Assemblea generale ONU, tra speranze e impotenza di fronte alla guerra

Al centro dell’assise dell’80esima Assemblea dell’Organizzazione delle Nazioni Unite anche il riconoscimento o meno dello Stato di Palestina

Doveva essere un giorno di celebrazione, l’apertura dell’80ª Assemblea generale delle Nazioni Unite. Eppure, nell’emiciclo che accoglie i rappresentanti dei 193 Stati membri e due osservatori, aleggia un senso di dolorosa impotenza. La questione palestinese domina la scena, mentre le ferite del conflitto e la crisi del multilateralismo pesano come macigni. “Non possiamo scegliere la via facile e semplicemente arrenderci. Dobbiamo scegliere la via giusta, per dimostrare al mondo che possiamo essere migliori insieme”, ha dichiarato la presidente dell’Assemblea Annalena Baerbock, aprendo la commemorazione dell’80º anniversario delle Nazioni Unite, richiamando tutti alla stessa promessa che, il 26 giugno 1945, i leader delle nazioni avevano fatto ai loro popoli, firmando la Carta delle Nazioni Unite: “mostrare al mondo che possiamo essere migliori insieme”. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha evocato le origini dell’Organizzazione, ricordando che molti dei primi delegati “portavano le ferite visibili della guerra”. Non erano idealisti, ha detto, ma testimoni del peggio dell’umanità, consapevoli che “la pace è la più coraggiosa, la più pratica, la più necessaria delle imprese”. E ha ribadito con fermezza: “I principi dell’Onu sono sotto attacco come mai prima d’ora”.Nel pomeriggio, la Conferenza di alto livello sulla soluzione a due Stati, convocata da Francia e Arabia Saudita, ha registrato l’assenza significativa di Stati Uniti e Israele. Le sedie vuote delle due delegazioni, inquadrate varie volte, esprimevano più che dissenso: un forte isolazionismo per entrambi i Paesi, che si erano volontariamente tagliati fuori dal dibattito. Il presidente Emmanuel Macron ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del suo Paese, la Francia, scatenando una standing ovation della delegazione palestinese. “Dobbiamo aprire la strada alla pace”, ha detto, citando anche i recenti riconoscimenti da parte di Gran Bretagna, Canada, Australia, Portogallo e Belgio. Riconoscimenti che devono comunque essere tutti ratificati prima di diventare effettivi.La risposta israeliana non si è fatta attendere. L’ambasciatore Danny Danon, convocando un incontro stampa in parallelo, ha definito la conferenza “un teatro” e ha dichiarato che della soluzione a due Stati, “dopo il 7 ottobre, non se ne parla più”. Ha annunciato misure in risposta ai riconoscimenti, senza specificarne la natura, lasciandola al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che venerdì parlerà all’Assemblea generale.In videocollegamento, il presidente Mahmoud Abbas ha indirizzato la sala, a causa del diniego del visto da parte dell’amministrazione americana. “Il nostro futuro e il vostro dipendono dalla pace. Basta con la guerra”, ha detto Abbas rivolgendosi al popolo israeliano. Ha poi ribadito che l’Autorità nazionale palestinese è pronta a governare Cisgiordania e Gaza, escludendo Hamas, condizione posta da vari Paesi prima di offrire pieno supporto.Il segretario generale Guterres ha condannato con forza gli attacchi terroristici di Hamas e la presa di ostaggi, ma ha anche denunciato “la punizione collettiva del popolo palestinese, la decimazione sistematica di Gaza, la fame imposta alla popolazione, l’uccisione di decine di migliaia di civili, per lo più donne, bambini e operatori umanitari”. In conclusione, ha ribadito che “lo Stato palestinese è un diritto, non una ricompensa. Negarlo sarebbe un regalo agli estremisti”.Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha riaffermato l’impegno dell’Italia sulla soluzione a due Stati: “l’unica praticabile per garantire un futuro di pace e prosperità in Medio Oriente”. Tajani ha citato poi papa Leone XIV, quando, nel giugno di quest’anno, in un’udienza a piazza San Pietro, ha detto che “non possiamo abbandonare la speranza di pace” e che, in virtù di questa speranza, l’Italia è disposta a partecipare a una missione sotto egida Onu, guidata da Paesi arabi, per la riunificazione di Gaza e Cisgiordania sotto un’Autorità palestinese riformata. “Uno Stato palestinese che riconosca Israele e sia riconosciuto da Israele”, ha concluso il ministro degli Esteri.Pur in un contesto segnato da tensioni e assenze, la voce della diplomazia e del dialogo ha cercato ancora una volta di farsi spazio, interrogando l’Onu, nel suo 80º anniversario, non tanto sul suo passato, ma sul suo futuro di pace. Oggi i discorsi dei vari presidenti diranno quanto su questo futuro stanno davvero lavorando e investendo.

Maddalena Maltese, da New York