole, anche in termini di accelerazione delle trasformazioni meteoclimatiche.Questa accelerazione si vede non solo nelle alluvioni, negli eventi estremi, ma proprio banalmente nella tropicalizzazione delle temperature, per cui negli ultimi mesi si parla molto più del passato di problemi dovuti agli incendi e alle ondate di calore, come anche di blackout, perché banalmente molte infrastrutture, che sono state progettate e realizzate venti, trenta, quarant’anni fa, non reggono più alle temperature di oggi e si fondono. Altri studiosi parlano della variazione del flusso delle correnti: prima le correnti andavano soprattutto da Est a Ovest, invece oggi, per un discorso che ha a che fare anche con le emissioni in atmosfera di anidride carbonica e l’acidificazione degli oceani, le correnti periodicamente fanno anche un’altra strada, così gli uragani sono diventati molto più frequenti in alcuni Paesi perché c’è in atmosfera una concentrazione di calore molto più forte del passato. Queste evidenze sono abbastanza notevoli, abbastanza verificate, condivise e riconosciute.

Trump dice anche che le politiche verdi svantaggiano i Paesi sviluppati e favoriscono i Paesi inquinanti che infrangono le regole, in primis la Cina.

È vero che i Paesi del cosiddetto Brics, quindi Brasile, India, Cina, Russia, Sudafrica e ora si è aggiunto anche l’Egitto, hanno oltre il 65-70% del loro approvvigionamento energetico che deriva ancora dai fossili, quindi soprattutto petrolio e carbone, però la Cina negli ultimi tre anni sta investendo miliardi di yen in tecnologie pulite perché si è resa conto che effettivamente con il petrolio e il carbone non ha una prospettiva nel medio-lungo periodo, ma che soprattutto, e qui entriamo di nuovo nella questione economica, finanziaria e geopolitica, assumere un ruolo di leadership – approfittando del fatto che molte delle tecnologie, le macchine elettriche, i pannelli fotovoltaici, gli inverter vengono fatti in Cina – può colmare il vuoto politico rappresentato dagli Stati Uniti di Trump. È quindi è chiaro che Trump attacchi la Cina anche per questo motivo. Inoltre,la Cina veramente sta facendo, con i suoi tempi, i suoi ritmi, un’importante attività di transizione, perché gli investimenti miliardari dimostrano che si vuole comunque lavorare in una certa direzione di sostenibilità.Tra l’altro, la Cina ha interesse di commerciare con l’Europa e deve in qualche modo adeguarsi alle nuove normative europee del Green Deal che vanno in una dinamica di competitività e di tecnologie più pulite. Mi riferisco al Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam), che è una politica dell’Ue che applica un prezzo sul carbonio alle importazioni di determinati beni ad alta intensità di carbonio (come acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, energia elettrica e idrogeno) provenienti da Paesi extra-Ue, inclusa la Cina.

Se carbone, greggio, gas restano i motori dello sviluppo dell’America di Trump, che previsioni possiamo fare?

Questo è e rimane un grande punto interrogativo. Alcuni Paesi per esempio dell’Europa, anche l’Italia, hanno sostituito il gas russo di cui si rifornivano in parte con il gas che arriva dai Paesi del Nord Africa e in parte con il gas liquido che proviene dagli Usa. Gli Stati Uniti sono la superpotenza più inquinante del mondo sui consumi totali, quindi questo rimane un problema se si vuole rispettare l’Accordo di Parigi del 2015, gli obiettivi di decarbonizzazione a 2050.Oggi, però, non ci sono più i blocchi compatti di un tempo, quindi possiamo avere delle nuove coalizioni sulla base di alcune politiche mirate: molti Paesi stanno costruendo un nuovo multilateralismo sulla base delle proprie convenienze e se oggi una convenienza è sulle tecnologie pulite, come quello che stanno facendo la Cina e il Brasile, anche in vista della prossima Cop 30 che sarà proprio in Brasile, questo significa che c’è potenzialmente un asse geopolitico internazionale diverso.

Ma il tempo sta oggettivamente per scadere dal punto di vista climatico?

Rispetto agli obiettivi, quelli di lunga data del 2050 ma quelli intermedi tra il 2030 e il 2035, siamo fuori strada.

Se prendiamo come riferimento l’Unione europea che ormai è la nostra casa comune, è chiaro che oggi la stragrande maggioranza dei Paesi, tra cui purtroppo l’Italia, non sta rispettando gli Obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030, addirittura per l’Obiettivo 11 delle città sostenibili, si stanno facendo passi indietro, quindi l’Europa si sta esponendo a ritrovarsi in una grande vulnerabilità, ancora più accentuata da qui ai prossimi anni, ma questo dipende dal fatto che molti dei Paesi europei oggi sono governati e amministrati da forze politiche che non stanno credendo e investendo nella transizione energetica. Se fossero rispettate le previsioni e le simulazioni scientifiche climatiche, effettivamente rischiamo di raggiungere l’aumento di due gradi della temperatura globale, quindi di essere ben oltre l’Accordo di Parigi.

Quindi, le dichiarazioni di Trump all’Onu sono preoccupanti?

Non sono molto positive, a parte la pretestuosità, non sono ben incoraggianti, ma proprio oggi, a New York c’è il Climate Summit e sono previsti dei nuovi aggiornamenti sulla questione climatica che potrebbero far capire anche come potrà andare la prossima Cop in Brasile, se sarà un appuntamento privo di grandi risultati o l’occasione, vista magari la sensibilità di Lula e del Paese ospitante, di provare a smuovere un po’ le acque. Ma

se ci limitiamo alle parole di Trump, lo scenario non è ottimale.