Spettacoli
“Familiar Touch”, sguardo delicato sulla vertigine dell’Alzheimer

In uscita anche il nuovo film di Paul Thomas Anderson
Esce in prossimità della Giornata mondiale della malattia di Alzheimer (21 settembre). È il dramma “Familiar Touch” firmato dalla statunitense Sarah Friedland, vibrante e delicato viaggio nell’ultimo tratto di vita di una donna anziana assalita dalla spietata patologia; un viaggio che oscilla tra le stanze di una struttura residenziale e i sentieri della mente, tra ricordi e smarrimenti. Protagonista la straordinaria Kathleen Chalfant, incoronata miglior attrice a Venezia81 – Orizzonti. In sala sempre dal 25 settembre il nuovo film di Paul Thomas Anderson, “Una battaglia dopo l’altra”, thriller-poliziesco puntellato da sfumature politiche sull’America di oggi. Un film di grande tensione e ritmo, che brilla per la regia solida e per l’ottimo cast, in testa Leonardo DiCaprio e Sean Penn.
“Familiar Touch” (Cinema, 25 settembre)
“Le narrazioni che riguardano gli adulti più anziani sono spesso marginali nella nostra cultura, come se desideri, sogni e capacità decisionale svanissero molto prima che lo facciano i nostri corpi e le nostre menti”. Così la regista-sceneggiatrice e coreografa Sarah Friedland, parlando del suo film “Familiar Touch”, folgorante opera prima che alla Mostra del Cinema della Biennale di Venezia 2024 ha conquistato il Leone del Futuro “Luigi de Laurentiis”, ma anche il titolo di miglior regista e di miglior attrice, Kathleen Chalfant, nella sezione Orizzonti.Uno sguardo acuto, sofferto, delicatissimo sulla condizione di una donna anziana precipitata nella vertigine dell’Alzheimer, che viene affidata alle cure di una comunità di riposo.Un’opera che nasce da un lungo lavoro di ricerca della regista, con esperienza nell’assistenza alle persone anziane. Nelle sale con Fandango dal 25 settembre 2025.
La storia. Stati Uniti, Ruth Goldman è una cuoca ormai in pensione. È vedova e ha un figlio adulto. Ruth ha una sua routine, che a un certo punto si inceppa: ha dei vuoti di memoria, perde l’orientamento. Il figlio Steve l’accompagna così in una comunità per anziani dove potranno prendersi cura di lei. Ruth sulle prime accetta la situazione, si guarda intorno con aperta curiosità; accanto a lei l’operatrice Vanessa, che la introduce nella sua nuova casa senza mai forzare la mano. Tra loro si crea un legame di dolce rispetto, di amicizia. Progressivamente Ruth comprende le ragioni della sua nuova sistemazione, lampi di lucidità intervallati da momenti in cui riaffiorano i ricordi del passato, tra la vita spesa dietro ai fornelli e gli echi dell’infanzia…
“Familiar Touch – sottolinea la regista – sposta lo sguardo non sui familiari che osservano Ruth, ma su Ruth che osserva sé stessa”.Aspetto chiave dell’opera della Friedland è proprio quello di sposare la prospettiva di Ruth,una donna anziana, una ex cuoca, moglie e madre, che d’improvviso si scopre non più capace di provvedere a se stessa. Si trova in una casa di riposo senza capirne davvero i motivi. Piano piano mette a fuoco la sua condizione, ma spesso si abbandona allo spaesamento della novità, all’idea che sia una cosa transitoria; in altri momenti, riavvolge il nastro dei ricordi, che confonde con la realtà. Splendida e struggente la scena in cui Ruth indossa il grembiule ed entra nella cucina della casa di riposo, rivolgendosi al personale come se fossero i suoi assistenti del ristorante; per un momento quella è la sua cucina, quella di sempre, così si rimbocca le maniche e prepara la colazione a tutti i residenti della struttura. Una suggestione poetica, ma poco dopo i ricordi si posano e torna la realtà. Ruth capisce che è lì non per stare in cucina, ma per sedere a tavola con tutti gli altri.
Il film della Friedland offre una interessante prospettiva di osservazione sulla condizione di anziani, case di riposo e sulla malattia dell’Alzheimer; indaga la condizione proprio di chi vive tali sfide, di chi è assalito dalla marea di ricordi che sbiadiscono.Un’opera che si presenta lieve ed estremamente delicata nel suo svolgimento, ma mai ricattatoria a livello emotivo,e che arriva in profondità lasciando riverberi emozionali. “Familiar Touch” è un film duro per i temi che affronta, che riguardano le vite e le famiglie di tutti noi spettatori, ma è al contempoun film necessario perché mette al centro del racconto la condizione di chi abita il trauma della malattia e si vede estromesso dalla propria vita, dai propri ricordi.Un film importante, accorto e poetico, che la protagonista Kathleen Chalfant interpreta con rispetto e intensità, offrendo una performance luminosa. Consigliabile, poetico, per dibattiti.
“Una battaglia dopo l’altra” (Cinema, 25 settembre)
Classe 1970, una decina di titoli all’attivo, Paul Thomas Anderson è un regista statunitense amatissimo da critica e pubblico. Tra i suoi film più noti: “Magnolia” (1999), “Il petroliere” (2007), “The Master” (2012) e “Il filo nascosto” (2017). Torna dietro alla macchina da presa a quattro anni dallo splendido e sognante “Licorice Pizza” (2021) per regalarci un ritratto duro e inquieto dell’America contemporanea. È “Una battaglia dopo l’altra” (“One Battle After Another”), sguardo elettrico e amaro tra rivoluzionari, esercito e suprematisti bianchi in conflitto sulla frontiera tra Messico e Stati Uniti. Protagonisti Leonardo DiCaprio, Sean Penn e Benicio Del Toro, Regina Hall, Teyana Taylor e Chase Infiniti. Targato Warner Bros., il film è nelle sale dal 25 settembre 2025.
La storia. Stati Uniti, inizio anni Duemila. Perfidia Beverly Hills e Bob Ferguson sono a capo di un movimento terroristico armato che punta a ribellarsi alle regole sull’immigrazione sul confine Messico e Stati Uniti. Colpo dopo colpo infiammano la tensione politico-sociale, fino a che l’esercito, guidato dal colonnello Steven J. Lockjaw, non interviene a reprimere duramente la banda. A distanza di sedici anni ritroviamo nascosto in Messico Bob e la figlia sedicenne Willa, avuta con Perfidia, di cui si sono perse ormai le tracce dopo un breve periodo di collaborazione con la giustizia. La tranquillità di Bob viene scossa quando si accorge che il colonnello Lockjaw vuole trovare a tutti i costi Willa…
Punto di forza del racconto è di certo la regia di Paul Thomas Anderson,che firma anche la sceneggiatura e la direzione della fotografia: ha un modo vigoroso e magnetico di governare la macchina da presa; tiene incollato lo spettatore alla storia, nonostante il copione appaia un po’ confuso e ondivago, senza una linea chiara e compatta. La regia di Anderson è determinante per la riuscita del film.
Nel complesso,il copione tocca dei nervi scoperti dell’America contemporanea, anche di stringente attualità:le crescenti tensioni sociali e le dure politiche sui flussi migratori, gli allarmanti rigurgiti di lotta armata come pure le altrettanto problematiche posizioni ideologiche dei gruppi di potere che inneggiano alla supremazia bianca. Insomma, una composizione tematica stratificata e incendiaria, che ruota sulla storia di un padre – sconclusionato, schiantato da droghe e dipendenze – che cerca in ogni modo di salvare la propria figlia, di sottrarla dalla vertigine di violenza e odio che lui e la compagna hanno cavalcato senza remore.
Paul Thomas Anderson picchia duro e mette in scena uno specchio deformante – o forse drammaticamente riflettente – del proprio Paese, usando però la formula del thriller-poliziesco condito con umorismo grottesco.Denuncia e insieme deride con amarezza i tempi difficili della terra “a stelle e strisce”. Un film che non gira agile per la materia narrativa, risultando sovraccarico e incerto, che aggancia però nella visione per lo stile grintoso, sofisticato, dell’autore come pure per interpreti incisivi, che si mettono con generosità a disposizione dello spartito diretto da Anderson. Da segnalare, le musiche di Jonny Greenwood (Radiohead), da tempo fidato collaboratore del regista. Film complesso, problematico.