Giubileo
Giubileo operatori di giustizia

Abbate: “Serve rispetto per la dignità delle persone. Le carceri diventino luoghi di recupero e di rieducazione”
Avvocato penalista, 74 anni, di Giugliano (in provincia di Napoli), cresciuto in seno a una famiglia molto cattolica e presidente dell’Associazione Nolite Timere onlus, che ha lo scopo di sostenere e promuovere la Cité des Jeunes Nazareth a Mbare, in Ruanda. È l’identikit di Giovanni Abbate, che vorrebbe vedere tra i frutti del Giubileo 2025, in particolare del Giubileo degli operatori di giustizia che si celebra il 20 settembre, “una giustizia più giusta”. Non è un gioco di parole, ma una considerazione che nasce dalla sua esperienza, perché “non sempre la giustizia riesce ad essere equa come dovrebbe”.
Avvocato, è difficile svolgere la sua professione in un mondo un po’ complicato come quello attuale?
Non è difficile, è difficilissimo. Ma per fortuna ci sono tantissimi magistrati eccellenti, anche molto severi, che studiano tutti gli atti processi e cercano di fare giustizia nell’osservanza delle leggi e del nostro Codice di procedura penale, nella maniera più rigorosa possibile. Purtroppo, non sempre è così. Anche tra i miei colleghi, ce ne sono alcuni un po’ improvvisati.A volte, è anche difficile e doloroso umanamente perché ci troviamo a difendere persone che sono colpevoli, bisogna essere professionisti molto seri e rigorosi.
La Chiesa si prepara a celebrare il Giubileo degli operatori di giustizia…
È un momento molto importante. Io sono stato concepito proprio in un Anno Santo, il 1950, anche se poi sono nato nel ’51. La mia è una famiglia molto cattolica e io ho avuto l’onore di conoscere tre Pontefici: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, che ho avuto la gioia di incontrare tre volte.
Il suo impegno per la giustizia si riflette anche in un’attività che non rientra nel suo lavoro. È presidente dell’Associazione Nolite Timere onlus: di cosa vi occupate?
Abbiamo lo scopo di sostenere e promuovere la Cité des Jeunes Nazareth a Mbare, in Ruanda, che fu voluta da San Giovanni Paolo II allo scopo di soccorrere i bambini orfani del terribile genocidio del 1994.
La Cité fu costruita nel luogo esatto dove, l’8 settembre 1990, San Giovanni Paolo II celebrò la santa messa con il nunzio apostolico di allora, mons. Juliusz Janusz, in collaborazione con l’allora Pontificio Consiglio per la Famiglia. A tale scopo, una superficie di 12 ettari di terreno fu donata dalla Conferenza episcopale ruandese. Mons. Salvatore Pennacchio, qualche anno dopo nominato nunzio apostolico in Ruanda, prese a cuore il progetto del Santo Padre e, con l’aiuto di alcuni amici di vecchia data, fondò nel 1999 l’Associazione Nolite Timere, che si sarebbe occupata del sostegno a distanza. Il villaggio dove sorge la Cité dista circa 50 km da Kigali, la capitale del Ruanda, ed è amministrato dalla diocesi di Kabgayi, dalla Conferenza episcopale ruandese e dalla Nunziatura apostolica in Ruanda. Lo scopo della Cité è di assicurare ai bambini in condizioni di bisogno, soprattutto a quelli abbandonati, senza genitori o parenti, condizioni adeguate di vita.
Quanti bambini sono ospitati alla Cité?
Ad oggi, il villaggio registra la presenza di circa 200 bambini, provenienti dagli orfanotrofi delle nove diocesi del Paese, ai quali offre vitto, alloggio, educazione scolastica, assistenza sanitaria e crescita spirituale. Grazie alla collaborazione dei soci fondatori e dei volontari e all’aiuto prezioso dei nostri numerosi benefattori e sostenitori, la Nolite Timere onlus riesce a sostenere ciascun bambino non solo economicamente, ma anche moralmente e spiritualmente.La struttura consta di dormitori e aule scolastiche costruiti a formare due ali. Al centro un vialone asfaltato, in mezzo ad un mare di verde, che conduce alla Chiesa, situata proprio ai piedi della collina, e ben visibile appena si entra nella Cité. Campi da calcio e da pallavolo, un salone polivalente. In posizione più defilata, ma a ridosso della struttura che ospita le suore cui è affidata la gestione della Cité, quella che fu costruita per essere la casa del parroco, ma che in realtà ospita i nostri volontari ogni qual volta si recano in missione nel Paese africano. Ciascun piccolo ospite della Cité deve poter maturare la convinzione che c’è qualcuno che si prende cura di lui e che non sarà mai più solo. Quasi ogni anno, una missione composta dai nostri volontari parte per la Cité con materiale scolastico e sportivo, indumenti e giocattoli da distribuire ai nostri bambini. Scopo delle missioni è anche quello di sincerarsi delle condizioni dei nostri ospiti, raccogliendo informazioni “alla fonte”. Inoltre, siamo informati dell’andamento scolastico dei ragazzi, riceviamo le loro pagelle. Ogni adottante versa sui 350 euro l’anno e sostiene, in realtà, non solo i ragazzi ma anche tutto il territorio.
Organizzate anche attività sul vostro territorio diocesano per raccogliere fondi?
Di solito, nelle festività i nostri volontari hanno la possibilità di raccontare in chiesa quello che facciamo e le offerte giornaliere sono destinate dal parroco a favore della nostra Associazione.
La scelta di dedicare la vita alla giustizia come avvocato e anche questo suo impegno nel volontariato le fanno desiderare un mondo più giusto?
Assolutamente sì.
Io credo che ad un mondo giusto si arrivi maggiormente attraverso l’onestà.
Facendo il lavoro di penalista, in un territorio anche difficile, mi rendo ben conto quanto pesi nella vita e nelle scelte di una persona l’ambiente in cui è vissuta, i valori con cui l’hanno cresciuta i genitori, l’educazione ricevuta. Una volta avevano scritto, a caratteri cubitali, fuori al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere: “Voi che non siete qua non siete più buoni ma vi siete trovati in condizioni sociali, economiche e familiari diverse dalle nostre”. Ora la scritta è stata cancellata, ma dice qualcosa che in gran parte è vero. Per questo, è molto importante che in carcere si faccia una seria rieducazione, come avviene nel carcere di Secondigliano, a Napoli, dove sono promosse tante attività, come corsi universitari, campo di basket, teatro, palestra, tipografia, sartoria.
Da questo Giubileo 2025, in particolare dal Giubileo degli operatori della giustizia, quale frutto vorrebbe vedere?
Una giustizia che sia giusta e rigorosa, meno politicizzata, più rispettosa della dignità delle persone.
Allora, mi auguro che il Giubileo illumini le menti, che scenda lo Spirito Santo e faccia fare giustizia veramente e che le carceri diventino luoghi di recupero e di rieducazione.
. fonte: AgenSIR